Lo sviluppo industriale verificatosi nella seconda metà dell'Ottocento dà una crescente importanza alla borghesia europea, che riesce ad affermare i propri modelli di vita, basati sulla forza attribuita al denaro al di sopra di ogni cosa.
Una notevole importanza assume la scienza sperimentale (cioè con applicazioni sul piano pratico, concreto), che comincia ad essere sistematicamente applicata all'industria. Si sviluppano la fisica dei gas e la termodinamica: l'industria, infatti, si basa, nella seconda metà del secolo, in particolare sull'utilizzazione dei gas e dell'energia termica.
Gli uomini dell'epoca vedono nella scienza la possibilità di promuovere un progresso continuo. Gli scienziati si preoccupano che le loro scoperte e le loro invenzioni abbiano una concreta utilizzazione pratica. Essi poi ritengono che le scienze abbiano addirittura raggiunto una conoscenza definitiva delle leggi della natura.
Trionfa una nuova corrente di filosofia e di cultura, che prende il nome di positivismo, in quanto ritiene che ciò che più conta siano i "fatti positivi", cioè direttamente osservabili e analizzabili dalla scienza. Al centro dela riflessione filosofica vi è cioè la scienza, che rivela, secondo i positivisti, la vera natura del Mondo e della vita umana.
Dopo il 1830, parallelemente allo sviluppo del liberalismo, in Gran Bretagna e in Francia si affermò una grande spinta espansionistica verso il mondo extraeuropeo, la quale si espresse nella conquista di nuove colonie, oppure nella modernizzazione del sistema amministrativo di quelle esistenti, oppure nell' aspirazione ad un crescente controllo su Paesi di antica indipendenza ma troppo deboli per resistere alla pressione di grandi potenze europee (l'espansione coloniale in Africa è favorita dall'apertura del Canale di Suez nel 1869 e dalla scoperta del bacino del fiume Congo nel 1874). Gli anni '40 furono cruciali sotto questo profilo.
Tra gli ultimi anni dell'Ottocento ed i primi del Novecento il mondo industrializzato vive una fase di grande sviluppo, determinata soprattutto dalle nuove conquiste della scienza e della tecnica. Si verifica un'eccezionale espansione capitalistica, a cui corrisponde un enorme incremento della quantità di moneta i circolazione nel Mondo, in seguito allo sfruttamento dei giacimenti auriferi del Sud Africa.
Un'invenzione di notevole importanza, destinata a a dare grande slancio allo sviluppo industriale, è quella del motore diesel (1892), in grado di utilizzare quale combustibile la nafta, ricavata dalla distillazione del petrolio greggio. Un primo campo d'investimento è costituito dal settore cantieristico- navale, dato che la convenienza ad installare il nuovo motore a bordo delle navi spinge le compagnie di navigazione a rinnovare le proprie flotte mercantili, in maniera ben più completa di quanto non fosse accaduto qualche decennio prima, con il passaggio dalla navigazione a vela a quella a motore. Ciò significa, per molti anni, un flusso cospicuo di investimenti per le compagnie e di ordinazioni per l'industria cantieristica.
Un secondo campo di investimento che il motore a nafta apre allo sviluppo industriale è quello del petolio. Grandi giacimenti petroliferi sono cercati e sfruttati in ogni parte del mondo: oltre che in America, nel Caucaso russo, nella Galizia austriaca, nel Borneo olandese. Si apre quindi, nella storia dell'economia mondiale, l'epoca del petroli, ch ed'ora in poi accrescerà continuamente la sua importanza rispetto al carbone.
Un altro importante fattore di sviluppo industriale è costituito dalla produzione dell'acciaio, e anche di un acciaio speciale, inventato dal gruppo tedesco Krupp, e resistente a tutti i più comuni proiettili. Questo nuovo tipo di acciaio viene ben presto utilizzato nella costruzione di grandi unità navali corazzate, aprendo, così, un nuovo campo d'affari alle industrie pesanti.
Grande sviluppo ha anche l'industria chimica. Si cominciano a produrre fibre artificiali simili alla seta, ma molto meno costose, fu inventata la dinamite.
Inoltre, per sopperire alle necessità alimentari di popolazioni in rapido aumento, si sviluppa la produzione di fertilizzanti chimici per il terreno.
