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Il pessimismo La concezione della cosa in sé come volontà porta Schopenhauer ad un radicale pessimismo. Dal momento che la volontà è irrazionale, ciò che noi consideriamo nel mondo ordine e armonia è soltanto illusione. L’ordine della società civile e politica non è che il fragile rivestimento di un’accozzaglia di pulsioni ed egoismi, che non tardano a manifestarsi con effetti prorompenti appena venga meno la forza coercitiva che li trattiene. La storia, ben lontana dall’essere quella progressiva esplicazione del razionale che appariva ad Hegel, è una sequela di irrazionalità e di follie. La stessa ragione, in cui il pensiero illuministico aveva ravvisato lo strumento della trasformazione del mondo, spesso non è che il mezzo per giustificare, dando loro un’apparenza logica, i ciechi impulsi e gli sfrenati egoismi degli uomini. Viceversa, una più onesta considerazione della realtà vede a fondamento di essa un’aspirazione senza scopo che porta ad una eterna ed inconsulta tensione, ad un bisogno che non può mai avere posa duratura. La volontà, in quanto è desiderio di qualcosa che deve ancora essere raggiunto, é privazione, e quindi dolore e sofferenza. Ma quando per avventura l’oggetto della volontà venga conseguito, la soddisfazione non è che momentanea e si traduce subito in noia . Infatti, quando sia placato il bisogno, e con esso la volontà che lo sostiene, la vita, che non è altro che volontà, appare come svuotamento di se stessa e priva di senso. Così l’esistenza è una penosa altalena tra due mali, la privazione e la noia. L’esistenza dell’uomo è caratterizzata dall’infelicità e Schopenhauer dice: Se ad un Dio si deve questo mondo, non ci terrei ad essere quel Dio: l’infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore . (segue nel file da scaricare)
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