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Spencer

Pensiero e vita.

Herbert Spencer nacque il 27 aprile 1820 a Derby in Inghilterra; compì studi di carattere scientifico e divenne ingegnere delle ferrovie a Londra. Pubblicò in un primo tempo solo alcuni articoli politici ed economici; nel 1845, ottenuta una piccola eredità , obbedì alla sua vocazione filosofica e abbandonò la carriera dell’ingegnere per dedicarsi all’elaborazione di saggi di filosofia. Dal 1848 al 1853 fu membro della redazione dell’«Economist». Nel 1850 pubblicò la Statica sociale, dove applicò il principio evoluzionistico alla vita sociale. Nel 1855 pubblicò i Princìpi di psicologia e nel 1857 un saggio sul progresso ( Il progresso, sua legge e sua causa ) che ò molto significativo per il suo orientamento fondamentale. Nel 1862 usciva il primo volume del Sistema di filosofia sintetica progettato nel 1860, Primi princìpi, che ò il suo scritto filosofico fondamentale e uno dei capisaldi del positivismo. Seguivano i due volumi dei Princìpi di biologia (1864-1867); e in seguito: Princìpi di psicologia e Princìpi di sociologia. A queste opere vanno aggiunti numerosi altri scritti collaterali, tra cui l’importante saggio Individuo e Stato (1884), che rappresenta quasi un manifesto dei princìpi liberali, seppure con una decisa inclinazione verso il darwinismo sociale. Morì a Brighton l’8 dicembre 1903. Spencer appartiene a quella corrente del Positivismo che si riaggancia saldamente alle dottrine evoluzionistiche maturate in ambito scientifico. A differenza di Darwin, che riduce l’evoluzionismo ad un ambito puramente biologico, Spencer parla esplicitamente di ” evoluzionismo cosmico “, con l’idea che esista, oltre a quella organica, anche un’evoluzione ad essa precedente, di tipo inorganico, ed una successiva, di stampo super-organico. Il filosofo nota con acutezza che, ancor prima che si possa realizzare l’evoluzione biologica (tratteggiata da Darwin), occorre la realizzazione di quella inorganica, la quale ha consentito, ad esempio, la formazione del sistema solare; solo successivamente a quest’evoluzione inorganica si ò potuta realizzare quella organica: e la tappa successiva sarà  costituita da quella super-organica, a cui sarà  soggetto l’uomo con le sue realizzazioni (la cultura, le istituzioni e, in generale, la società ). Se Comte era un non-riduzionista, Spencer, invece, ò almeno in parte riduzionista, poichò a suo avviso esiste un unico processo governato fondamentalmente dalle medesime leggi (quelle dell’evoluzionismo) che coinvolge il mondo organico, quello inorganico e perfino quello super-organico: le leggi che regolano la biologia, dice Spencer, sono pressochò le stesse che presiedono all’andamento della fisica, della politica, della cultura, della società , ecc, sicchò basta, in linea di principio, individuare le leggi dell’evoluzionismo per poter studiare l’intera realtà , cosa che ò agli antipodi rispetto alla concezione comteana. Con Spencer, poi, affiora l’elemento che forse più contraddistingue il Positivismo rispetto al razionalismo seicentesco e settecentesco: se ò vero che in comune hanno il marcato interesse per le scienze (a tal punto da arrivare a considerarle come unico sapere valido), tuttavia ò diverso il tipo di scienza a cui fanno appello. Infatti, quando la filosofia prende come modello di indagine la scienza tende sempre a scegliere quella più in voga al momento, cosicchò se ai suoi tempi Platone si era servito della scienza medica di matrice ippocratea, i filosofi del Seicento e del settecento, invece, avevano preferito la fisica matematizzata di stampo galileiano e newtoniano, e il “Discorso sul metodo” di Cartesio ne ò una prova lampante, poichò il pensatore francese afferma esplicitamente di aver ravvisato nella matematica il vero modello conoscitivo. Spencer e i Positivisti, dal canto loro, vivono in un’epoca in cui sulla fisica newtoniana ò prevalsa la biologia, maggiormente in sintonia con gli slanci vitalistici tipici dell’età  romantica: ecco perchò, a differenza dell’Illuminismo e del razionalismo, il Positivismo sceglie la biologia e, in particolare, Spencer estende l’evoluzionismo biologico all’intera realtà . Riconoscendo il primato della scienza (in particolare quella biologica), sembra dunque che la filosofia sia delegittimata: i Positivisti e Spencer non solo riconoscono