Ma ciò che di più caratterizza la nuova epoca è l'elettricità. Studiata scientificamente sin da Settecento, essa non ha tuttavia conosciuto alcuna vera e propria applicazione industriale sino alla fine dell'Ottocento. Risale agli inizi del Novecento la costruzioe di gigantesche gru elettriche, che trasfrmano profondamente i sistemi di lavoro nei porti, nei cantieri navali e nelle industrie, in particolare in quelle metalmeccaniche. Un altro straordinario campo d'applicazione dell'energia elettrica è costituito dall'elettrometallurgia, che consente una vasta produzione d'acciai speciali e di allluminio.
Sono poi compiute altre invenzioni, destinate a creare mutamenti profondi nella vita stessa dell'umanità, nel suo modo di vivere e di pensare: il telefono, l'automobile, la radio, il cinematografo e l'aereoplano.
Distribuzione della produzione industriale mondiale (%) 1870 1881- 1885 1896- 1900 1906- 1910 1913
USA 23.3 28.6 30.1 35.3 35.8
Germania 13.2 13.9 16.6 15.9 15.7
Regno Unito 31.8 26.6 19.5 14.7 14
Francia 10.3 8.6 7.1 6.4 6.4
Finlandia 0.1 0.3 0.3 0.3
Italia 2.4 2.4 2.7 2.7 3.1
Canada 1 1.3 1.4 2.3 2
Belgio 2.9 2.5 2.2 2.1 2
Svezia 0.4 0.6 1.1 1 1.1
Russia 3.7 3.5 5 5.5 5
Giappone 0.6 1.2 1
India 11 12 1.1 1.1 1.2
Altri Paesi 12.3 11.9 12
Fonte: Lèon, Storia economica e sociale del mondo.
Si formano in questo periodo grandi concentrazioni industriali: cioè gruppi industriali si associano per far fronte agli enormi investimenti richiesti dai nuovi settori dell'attività industriale ed economica, e per controllarla.
Una nuova funzione acquistano le banche, che forniscono i finanziamenti necessari per lo sviluppo dela produzione industriale, anche attraverso crediti a lungo termine. I gruppi industriali europei investono capitali negli altri continenti per raccapparrarsi le materie prime indispensabili allo sviluppo di nuovi settori industriali. Non soltanto le colonie sono investite da questo processo: capitali europei sono impiegati anche in altri Paesi dell'America e dell'Asia. Si può affermare cioè che i grandi gruppi capitalistici si spartiscono il mondo, sostenuti dal loro Paese, sia per riceverne ordinazioni (armi, navi, petrolio…), sia per averne l'appoggio nello sfruttamento dei Paesi dipendenti e nella lotta contro gruppi industriali stranieri. Per la grande industria era dunque una questione di sopravvivenza trovare possibilità di sbocco per le merci, e garantirsi la continuità della produzione. A conferma di quanto appena detto è la situazione economica che si viene a delineare a termine del primo conflitto mondiale.
Durante la guerra del 1914- 1918, le esigenze belliche e la necessità di controllare le risorse in regime di scarsità avevano portat a un intervento massiccio dello Stato nell'economia, che acquistò anche in Gran Bretagna, roccaforte del liberalismo, il carattere di una "economia diretta", cioè sottoposta al controllo dello Stato, divenuto il maggio acquirente.I rapporti internazionali furono filtrati attraverso gli interessi dei gruppi economici dominanti; il che volle dire che i conflitti imperialistici riamsero più che mai operanti.
In questa situazione si può ben capire come le difficoltà economiche venissero affrontate dalle classi dirigenti specie in Europa accentuando il rapporto fra lo Stato e il grande capitale. Era irrimediabilmente finita l'epoca in cui si poteva pensare che il libero gioco delle forze economiche potesse costituire il motore delo sviluppo. Le gravissime difficoltà negli scambi internazionali e il giganteggiare dei nazionalismi economici diventarono i tratti dominanti di un capitalismo incapace di trovare equilibri stabili e quindi le ragioni profonde di una nuova guera mondiale.
Il 1919- 1920 aveva visto un'intensa ripresa della produzione industriale, stimolata dalla fine della guerra e dalle necessità immediate della ricostruzione. Non appena essa ebbe raggiunto i suoi primi risultati, la domanda tese a contrarsi e i prezzi scesero. La crisi assunse un carattere generale agli inizi del 1921 a causa di una sovrapproduzione che non trovava la possibilità di smercio. L'inflazione, conseguenza dell'incapacità di far fronte ai bisogni sociali con una massa adeguata di beni reali, diventò un vero e proprio "cancro". Il costo dell avita cresceva spaventosamente; stampare cartamoneta diventò un mezzo tanto inevitabile quanto inefficace. Il marco tedesco ebbe un crollo spaventoso, tanto che un kilo di burro costava 5.600 miliardi di marchi.
