SANDRO PENNA. Tra gli anni Quaranta e Sessanta si sono susseguite numerose correnti letterarie: Neorealismo, Neosperimentalismo, Neoavanguardia e così via. Esistono però alcuni poeti estranei ai problemi posti dalla modernità, poco interessati ad elaborare un progetto poetico all’altezza dei tempi. Questi poeti li definiamo “poeti appartati”, spontanei, i quali scrivono versi in modo assolutamente naturale, ostentando indifferenza nei confronti dei problemi politici, storici e letterari. Fa parte di questa categoria uno dei maggiori lirci italiani del Novecento, Sandro Penna. Nasce a Perugia nel 1906 e a 23 anni si trasferisce a Roma, lavorando tra giornali e librerie, ma spesso non lavorando affatto. Muore a Roma povero nel 1977. Le sue prime poesie, scritte dal 1928, vengono pubblicate nel 1939. L’ultima raccolta pubblicata in vita risaleal 1976. La carriera poetica di Penna si svolge in un periodo cruciale del Novecento, ma non possiamo collocarla in nessun movimento o scuola. Egli infatti è estraneo all’Ermetismo pur vivendo negli anni ’30, rientrando in pieno clima antisimbolista degli anni ’50 e ’60. Nel 1957 appare la sua raccolta, Poesie, che gli consente di vincere il premio Viareggio e che lo pone all’attenzione della critica.
LE POESIE DI SANDRO PENNA. Penna ebbe intensi rapporti personali con i maggiori poeti dell’epoca, tra cui Montale e Saba. Rispetto a loro però è l’unico poeta italiano a superare il dopoguerra senza l’esigenza di cambiare stile. Di questa immutabilità Penna fa un tema della sua poesia: “tu non chiedi alla tua vita che restare ormai com’è”. Scrive testi brevi e semplici, con un linguaggio chiaro. I suoi testi non parlano di storia, ma di argomenti eterni e immutabili come la natura, le età della vita, l’amore.
- Letteratura Italiana