Bergson considera il tempo come chiave di lettura della realtà, e ne distingue due tipi. Il tempo della scienza è una successione di singoli istanti uniformi ma distinti tra di loro, concepiti come punti spaziali. Il tempo è spazializzato, divisibile in segmenti spazialmente definiti. E’ ripetibile e reversibile, un ripetersi continuo delle medesime cose, secondo il modello matematico-quantitativo, poiché nella serie dei numeri naturali a ogni unità ne segue un’altra identica alla prima. Il tempo della coscienza è invece un susseguirsi di stati qualitativi della coscienza, diversi tra di loro ma nello stesso tempo collegati gli uni agli altri. In questa successione, i momenti precedenti si fondono con quelli seguenti, senza che si possano individuare cesure interne, come succede in una melodia, in cui le note, diverse qualitativamente, si fondono in un processo unitario. Il tempo è fluido e soggettivo, un’ora può valere differenti tempi. Il tempo qualitativo è un’esperienza della coscienza, non è mai uguale, non è reversibile, perché il nostro essere è in continuo mutamento, e non è spaziabile. Ogni istante contiene i ricordi del passato e i pensieri per la vita futura.
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