Stato d'animo di Annibale - Studentville

Stato d'animo di Annibale

Frendens gemensque ac vix lacrimis temperans dicitur Hannibal legatorum verba audisse. Postquam edita sunt mandata: “Iam non perplexe – inquit- sed palam revocant, qui, vetando supplementum et pecuniam mitti, iam pridem retrahebant. Vicit ergo Hannibalem non populus romanus, totiens caesus fugatusque, sed senatus Carthaginiensis obtrectatione atque invidia. Neque hac deformitate reditus mei tam P. Scipio exsultabit atque efferret sese quam Hanno qui domum nostram, quando alia re non potuit, ruina Carthaginis oppressit”. Iam hoc ipsum praesagiens animo praeparaverat ante naves. Itaque inutili militum turba praesidii specie in oppida Brutii agri, quae pauca metu magis quam fide continebantur, dimissa, quod roboris in exercitu erat in Africam trasvexit, multis Italici generis, qui in Africam secuturos abnuentes concesserant in Iunonis Laciniae delubrum inviolatum ad eam diem, in templo ipso foede interfectis.

Versione tradotta

Si dice che Annibale abbia ascoltato digrignando i denti, gemendo e trattenendo a stento le lacrime, le parole dei legati. Dopo che gli furono comunicate le disposizioni disse: "Ormai mi richiamano non oscuramente ma apertamente, coloro che già da prima volevano farmi ritirare, rifiutando di inviare rinforzi e denaro. Sconfisse infatti Annibale non il popolo romano, totalmente massacrato e messo in fuga, ma il senato Cartaginese, con denigrazione e invidia. Esulterà e trarrà vanto per la vergogna di questa mia ritirata, non tanto Scipione, quanto Annone, che ha distrutto la mia stirpe rovinando Cartagine, poiché non ha potuto farlo con altro". Già egli, avendo previsto nel suo animo, aveva preparato prima le navi. Così, lasciata una folla di inutili soldati come presidio a quelle poche città del territorio bruzio, che erano rimaste fedeli più per paura che per fedeltà, si trasferì in Africa con quello che era il cuore dell'esercito, e molti di stirpe italica, che rifiutando di seguirlo in Africa si erano rifugiati nel tempio di Giunone Lacinia, massacrò in modo infame nello stesso tempio, inviolato fino a quel giorno.

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