Stalin prende il potere
Nel 1924 morì Lenin e fra i capi bolscevichi si aprì un’aspra lotta per la successione della guida del partito. Il più prestigioso era Trotskij, che sosteneva di alimentare la rivoluzione in tutto il mondo e che l’Urss doveva essere industrializzata. Contro di lui altri capi bolscevichi sostenevano che si aveva bisogno di pace e si doveva puntare sull’agricoltura. Fra le linee contrapposte emerse la personalità di Stalin, segretario del partito, che riuscì ad imporsi, attaccando Trotskij, accusandolo di pericoloso estremismo e difendendo l’ideale del socialismo di un solo paese. Trotskij fu mandato in esilio e alla fine degli anni Venti Stalin era ormai il dittatore.
La modernizzazione forzata dell’Unione Sovietica
Stalin era convinto che l’Unione Sovietica dovesse affrontare una guerra con le forze anticomuniste internazionali, perciò decise di modernizzare in maniera forzata la nazione. Ogni forma privata venne abolita: non solo le fabbriche ma anche negozi e botteghe dovevano appartenere allo Stato. Tutta la vita economica era regolarizzata tramite piani quinquennali, che stabilivano come investire le risorse del paese, ogni cinque anni. I primi piani erano volti verso l’industria pesante e le necessarie infrastrutture.
La collettivizzazione
Il prezzo più alto fu pagato dalle campagne: i contadini dovevano mettere in comune la terra e il bestiame, formando delle cooperative, il kolchoz, e in alcune zone lo stato avrebbe costituito delle grandi aziende agricole, sovchoz, dove i contadini sarebbero stati assunti allo stesso modo degli operai in fabbrica. Ma ci furono delle piccole rivolte perché nessuno voleva mettere in comune i propri beni, e così il patrimonio agricolo finì per far ricadere di nuovo il paese nella fame.
La repressione dei kulaki
Stalin e gli altri dirigenti bolscevichi videro i contadini nelle rivolte come potenziali traditori, specialmente i più ricchi che in russo si chiamavano kulaki. Così i contadini vennero costretti con la forza a entrare nelle cooperative. I kulaki vennero accusati di tradimento e deportati con le loro famiglie nelle zone più fredde e aride del paese, in Siberia e Asia centrale, in condizioni terribili che provocarono la morte di moltissime persone.
La dittatura comunista
L’Unione Sovietica di Stalin era un paese totalitario: infatti lo Stato controllava totalmente la vita della gente, imponendo a ciascuno come doveva vivere e pensare. La società sovietica si trasformò in dittatura poliziesca. Molti capi bolscevichi che avevano fatto opposizione a Stalin, vennero costretti, tramite torture a confessare delitti immaginari e condannati alla fucilazione. Già prima di allora erano avvenute espulsioni in massa di comunisti del partito, le cosiddette purghe, con lo scopo di allontanare i meno fidati. Gli anni tra il 1937e 1938, furono chiamati “anni del terrore”, in quanto un’intera generazione di scrittori, artisti, intellettuali, scienziati, venne annientata. I campi di prigionia venivano chiamati Gulag, nelle zone molto fredde tipo la Siberia, vennero usati già sotto gli zar, ma nel periodo di Stalin, le persone che andarono e morirono furono milioni di donne e uomini.
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