Scomporre e ricomporre la realtà è prerogativa del cubismo, un movimento pittorico che si propone, per dirla con le parole di Picasso di dipingere 'gli oggetti così come li vediamo', ossia utilizzando diversi punti di vista, in modo che tutte le angolazioni e le sfaccettature siano visibili sul piano bidimensionale della tela. La prospettiva tradizionale imponeva di vedere l'oggetto esclusivamente da un unico punto di vista, mentre per ottenere una rappresentazione totale dell'oggetto, e quindi vedere anche le facce che non vediamo ad occhio nudo, l'oggetto andava scomposto in tanti piccoli frammenti di realtà, che si traducevano in immagini apparentemente incomprensibili, esclusivamente perché la nostra esperienza non è abituata a vederli così. Scomporre e ricomporre gli oggetti come meglio credevano, dava agli artisti la possibilità di rappresentare la realtà a loro piacimento. Le principali novità del cubismo rispetto ai movimenti artistici precedenti sono essenzialmente l'abolizione del principio che la pittura dovesse rappresentare in maniera realista le cose, dovesse 'fotografare' la realtà; inoltre l'assenza di un unico punto di vista porta a non avere un'unica prospettiva, come accadeva in tutti i dipinti dal rinascimento fino ad allora. L'immagine pittorica sino ad allora era sempre stata pensata in maniera naturalistica, ossia così come la vediamo, fedele alla realtà. L'assenza di chiaroscuro accentua questo distacco dalla realtà, così come l'assenza di un'unica prospettiva. Già l'impressionismo aveva abolito il chiaroscuro, puntando tutto sul colore; così successivamente il postimpressionismo aveva accettato che il colore diventasse espressione della sensibilità del pittore, e quindi non era necessario che un oggetto fosse necessariamente di quel colore solo perché nella realtà era effettivamente così. L'ultimo fondamento della pittura accademica era la prospettiva, che fu chiaramente demolita da Picasso, nel periodo della sua attività chiamato appunto 'cubista'.
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