nella scienza il modello supremo di conoscenza, ma tendono addirittura a vedere tutti gli altri come inefficaci, sancendo così la morte della filosofia. Eppure trovano sempre, in qualche maniera, un modo per ritagliare qualche spazio alla filosofia: Comte la riduce a indagine ragionata sulla storia della scienza, Mill la concepisce come puro e semplice studio dei fondamenti metodologici della scienza e Spencer, da ultimo, le riserva un trattamento speciale. In primo luogo, con un discorso di forte sapore kantiano, egli dichiara la compatibilità  fra scienza e religione, staccandosi così da certe frange positivistiche espressamente anti-religiose: infatti, se ò vero che si può indagare sulla realtà  e desumerne delle leggi di comportamento, ò altrettanto vero che l’essenza della realtà  resta inconoscibile, ossia sfugge ad ogni inquadramento conoscitivo. In altre parole, la scienza può spiegare come avviene un fenomeno e per quale motivo si verifica, ma non potrà  mai attingerne l’essenza profonda: le generalizzazioni cui perviene la scienza non potranno mai racchiudere ciò che Spencer definisce l’Inconoscibile (una sorta di cosa in sò kantiana). Ed ò proprio in virtù di questa impotenza della scienza che la religione e la sua indagine sull’Inconoscibile (cioò sull’essenza profonda della realtà ) non solo ò compatibile con la scienza, ma ò anzi necessaria ad essa: le due discipline si supportano a vicenda, proiettando le loro indagini su questioni diverse ma ugualmente necessarie, e per di più la religione ci ricorda contemporaneamente i limiti intrinseci della conoscenza umana e il mistero profondo della realtà . Questo ci permette anche di capire perchò Spencer faccia riferimento non alla teologia in generale, ma a quella di tipo negativo, che cioò non ci dice cosa stia al di là  della barriera conoscitiva, ma, al contrario, cosa non stia. Naturalmente, questo può avvenire solamente se la scienza e la religione non hanno la pretesa di sconfinare nel campo altrui: e a tal proposito la vicenda di Galileo simboleggia appunto lo sconfinare della religione nel campo scientifico. Chiarito il rapporto che intercorre tra la scienza e la religione, Spencer si sofferma su quello riguardante la filosofia e la scienza: se la scienza può e deve spiegare l’intera realtà  secondo le leggi evoluzionistiche, a che serve la filosofia? In modo piuttosto originale, Spencer le attribuisce, contemporaneamente, il minimo e il massimo valore, sostenendo che la filosofia altro non ò se non la scienza più importante, con la conseguente perdita di autonomia e di specificità . Egli ò forse il positivista che più di tutti dà  peso alla filosofia, ma che tende anche di più a ridurla a scienza: in definitiva, per Spencer, la filosofia ò una specie di super- scienza. Ciascuno di noi, infatti, ha le sue esperienze quotidiane e tende a generalizzarle per trarne delle regole di comportamento (e la scienza fa la stessa cosa, in maniera sistematica, per quel che riguarda la natura), ma poi, al di là  delle leggi relativamente generali, ò possibile individuare leggi generalissime che non valgono per un campo della realtà  piuttosto che per un altro, ma, viceversa, valgono per tutta quanta la realtà . Proprio di queste leggi generalissime, valide per l’intera realtà , si occupa la filosofia. E proprio in virtù di questa concezione, Spencer tende ad essere riduzionista, ovvero a nutrire la convinzione che tutte le scienze siano riconducibili ad una sola scienza, la filosofia. E’ riduzionista, in altre parole, perchò nutre la convinzione che vi siano leggi generalissime valide per ogni realtà  di cui le leggi studiate dalla scienza sono derivazioni particolari, come se, in ultima istanza, tutte le scienze fossero derivazioni particolari della super -scienza filosofia. La filosofia come la intende il filosofo inglese, pertanto, svetta tra tutti i saperi, ma, qualitativamente, non ò diversa dalle altre scienze. E’ curioso come, in questa prospettiva, si ritorni al concetto aristotelico di metafisica intesa come scienza (oltrechò delle cose “al di là  del mondo fisico”) dello studio delle leggi generali dell’essere: proprio a questo studio si deve dedicare la filosofia, la quale assurge a regina delle scienze ma perde la sua autonomia. L’ evoluzionismo di Spencer non ò però una pura e semplice estensione delle nozioni di Darwin