Venio nunc ad voluptates agricolarum, quibus ego incredibiliter delector, quae nec ulla
impediuntur senectute et mihi ad sapientis vitam proxime videntur accedere. Habent enim rationem cum terra, quae numquam
recusat imperium nec umquam sine usura reddit quod accepit, sed alias minore, plerumque maiore cum faenore; quamquam me quidem
non fructus modo, sed etiam ipsius terrae vis ac natura delectat. Quae cum gremio mollito ac subacto sparsum semen excepit,
primum id occaecatum cohibet, ex quo occatio quae hoc efficit nominata est; deinde tepefactum vapore et compressu suo diffundit
et elicit herbescentem ex eo viriditatem, quae nixa fibris stirpium sensim adolescit et culmoque erecta geniculato vaginis iam
quasi pubescens includitur; e quibus cum emersit, fundit frugem spici ordine structam et contra avium minorum morsus munitur
vallo aristarum. Quid ego vitium ortus satus incrementa commemorem? Satiari delectatione non possum, ut meae senectutis requiem
oblectamentumque noscatis. Omitto enim vim ipsam omnium quae generantur e terra, quae ex fici tantulo grano aut ex acini
vinaceo aut ex ceterarum frugum aut stirpium minutissimis seminibus tantos truncos ramosque procreet; malleoli plantae sarmenta
viviradices propagines nonne efficiunt ut quemvis cum admiratione delectent?.
Versione tradotta
Ora vengo ai piaceri degli agricoltori, dei quali mi diletto incredibilmente: essi non sono affatto impediti dalla vecchiaia1
e mi sembra che si avvicinino moltissimo alla vita del sapiente. Gli agricoltori sono infatti in stretto rapporto con la terra,
che mai rifiuta un ordine né mai restituisce senza interesse ciò che ha ricevuto, ma alcune volte con una rendita minore, il
più delle volte con una maggiore. Per quanto, certamente, non mi dilettano solo i frutti, ma anche la forza e la natura della
terra stessa. Ed essa, quando riceve nel suo grembo soffice e dissodato il seme sparso, dapprima lo ricopre e trattiene - da
ciò è stata detta "occatio" questa operazione4 - poi, reso tiepido dal calore della terra, con la sua pressione lo schiude
[oppure: dopo averlo intiepidito con il suo calore e la sua pressione, lo fa schiudere; oppure: dopo averlo intiepidito con il
suo calore, lo fa uscire dal suo abbraccio] e sprigiona da esso un verde che germoglia in erba, che, appoggiandosi sulle fibre
delle radici, a poco a poco cresce e, levatosi su un gambo nodoso, già quasi sviluppandosi, viene avvolto in guaine; e quando
emerge da esse, tira fuori un frutto in forma di spiga e contro i morsi degli uccellini è protetto da un vallo di ariste.
Perché ricordarvi la nascita, la semina, la crescita delle viti? Non riesco a saziarmi del piacere che ne deriva, (lo dico)
affinché possiate conoscere la pace e la gioia della mia vecchiaia. Tralascio infatti la forza stessa di tutte le cose che sono
generate dalla terra, tale che da un granellino di fico o da un vinacciolo o dai minutissimi semi delle altre messi o piante
produce tronchi e rami tanto grossi: magliuoli, piantoni, sarmenti, barbatelle, propaggini, non producono forse sensazioni tali
da dilettare e stupire chiunque?
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