Pare che la civiltà e la religione sumerica abbiano influenzato in modo determinante tutti gli sviluppi successivi della regione mesopotamica. Le prime tracce di agglomerati cittadini sumerici risalgono al 7000-6000 a.C. Sono uomini che hanno appreso l’arte della caccia e dell’agricoltura e si organizzano per affrontare insieme le difficoltà dell’esistenza. Scavano rudimentali canali di irrigazione, plasmano l’argilla per costruirsi abitazioni ed utensili, scoprono la terracotta e alla fine imparano l’arte di fondere i metalli. Non si sa di dove provenissero i Sumeri, si presume che siano entrati in Mesopotamia da oriente. Verso il 3000 a.C. esiste un gran numero di città stato, ciascuna delle quali organizzata in modo proprio, sotto il simbolo e la protezione di una divinità venerata in un tempio.
Caratteri generali
Antica popolazione della bassa Mesopotamia che si ritiene si sia ivi stanziata provenendo da lontano, o via mare o più probabilmente scendendo dai monti dell’altopiano iranico per mettere a coltura una regione per sua natura acquitrinosa. L’arrivo dei Sumeri non è precisamente databile; dall’analisi dello sviluppo culturale della zona si è propensi a situarlo all’inizio del periodo detto di Uruk (fine IV millennio a. C.). In tal caso le principali innovazioni tecnologiche e culturali che caratterizzano la civiltà sumerica (dalla scrittura all’architettura monumentale e a tutti gli elementi della «rivoluzione urbana» al suo stadio maturo) non sarebbero stati portati con sé dai Sumeri ma progressivamente elaborati sul posto.
Nella bassa Mesopotamia i Sumeri coesistevano con altre popolazioni: gli Accadi semitici, provenienti da ovest, e probabilmente una popolazione di sostrato, postulata in base a elementi non sumerici. In questo quadro composito, i Sumeri avevano una netta prevalenza numerica, politica e culturale nelle città del sud (Eridu, Ur, Uruk, Lagas, Umma, Suruppak, Nippur, ecc.), diminuendo verso nord dove prevalevano gli Accadi (Kis, Esnunna, Assur, Mari, ecc.). Tra le varie città erano frequenti gli scontri, ma non sembra che essi avessero una base nelle diversità etno-linguistiche, ma solo in fattori territoriali ed economici. Inoltre, mentre gli Accadi erano rinforzati da ulteriori infiltrazioni di genti semitiche, i Sumeri, isolati, tendevano a diminuire e a essere assimilati, specialmente a partire dal 2350 a. C. (dinastia di Akkad). Si considerarono perciò più propriamente sumerici certi tratti culturali caratteristici del sud rispetto al nord (come lo sviluppo della proprietà templare a scapito di quella familiare) o caratteristici della fase preaccadica (come la concezione del dio quale proprietario dell’azienda agricola che è la città-tempio, gestita per suo conto dal re). È però discutibile rinviare a differenze etniche la distinzione tra una cultura sumerica e una accadica, quando i due elementi contribuirono insieme a costituirla progressivamente. Differenze regionali e diacroniche sono da considerare normali e attribuibili a motivi interni.
La lingua sumera: il sumerico
Il sumerico, lingua di cui si ha la più antica documentazione scritta (risalente al IV millennio a. C.), fu importato nella Bassa Mesopotamia da genti provenienti probabilmente dalle regioni montuose più settentrionali. La lingua, che non si è mai estesa molto nello spazio, ha avuto tuttavia un’eccezionale fortuna nel tempo: nella sua storia distinguiamo quattro periodi, dei quali il primo (detto arcaico) va dai documenti del IV millennio al 2500 a. C.; il secondo (detto antico o classico) va dal 2500 al 2300; il terzo (o nuovo) giunge sino al 2000; l’ultimo infine (post-sumerico) si spinge fino ai secoli dell’età ellenistica. Contrastato nell’uso vivo dalle lingue degli invasori semitici fin dalla fine del III millennio, il sumerico restò tuttavia in uso nella Mesopotamia come lingua di cultura anche quando l’accadico fu a sua volta soppiantato dalle parlate degli invasori indeuropei.