Il segno della ripresa venne dagli USA, dove già nel 1922 iniziò un periodo di ripresa, che ebbe effetti abbastanza rapidi anche in Europa.
Preoccupati che la Germania, in preda a un'inflazione incontrolata, senza sbocchi sufficienti per le proprie esportazioni, gravata dal peso delle riparazioni di guerra, crollasse aprendo le porte ad una rivoluzione socialista, gli Stati Uniti presero, nel 1924, l'iniziativa di soccorrere l'economa tedesca con un piano elaborato dal generale Dawes, presidente della Commissione interalleata per le riparazioni. La Germania ricevette un prestito di 800 milioni di marchi-oro, proveninte quasi totalmente dagli USA, così da poter essere messa in condizione di incrementere la produzione e pagare l eriparazioni anch esotto form adi merci. Il marco così si consolidò; l'industria ebbe basi più salde. Fra 1924 e 1929 i legami fra USA e Germania si intensificarono in modo crescente e l'industria tedesca potè tornare a essee la prima nel continente. Ma una nuova grande crisi nel 1929, partita dagli Stati Uniti e qui estesasi in Europa, rimise in gioco l'intera situazione.
Dopo essersi concentrati sugli investimenti esteri e con un'economia in continua crescita, nel 1927 i finanzieri di Wall Street rivolsero la propria attenzione al mercato interno e cominciarono ad acquistare azioni in borsa provocando un aumento dei prezzi. Con il continuo incremento del volume degli acquisti i prezzi diventarono sempre più alti e si creò così un boom apparentemente naturale che spinse gran parte del pubblico a investire i propri capitali in borsa: si stima che a metà del 1929 circa nove milioni di statunitensi su una popolazione di centoventidue milioni avesse investito del capitale in borsa. Molti impegnarono tutti i propri risparmi, incoraggiati da consulenti disonesti o incompetenti; era tale la fede nella capacità del mercato di garantire profitti eccezionali che non appena veniva avviata un'impresa, spesso con programmi ingannevoli o addirittura fraudolenti, tutti correvano ad acquistarne le azioni.
A un certo punto iniziò tuttavia a serpeggiare il timore che anche questa crescita inaspettata sarebbe cessata. La Federal Reserve Bank, la banca centrale statunitense, alzò allora il tasso di interesse, ma solo dell'1%, e suggerì alle banche di non concedere denaro in prestito per gli investimenti in borsa, suggerimento in seguito ritirato dietro pressione di uno dei suoi direttori che aveva forti interessi nelle operazioni di borsa. Alcuni operatori finanziari decisero che avrebbero potuto realizzare un maggior profitto trasformandosi da speculatori al rialzo in speculatori al ribasso e iniziarono a svendere le proprie azioni. La vendita delle azioni acquistò gradualmente velocità e il 23 ottobre più di sei milioni di azioni vennero negoziate a prezzi sempre più bassi. Il giorno seguente, il "giovedì nero", ne furono negoziate più del doppio. Il lunedì nove milioni di azioni cambiarono di mano; il valore delle azioni era calato di quattordici miliardi di dollari in meno di una settimana.
Poi, il "martedì nero", si verificò il crollo della borsa; il prezzo delle azioni di numerose imprese di grandi dimensioni, come la General Electric, precipitò. Quel giorno più di sedici milioni di azioni vennero negoziate e il valore delle stesse calò di altri dieci miliardi di dollari. La brusca caduta delle quotazioni azionarie di Wall Street del 1929 provocò una serie di reazioni a catena. Le banche americane cominciarono a esigere la restituzione dei prestiti esteri, mentre sempre più numerosi clienti cominciarono a ritirare i loro depositi, provocando così il collasso di molti istituti di credito. La mancanza di liquidità comportò una drastica riduzione degli investimenti nell'industria e una contrazione della domanda di prodotti industriali e agricoli. Ciò indusse un'ulteriore contrazione del mercato creditizio, tanto che nel 1932 gran parte delle banche degli Stati Uniti erano fallite. Ciò ebbe un riflesso immediato sulle altre borse degli Stati Uniti, da Chicago a San Francisco.
