SIMONE MARTINI. La Maestà di Simone Martini (1284 – 1344), è la prima opera conosciuta del pittore; il quale, tuttavia, doveva avere già svolto un’attività qualificata, se era riuscito ad ottenere un incarico così impegnativo, mentre ancora viveva Duccio di Buoninsegna.
Anzi, se la Maestà di Duccio era stata accompagnata in Duomo da un’ immensa processione di cui facevano parte clero e laici, quella di Simone, per rendere più manifesta la simbiosi fra città e Chiesa, venne dipinta addirittura all’interno del Palazzo dove aveva sede il governo della repubblica.
Anche l’idea generale della composizione deriva dalla Maestà del Duomo: la forma rettangolare nel senso della latitudine e la disposizione centrale della Madonna con ai lati le schiere celesti. Il Martini, anche se, come vuole la tradizione, è stato allievo di Duccio, ha ormai raggiunto una tale maturità che gli permette di esprimere liberamente se stesso.
- Dopo il 1317, A Napoli, Simone dipinge per il re Roberto d’Angiò la tavola con San Ludovico di Tolosa. L’intento del committente è politico. Il quadro dipinto dopo la canonizzazione di Ludovico (1317), vuole dimostrare la piena legittimità della successione. Il pittore, per rendere la trascendenza di chi è al di sopra delle cose mortali, ha rappresentato Ludovico, coperto da un ricco manto sopra il povero saio francescano, come un’immagine bizantina, seduto sul trono, assorto a contemplare il divino, senza neppure guardare verso il fratello, quasi ormai indifferente all’atto che sta compiendo.
- Forse tra il 1324 e il 1326 Simone affresca Storie della vita di San Martino nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi. La cronologia tuttavia, in mancanza di elementi sicuri, è molto dubbia. Nel 1328 il condottiero Guidoricco da Fogliano conquista per la repubblica di Siena i castelli maremanni di Montemassi e Sassoforte. Il governo dette incarico a Simone Martini di celebrare l’episodio affrescandolo su una parete della Sala del Consiglio nel Palazzo Pubblico, di fronte alla Maestà. È la prima volta che il pittore rappresenta non l’astratta corte celeste della Madonna, non la figura di un santo, non antiche storie religiose, ma un fatto contemporaneo. È perfino possibile che Simone si sia recato appositamente in Maremma per conoscere direttamente i luoghi dell’evento bellico.
SIMONE MARTINI: ANNUNCIAZIONE. L’opera più nota di Simone Martini, forse il suo capolavoro, è l’Annunciazione.
Qui il lirismo martiniano tocca il suo momento culminante, affidandosi alla linea che ininterrottamente, carezza i contorni con curve e controcurve, al limite apparente dell’arabesco. Ma la linea martiniana non ha niente di esteriormente ornamentale, il ductus continuativo, privo di scarti, assume invece un significato melodico dolcissimo, interiorizzato.
C’è in Simone Martini una continua trasposizione dal reale nell’ideale, che, se da un lato deriva dall’antica tradizione cristiana, dall’altro conferisce alle sue figure un aristocratico distacco dalla concretezza.
Durante il suo soggiorno ad Avignone dove Simone si era recato nel 1340 dipinse gli affreschi nella chiesa di Notre – Dame – des – Doms, purtroppo oggi quasi completamente perduti, salvo alcune “sinopie” sottostanti l’intonaco. Tuttavia appartiene a quest’ultima fase dell’attività martiniana un polittico nei cui scomparti si scorgono un goticismo accentuato e la ricerca di valori espressivi più drammatici che per il passato. Il pittore morì ad Avignone nel 1344. La sua presenza nella città provenzale, anche se scarsamente documentata da opere superstiti, è di fondamentale importanza per gli ulteriori sviluppi del gotico in Francia.
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