Le origini (dall'alba del tempo al IX secolo)
Le origini degli Etruschi sono state dibattute sin dai tempi più remoti. Lo storico greco Erodoto (che li chiama Tirreni) sostenne la tesi della provenienza via mare dalla Lidia, regione dell'Asia Minore. Altri storici antichi sostennero invece la teoria delle origini autoctone: gli Etruschi sarebbero una popolazione di stirpe italica, che risiedeva nella penisola già dal Neolitico. La tesi che invece si è imposta nella storiografia moderna è quella di gruppi provenienti dal Mediterraneo orientale, portatori di una civiltà tecnicamente e culturalmente evoluta, che si insediarono sul substrato della popolazione italica residente. Fusione che diede vita ad una nuova civiltà con caratteri distintivi originali, nata dalla fusione di usi e costumi orientali, villanoviani, e pre-indoeuropei.
La fioritura della civiltà etrusca (dall'VIII secolo al V)
Gli Etruschi rappresentano, dall'VIII secolo a.C., l'unica civiltà italica con l'energia necessaria ad intraprendere una politica espansionista. Politica generata più dal fermento della crescita economica che da una cosciente volontà di potenza. Senza incontrare un'opposizione organizzata, tra il VII ed il VI secolo la crescita dell'influenza etrusca raggiunse, oltre alle regioni centrali di origine (nelle odierne Toscana e Umbria), il Lazio, la Campania fino a Capua, la pianura padana con la costiera adriatica. Al culmine della propria forza militare e commerciale gli Etruschi arrivarono verso la metà del VI secolo quando, occupati i porti della Corsica orientale, essi divennero i padroni riconosciuti del mar Tirreno. In questa fase di espansione territoriale, le uniche potenze con cui gli Etruschi entrarono in contatto furono i Cartaginesi, con i quali strinsero patti di alleanza, ed i Greci delle colonie dell'Italia meridionale, gli avversari più agguerriti; mentre al Nord i Celti non rappresentavano, per la loro frammentarietà, un vero pericolo.
Il declino (dalla seconda metà V al III secolo)
Alleati di Cartagine, gli Etruschi erano riusciti ad imporsi alle giovani colonie greche del meridione, contrastandone con efficacia l'espansione sia sulla terra che sul mare. Dalla seconda metà del V secolo lo scenario però mutò radicalmente. Infatti mentre le città etrusche avevano raggiunto il massimo dello sviluppo economico, le colonie greche diedero vita ad una travolgente crescita culturale e politica. Anche ai confini tra Etruria e Lazio era sorto un nuovo consistente pericolo: la città di Roma, un tempo dominata e governata da una dinastia etrusca, era infatti passata all'offensiva. Sul mare, i Greci d'Italia battuti prima i Cartaginesi, inflissero agli Etruschi a Cuma nel 474 a. C., una sconfitta decisiva dopo la quale essi persero definitivamente il controllo del Tirreno, lasciando le loro città costiere in balia degli attacchi dei siracusani. Anche sulla terraferma la situazione andò rapidamente deteriorandosi, in meno di un secolo l'Etruria campana fu conquistata dai Sabini, mentre quella padana venne invasa da popolazioni celtiche provenienti d'Oltralpe. Dalla metà del IV secolo la potenza commerciale e militare un tempo fiorente degli Etruschi si era così ridotta a città stato arroccate nei loro territori di origine. Infine esse stesse furono coinvolte durante il III secolo a.C. in una lotta mortale contro la neonata potenza romana. Le superbe città stato, prive di una forte identità nazionale, non riuscirono a coordinare una resistenza efficace, e furono così sconfitte una ad una. Con la perdita dell'indipendenza politica si concludeva così il ciclo di un antico popolo che per secoli aveva primeggiato, per cultura e per ricchezza, nel bacino del Mediterraneo.
La loro eredità, se pur ammantata da un velo di oblio, non doveva andare però perduta se è vero che i Romani appresero dagli Etruschi le tecniche agricole, l'ingegneria militare e civile, l'ordinamento dell'esercito, la scienza del vaticinio, le basi del diritto, l'urbanistica.
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