In Germania il ritiro dei finanziamenti esteri e la disoccupazione di massa aprirono la strada all'affermazione del nazismo e all'ascesa al potere di Adolf Hitler. Regimi d'ispirazione fascista o ultranazionalisti sorsero anche nei Balcani e nell'Europa danubiana. Un movimento filofascista sorse pure in Gran Bretagna per opera di Oswald Mosley, già membro del Partito laburista.
Nonostante le impegnative misure messe in atto in molti Paesi per superare la Grande Depressione, dal varo di piani assistenziali a politiche economiche autarchiche, gli strascichi della crisi si protrassero per tutti gli anni Trenta, fornendo terreno fertile per le forze che determinarono lo scoppio della seconda guerra mondiale. La spirale della crisi portò con sè una disoccupazione di massa senza precedenti: 14 milioni di disoccupati negli Stati Uniti, 6 in Germania, 3 in Gran Bretagna. In Australia il tasso di disoccupazione raggiunse livelli record. Un po' ovunque si ebbe anche un peggioramento del tenore di vita medio. In Gran Bretagna fin verso la metà degli anni Trenta circa un quinto della popolazione aveva un reddito inferiore al minimo vitale. Nelle zone più depresse del paese ciò diede origine alle cosiddette marce contro la fame come il memorabile corteo di disoccupati che nel 1934 sfilò da Jarrow, nel nord-est dell'Inghilterra, sino a Londra. Le ripercussioni politiche della crisi furono dirompenti. In generale l'uscita dalla recessione fu accompagnata da politiche protezionistiche e di intervento dello stato nell'economia. Negli Stati Uniti ciò coincise con l'elezione alla presidenza di Franklin Delano Roosevelt e l'avvio del New Deal nel 1933.
Il superamento della crisi avvenne senza che in nessun Paese capitalistico avesse luogo una rivoluzione socialista. Quel che invece risultò fu un accresciuto, e definitivamente riconosciuto, fi il ruolo dello Stato in materia economica e quindi un'organica unione fra grande capitale e direzione statale. In sostanza la crsi del 1929 venne superata portando il capitalismo monopolistico a una ulteriore fase di sviluppo, alla fase cioè in cui i cartelli (cioè la fusione in senso orizzontale di imprese dello stesso ramo produttivo) e i trust (cioè l'assorbimento, sotto una direzione unificata, di una serie di imprese interessate a tutta una gamma di trasformazioni di un prodotto) presero a pianificare il loro intervento e controllo delle economie nazionali in diretto rapporto con la politica statale.
La nuova rivoluzione tecnico- scientifica: l'età dei computers e la conquista dello spazio
Le basi dello sviluppo produttivo moderno continuano a poggiare, come già all'epoca della prima rivoluzione industriale, sui fattori contingenti dell'applicazione della scienza alla tecnica, della disponibilità di materie prime, dell'impiego della forza lavoro dell'uomo, dell'organizzazione delle imprese. Sennonchè i contenuti di questi fattori e i loro reciproci rapporti sono grandemente mutati nel corso del tempo, e ora continuano a mutare con un a rapidità senza precedenti. Le macchine che erano state protagoniste della prima rivoluzione industriale non erano "intelligenti" e richiedevano per il loro funzionamento l'intervento diretto e costante dell'uomo. Noi oggi viviamo in un'epoca in cui è in piena fase di sviluppo una scienza, la cibernetica, che mira a riprodurre operazioni proprie del cervello umano in complessi artificiali, i quali, una volta creati dall'uomo, sono in grado di compiere autonomamente operazioni che nessun singolo e neppur alcun grupppo collettivo sarebbe in grado di fare, appure potrebbe compiere soltanto in tempi indefinitivamente lunghi e con un immmenso dispiego e spreco di energie. I computers costituiscono l'espressione per eccellenza della cibernetica. Essa, consentendo di combinare l'intelligenza dei calcolatori con macchine esecutive, permette a sua volta di automizzare interi processi produttivi, diminuendo drasticamente il bisogno di manodopera, e creando così problemi spesso rilevanti per l'occupazione. Inoltre va osservato che i processi di automazione richiedono una manodopera specializzata, cioè tecnici e non operai tradizionali. In generale, l'economia è tanto più sviluppata quanto più riduce il settore basato sulle macchine tradizionali e aumenta quelli fondati sull'elaborazione delle informazioni (informatica), sull'automazione della loro trasmissione e diffusione (telematica), sull'applicazione dell'automazione alla produzione industriale.