all’intero universo: in realtà , i due pensatori elaborano le loro teorie separatamente, senza contatti; e quando si dice che per Spencer l’evoluzione ò cosmica, non si deve pensare che vada interpretata a mò di analogia per cui, dalla constatazione che nel mondo biologico vige l’evoluzionismo, si suppone che esso valga anche per il resto della realtà . Viceversa, l’intero cosmo ò sottoposto ad un unico processo evolutivo che si articola in fasi e aspetti differenti nonchò successivi. Il problema della filosofia ò appunto quello di andare al di là  della scienza per ricostruire le leggi dell’evoluzione in generale: tutte le scienze arrivano, in modi e in ambiti diversi, a ravvisare delle leggi di evoluzione. Ad esempio, la biologia scopre l’evoluzione nel mondo vivente, la fisica nella realtà  materiale e così via: la filosofia, dal canto suo, deve ricucire tutte queste leggi generali elaborate dalle singole scienze per poter così ottenere delle leggi generalissime di evoluzione valide per il cosmo intero. E tutte le singole scienze, dice Spencer, pervengono tutte, sebbene per strade diverse, al riconoscimento di tre princìpi fondamentali: 1) indistruttibilità  della materia, 2) continuità  del movimento, 3) persistenza della forza. Tutti questi princìpi, naturalmente, sono, per così dire, risposte “penultime”, che spiegano che la materia non si può distruggere, che il movimento ò continuo e che la forza tende a persistere, ma che non rispondono alla domanda decisiva (che varca le soglie dell’Inconoscibile): perchò ò così? Cosa l’ha originato? Il compito della filosofia sarà , pertanto, quello di unificare questi tre princìpi in un’unica legge generale, che Spencer rintraccia nella legge dell’evoluzione. Questa legge, infatti, spiega la graduale integrazione (cioò concentrazione) della materia e la conseguente dissipazione del movimento (a cui sinteticamente sono riconducibili i tre princìpi poc’anzi elencati) mediante un triplice processo: a) come un passaggio dall’incoerente al coerente (passaggio di progressiva concentrazione); b) come un passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo, dall’uniforme al multiforme (ovvero un processo di progressiva differenziazione); c) come un passaggio dall’indefinito al definito (ossia come un processo di progressiva determinazione). In concreto, immaginiamo di avere dinanzi un essere primitivo come un’ameba e uno più comeplesso come un cavallo: la materia che compone il cavallo ò molto più concentrata e compatta rispetto a quella dell’ameba (passaggio evolutivo dall’incoerente al coerente); il cavallo, poi, ò più complesso e articolato dell’ameba, tant’ò che ogni singola cellula del cavallo ò di per sò più complessa dell’ameba (passaggio evolutivo dall’omogeneo all’eterogeneo); infine, l’ameba ò più indeterminata, il cavallo ò più comoplesso e dunque gode di una maggiore identità , cioò si distingue di più dall’ambiente circostante (passaggio evolutivo dall’indefinito al definito). E queste leggi appena illustrate valgono non solo in ambito biologico (l’ameba e il cavallo), ma per l’intero universo: le si devono impiegare anche, dice Spencer, per interpretare la formazione del sistema solare a partire da una nebulosa originaria. Essa passò da omogenea ad eterogenea, da poco densa a densissima, da incoerente a coerente, fino a dar vita all’intero sistema solare. Le leggi evoluzionistiche, poi, devono anche essere applicate al mondo super-organico, ovvero alla società  umana: e quel che ò più curioso ò che, dice Spencer, le leggi che regolano il processo evolutivo del mondo biologico sono pressochò le stesse che reggono l’andamento dell’evoluzionismo nel mondo inorganico e in quello superorganico; si tratta di leggi che il pensatore inglese desume in parte da Darwin e in parte da Lamarck. E’ infatti convinto che tutti gli enti si sforzino per adattarsi all’ambiente e che le mutazioni che derivano da questi sforzi siano poi a loro volta selezionate dall’ambiente. Tuttavia tra la società  e il mondo bilogico, che pure seguono leggi evoluzionistiche quasi identiche, vi ò un’enorme differenza: nel mondo umano, infatti, subentra la cultura e la consapevolezza di ciò che si fa, cosa che suggerisce che l’idea lamarckiana di trasmissibilità  ereditaria dei caratteri acquisiti, falsa se applicata all’evoluzionismo biologico, ò vera per quel che riguarda il