Stazio - Studentville

Stazio

[T2]La vita[/T]

Figlio

di un maestro di retorica (elemento non trascurabile, questo, nella sua formazione poetica), S. incarna – forse più di altri –

la figura del poeta “professionista”. Si trasferì a Roma per tentare la fortuna durante l’impero di Domiziano e, in breve

tempo, effettivamente si guadagnò – nelle recitazioni pubbliche e nelle gare poetiche – il favore del pubblico e dei grandi

signori, che divennero suoi protettori.
D’ingegno duttile e versatile, in questo primo periodo compose libretti per mimi

e, oltre al suo primo poema epico, la “Tebaide”, alcune “Silvae”, componimenti lirici di circostanza in uno stile facile ed

elegante. Ma, dopo alcuni rovesci, nonostante le preghiere insistenti della moglie Claudia, una musicista, decise di

abbandonare la città per far ritorno in Campania. Vi condusse lo stesso genere di esistenza di poeta mondano al servizio dei

nobili romani, che in quella regione approdavano in massa per i loro soggiorni primaverili ed estivi.
In questo periodo

della sua attività, scrisse altre “Silvae” e una seconda epopea, l’ “Achilleide”, che non gli fu però possibile portare a

termine.

[T2]Tebaide[/T]

E’ suddivisa in 12 libri e narra la lotta fra i due fratelli Eteocle e Polinice per la

successione in Tebe al trono di Edipo (ma anche se il tema è mitologico, dotato di un complesso apparato divino, la vera

sostanza del contenuto riporta irresistibilmente verso la “Farsaglia” di Lucano).
In un insolito epilogo programmatico, S.

dichiara poi di avere un modello altissimo, anche se preso coi dovuti rispetti: l “Eneide”, di cui le due esadi riproducono

fedelmente la metà iliadica di preparazione e quella odisseica.
In verità, i modelli poetici sono legione: S. dimostra una

buona conoscenza della tragedia greca (Antimaco di Colofone e Eschilo) e forse anche di alcuni poemi ciclici o di loro

riassunti. Talora (oltre che l’Omero mediato da Virgilio) appaiono anche modelli più insoliti: Euripide, Apollonio Rodio,

persino Callimaco (e gli alessandrini in genere); infine, lo stile narrativo e la metrica risentono della lezione tecnica di

Ovidio, mentre la sua immagine del mondo dell’influsso di Seneca, da cui mutua anche, volendo, il gusto dell’orrido e la

tendenza al patetico (caratteristiche comunque comuni alla letteratura del tempo).
Insomma, proprio qui – ovvero nel

contrasto tra fedeltà alla tradizione virgiliana e le inquietudini modernizzanti – sta il vero centro dell’ispirazione epica di

S. . Tuttavia, nonostante tale costellazione di influssi, e nonostante l’abbondanza di episodi minuti e di “miniature”

sentimentali o pittoresche, l’opera non manca affatto di unità: anzi, il difetto tipico sono piuttosto gli ossessivi “corsi e

ricorsi” a motivi e atmosfere: tutta la storia risulta, ad es., dominata da una ferrea “necessità universale” (la cui funzione

è enfatizzata in un apparato divino come detto tipicamente virgiliano), che appiattisce le cose, gli uomini e le stesse

divinità (è qui che S. si avvicina invece più a Lucano).

[T2]Silvae[/T]

Le Silvae rappresentano l’unico

esempio di poesia lirica del primo secolo dell’età imperiale. Sono per lo più componimenti d’occasione per nascite,

matrimoni, anniversari, manifestazioni diverse. Sono anche frequenti le descrizioni di ville, giardini, oggetti d’arte, che

rendono l’opera preziosa per la conoscenza del gusto e della vita del tempo. I carmi encomiastici, direttamente rivolti a

Domiziano, testimoniano lo sviluppo del culto imperiale, le cerimonie e le manifestazioni pubbliche. I metri usati vanno

dall’esametro ai versi lirici.

[T2]Achilleide[/T]

Dell’Achilleide, poema incompiuto, rimangono il primo

libro e l’inizio del secondo, per un complesso di poco più di mille versi. Stazio narra la giovinezza di Achille, la sua

educazione con il centauro Chirone, il vano tentativo di sottrarsi alla guerra di Troia, il suo matrimonio con Deidamia.

Presumibilmente l’opera avrebbe dovuto narrare tutta la vita e le imprese dell’eroe, fino alla sua morte. I versi rimasti

mostrano grazia, vivacità e un tono romanzesco più che eroico.

[T2]La fortuna[/T]

Considerato con Silio Italico

e Valerio Massimo uno degli interpreti più significativi della cultura letteraria dell’età flavia, Stazio fu molto

apprezzato nel Medioevo, in particolare da Dante, che immaginò una sua conversione al cristianesimo, sia pure tenuta nascosta.

Le Silvae, sconosciute in età medioevale, furono ritrovate dall’umanista Poggio Bracciolini nel 1417.

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