Lo sviluppo favorisce dunque la dilatazione del settore dei servizi rispetto a quello dell aproduzione in fabbrica. Nata in Germania nel 1941, la cibernetica si è poi largamente sviluppata a partire dagli anni '50 negli USA, e oggi è diffusa in tutto il mondo sviluppato e vede il Giappone sfidare gli Stati Unitui. Questi due ultimi Paesi sono le sedi dei più avanzati processi scientifico- tecnologici. Dal punto di vista sociale, una delle conseguenze decisive è il fatto che le classi sociali frutto dei processi di modernizzazione legati all aprima rivoluzione industriale stanno subendo profondi mutamenti. La classe operaia tradizionale va drasticamente diminuendo; i conflitti politico- ideologici aventi la loro origine negli scontri di classe di matrice ottocentesca cedono il posto ad altri tipi di conflitti a danno luogo a diversi orientamenti culturali e ideologici.
Il controllo degli strumenti di produzione è sempre meno affidato, al contrario di quanto avveniva nel corso delle prime fasi dell'industrializzazione, ai proprietari- imprenditori. Con l'ingigantimento delle imprese si è assistito da un lato al passaggio nelle mani di dirigenti di professione (i managers) della conduzione capitalistica e dall'altro all'internazionalizzazione massiccia delle sfere di azione delle grandi multinazionali.
Se negli anni '30 e '40 la fisica ha dato luogo a quella "rivoluzione nucleare" che ha portato alla creazione per un verso delle armi più distruttive della storia e per l'altro di nuove centrali per la produzione di energia, i decenni successivi hanno visto due nuove "rivoluzioni", attualmente ancora in pieno sviluppo: la conquista dello spazio e la rivoluzione bilogica, che può essere considerata la conquista dello spazio non "esterno" ma "interno".
E' stata l'URSS a ottenere i primi clamorosi successi in quella che possiamo definire la "rivoluzione spaziale". Il 4 ottobre 1957 i Sovietici hanno lanciato il satellite artificiale Sputnik; il 12 Settembre del 1959 il Lunik 2 raggiunse la Luna; il 12 Aprile 1961 Jurij Gagarin effettuò il primo volo intorno alla Terra a una altitudine di 327 Km e ala velocità di 28.000 Km/h. Gli Stati Uniti, dopo i primi successi russi, compirono enormi sforz per supplire al gap spaziale e conquistarono i primato.
Lanciato il 31 Gennaio 1958 il loro primo satellite artificiale, il 20 Luglio 1969 riuscirono con l'Apollo 11 a portare un equipaggio umano sulla Luna. Dopo di allora le due superpotenze hanno continuato nella loro "gara", ulteriormente allargando il raggio delle conquiste spaziali: nel 1971 le sonde Mars 2 e Mars 3 (URSS) raggiungono Marte, su cui si schiantarono dopo poche orbite; nel 1972- 73 le sonde statunitensi Pioneer 10 e 11 passano la fascia di asteroidi presente tra Marte e Giove, sorvolano Giove e, la Pioneer 11, Saturno; nel 1975 le sonde Venera 9 e Venera 10 (URSS) raggiungono Venere; nell'Agosto 1977 Voyager 1 e Voyager 2 lasciano la Terra, sorvolano Giove, Saturno, Urano, Nettuno e il Voyager 2, ancora in funzione, è al momento fuori dal Sistema Solare.
Oggi un gran numero di satelliti artificiali ruotano attorno al pianeta, adempiendo a funzioni pacifiche (trasmissioni TV o telefoniche, metereologiche…) e a funzioni di spionaggio vario. La conquista dello spazio ha assunto dimensioni tali che è nato un diritto spaziale e nel 1966 USA e URSS hanno posto all'ordine del giorno la necessità di controllare lo spazio ponendolo al servizio di usi pacifici.
Mentre si sviluppava la conquista dello spazio esterno è andata del pari prendendo una crescente importanza, anche qui incrociandosi in maniera per tanti aspetti difficlmente separabile affinità pacifiche e finalità militari, la "rivoluzione biologica": si esprime in una serie di scoperte e nell'elaborazione di tecnologie che riguardano campi di applicazione come il trapianto di organi sia umani che artificiali, importanti processi di manipolazione applicati al mondo animale in generale, l'uso di droghe per il controllo degli stati emotivi e intellettuali. L'ingegneria genetica è diventata una branca fondamentale della scienza e della tecnologia contemporanee. La rivoluzione biologica ha come principale conseguenza di alterare basi millenarie dell'esistenza umana, e quindi pone non solo grandi interrogativi culturali, ma anche etici.
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