mondo umano. E’ infatti vero che nella storia umana vi ò uno sforzo cosciente di adattamento all’ambiente e che vi ò una trasmissione dei caratteri acquisiti (le nozioni, le modifiche culturali, ecc), tant’ò che l’idea di sopravvivenza viene adeguatamente corretta, altrimenti si finirebbe per vivere nello stato di natura delineato da Hobbes: oggi si vive molto più a lungo rispetto ad anni addietro perchò ò stata superata l’idea secondo la quale solo il più forte possa sopravvivere e sono subentrate forme di solidarietà  e norme di comportamento accettate da tutti. Se davvero dovesse continuare ad esistere il darwinismo sociale, nessuno potrebbe campare oltre i quarant’anni, perchò, perse le forze, sarebbe facilmente sopraffatto da uomini nel fiore dell’età . Anzi, nell’uomo tra l’evoluzionismo culturale e l’evoluzionismo biologico c’ò quasi conflitto, poichò più si invecchia e più cresce la cultura e diminuisce la forza fisica adatta a sopravvivere nell’ipotetico stato di natura. Ai suoi tempi, però, Spencer credeva di poter applicare le leggi dell’evoluzionismo anche alla società , dando luogo a quello che ò passato alla storia sotto il nome di darwinismo sociale: si deve accettare anche nel mondo sociale il criterio secondo cui a sopravvivere ò il più forte ed ò per questo che Spencer ò uno strenuo difensore del liberalismo più sfrenato. Egli riprende quelle considerazioni di Malthus che Darwin si era limitato ad applicare alla realtà  biologica e arriva a dire lo Stato non deve assolutamente intervenire con criteri di solidarietà  o di agevolazioni, perchò sennò impedisce che maturino le forme di selezione naturale funzionali alla sopravvivenza della società  stessa. E a tal proposito, il filosofo inglese opera una sfilza di paragoni tra il mondo biologico e la società  umana, facendo notare come, evoluzionisticamente, le società  moderne sono più coerenti, più eterogenee e più definite rispetto a quelle antiche: sono più articolate soprattutto in virtù della divisione del lavoro che le caratterizza, ma anche grazie al fatto di essere maggiormente staccate dall’ambiente (e il confronto verte soprattutto sulle differenze tra città  moderne e villaggi antichi); e poi nelle società  moderne i tessuti che svolgono determinate funzioni sono concentrati in luoghi ben precisi (pensiamo alle zone industriali), proprio come nell’individuo le cellule si differenziaziano qualitativamente e si posizionano in luoghi ben precisi. E’ molto curioso come Spencer raffronti perfino le società  e le strutture degli animali: come i molluschi sono protetti dalla corazza, così anche alcune strutture sociali sono (al pari della corazza dei molluschi) rigide, inquadrate da strutture che ne vincolano l’andamento. E a tal proposito Spencer individua due diversi tipi di società : quella industriale e quella militare. Più una società  ò organica e meno necessita di un apparato esterno che la tenga insieme: ad esempio, la società  industriale ò talmente articolata e le parti che la costituiscono sono a tal punto legate tra loro che, in linea di principio, potrebbe procedere senza leggi e strutture che la tengano insieme, poichò starebbe tranquillamente in piedi per conto suo. Al contrario, una società  che manchi di un apparato industriale evoluto necessita di una struttura che la tenga insieme affinchò non si sfaldi: l’esercito, la polizia, una serie di norme coercitive, ecc; proprio per questo viene da Spencer definita, quasi con senso dispregiativo, “società  militare”. Resta ora da chiedersi quale sia il punto massimo a cui può pervenire la conoscenza della realtà : in definitiva, il problema da risolvere ò come si possa comprendere il processo evolutivo dell’intera realtà  tramite uno strumento di indagine così generale quale ò la filosofia secondo Spencer. Egli dice che si devono ipotizzare due cose: una materia e una forza; più precisamente, una massa originaria e informe e una forza che agisca dall’esterno su di essa. Poichò tale forza non agisce in modo assolutamente uniforme sulla materia (vi saranno punti in cui spinge di più e punti in cui spinge di meno), scatta una differenziazione che fa sì che si avvii la reazione a catena che dà  vita al processo evolutivo studiato da Spencer.

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  • Filosofia - 1800

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