Scrittura e letteratura dei sumeri
I testi letterari in lingua sumera, consistenti in tavolette fittili ed epigrafi su pietra, abbracciano un periodo di tempo che, partendo pressappoco dal 3000 a. C. (IV strato di Uruk), si estende fino alla scomparsa della civiltà mesopotamica. Per lo studio di essi occorre attenersi preferibilmente al criterio dei generi letterari. Si considerano come generi i testi storici, gli inni, gli scongiuri, i miti, i carmi epici, la letteratura sapienziale. I componimenti, privi di veri titoli, venivano designati dalla tradizione sumera con le prime parole del testo. Fra i primi documenti sono le iscrizioni di carattere storico, come la dedica del re Urnanshe al dio Ningirsu, assai schematica, o l’epigrafe della Stele degli avvoltoi di Eannatum re di Lagas, più complessa. Molto antica è la Lamentazione per Lagas, che ricorda con elenco monotono ma commovente le distruzioni degli edifici sacri subite a opera di Lugalzagghisi di Umma. Il testo degli inni, che ebbero carattere sacro e rituale, è spesso fornito di note relative al tipo del canto e all’uso degli strumenti musicali che lo accompagnavano durante le cerimonie pubbliche. Notevole è l’inno dedicato a Ininn, la Ishtar dei Babilonesi, celebrata come divinità del piacere e della guerra. Fra gli inni indirizzati ai templi è interessante la Descrizione di una festa all’Ekur (nome del tempio) in Nippur, in cui è rappresentata con efficacia l’animazione festiva. Composizioni d’importanza poetica oltre che rituale sono gli scongiuri, rivolti specialmente contro demoni e spiriti cattivi, responsabili di malattie e di sofferenze. I miti, canti epico-religiosi collegati con le cerimonie del culto, hanno talora carattere cosmogonico e preannunciano quelli in lingua accadica come l’Enuma elish.
Molto interessante fra i miti è il poema di Ziusudra, una specie di Noè mesopotamico, che si salva dal diluvio per mezzo di un’immensa nave. Fra i carmi epici hanno particolare importanza Gilgamesh e la terra della vita, Morte di Gilgamesh, ecc. Alla letteratura sapienziale appartengono raccolte di proverbi e di massime, non sempre facilmente intelligibili, e componimenti detti adamanduga, cioè dispute concettuali, come tra estate e inverno, tra zappa e aratro, tra bue e cavallo. Durante il cosiddetto rinascimento sumero, ai tempi della III dinastia di Ur (2112-2004 a. C.), per il quale si hanno documenti con annotazioni di carattere cronologico (come l’identificazione di un anno con un avvenimento dinastico-religioso) furono composti inni encomiastici ai sovrani, come quello per il re Sulgi, contenente lodi della sua forza e della sua giustizia. Nello stesso periodo si distinse Gudea, re-sacerdote di Lagas, a cui appartengono iscrizioni celebrative della pietà religiosa e dello spirito pacifico del sovrano e, fra l’altro, un inno comunemente denominato Sogno di Gudea, contenente gli ammonimenti del dio Ningirsu per la costruzione e l’inaugurazione del suo tempio e la descrizione dell’opera infaticabile del re. Questo testo è la più lunga composizione sumera a noi giunta. Malgrado la decadenza politica, i SUMERI mantennero il loro dominio culturale durante il II millennio a. C. e la loro lingua continuò a essere usata in sede letteraria, benché non fosse più parlata. Testi sumeri vennero trascritti nei sec. XV, XIV, XIII a. C. anche fuori del territorio mesopotamico, accompagnati talvolta dalla traduzione babilonese.
