Indissolubilmente legata al nome del suo padre fondatore Freud, la psicoanalisi (detta anche psicologia abissale o del profondo), nata come metodo per curare alcuni disturbi psichici, ha finito per assumere un ruolo filosofico generale, una volta intesa come teoria dell’interpretazione dell’inconscio: avendo infatti notato che la carica emotiva legata ad alcune reazioni isteriche originate da traumi rimossi, veniva “liquidata” dal superamento delle amnesie circa fatti spiacevoli della vita personale dei pazienti, Freud ideò una terapia in grado di sondare a questo scopo i recessi della mente umana. Il primo passo consisteva nel far rilassare l’assistito e lasciarlo parlare seguendo il corso dei propri pensieri, notando delle connessioni (le “associazioni libere”) tra le parole da lui pronunciate e il materiale rimosso che si voleva far emergere, verso cui sono sempre e comunque inconsciamente orientati i discorsi spontanei del soggetto. Il secondo passo consisteva nell’instaurare una solidarietà tra l’azione dell’analista e le risposte del paziente, sfruttando il fenomeno del transfert: la traslazione, o il trasferimento, sulla persona del medico, di pulsioni emozionali positive o negative provate durante l’infanzia dal paziente verso le figure genitoriali. Il tutto, corroborato all’interpretazione dei sogni e di lapsus, errori o dimenticanze, contribuiva a fornire porte di accesso alle forze della personalità che si agitano al di sotto del livello cosciente.
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