Arte sumera
L’arte sumerica si svolse attraverso quattro fasi: predinastica (3100-2900 ca.), protodinastica (2900-2400), accadica (2375-2180), neosumerica (2112-2004), per proseguire poi nella cosiddetta arte babilonese. Il materiale reperito, per quanto scarso, permette di valutare la grande originalità formale e figurativa di quest’arte, al di là delle influenze iraniche o centrasiatiche. Al periodo predinastico risalgono i primi esempi di un’architettura monumentale religiosa, rispondente nei suoi caratteri alla concezione mesopotamica secondo la quale la città apparteneva a una divinità da cui derivava il suo benessere. Esempi tipici di questa architettura, realizzata in mattoni d’argilla (per la scarsità di pietra) sovrapposti a costituire massicce mura, sono il tempio di Eridu e, più significativo per grandiosità e strutture, il Tempio Bianco di Uruk (Warka), dedicato ad Anu, formato da una cella con nicchie e innalzato su una piattaforma di 15 m cui si accedeva tramite una scalinata. Già attraverso questi monumenti predinastici si venne configurando quella struttura che fu poi tipica di tutta l’area mesopotamica, della ziqqurat, torre a gradini creata dal sovrapporsi di piattaforme decrescenti in una ricerca di elevazioni che rispondeva a precise esigenze religiose: questa sorta di «montagna sacra» infatti costituiva il mezzo di comunicazione tra l’uomo e il mondo delle divinità. Nel periodo protodinastico il tempio divenne un centro non solo religioso ma anche economico e si arricchì di magazzini, botteghe artigiane, uffici, ecc. Solo al tempo della III dinastia di Ur (2112-2004) apparve anche il palazzo regale e nello stesso tempo si fissò la tipologia classica della ziqqurat (templi di Ur, Ur-Nammu, Larsa, ecc.).
Notevoli documenti provengono dal campo dell’arte figurativa. I primi sigilli a cilindretto recano scene agresti, di sacrifici, di battaglie rese con vivace naturalismo, esempi di un’arte destinata ad avere una grande fioritura anche in seguito. Accanto ai sigilli si trovano opere più impegnative, come il vaso cilindrico di alabastro di Uruk (Museo di Baghdad); le tazze e i vasi rituali in pietra con vigorosi altorilievi di tori e leoni; la maschera di Uruk nota come «dama di Warka», in alabastro, di superba tensione geometrico-realistica. Solo nel periodo protodinastico compaiono le statue, eseguite in diversi materiali (marmo, diorite, gesso o altro), nella tipologia unica dell’offerente in preghiera davanti alla divinità. Esempi illustri sono le statue di Tell Asmar, dallo stile plastico geometrico che trae speciali risorse dalle rigide barbe trapezoidali, dai grandi e ieratici occhi sbarrati, dalle rigide gonne, come pure quelle, sempre raccolte nel severo modulo della statua-blocco, rinvenute a Mari, Lagas, El Obeid (Louvre, Museo di Baghdad, British Museum).
Anche nel campo della scultura a rilievo in pietra si possono enumerare opere di estremo interesse, come la cosiddetta Stele degli avvoltoi, che illustra la vittoria del re Eannatum su Umma, o quella, già del periodo accadico, di Naram-Sin, impostata su una linea ascensionale che tende a esaltare la figura del sovrano posta alla sommità. Il serrato stile sumero si afferma anche nelle incisioni del vaso d’argento di Entemena (Louvre), nei tori in rame del tempio di El Obeid (British Museum) e nei bronzetti. Di grandissimo interesse per la documentazione che offrono sull’abilità dei SUMERI nella lavorazione dei metalli e nell’arte dell’intarsio, sono gli oggetti preziosi ritrovati nelle tombe di Ur, in oro e argento con intarsi di lapislazzuli, calcare rosso, conchiglie di madreperla; celebre lo «stendardo» a due facce, con scene di trionfo e banchetto su tre registri.
Con la rinascita del mondo sumerico, le nuove ambizioni monumentali improntano sia architettura sia scultura. Accanto alle tradizionali statue di oranti, ora in grandezza naturale, di grande interesse sono le statue-ritratto, tra cui quelle di Gudea di Lagas (ca. 30) e di Ur-Ningirsu, dove l’abituale stereometria tende ad addolcirsi in un gusto più descrittivo. La simbologia animale persiste nelle statuette di tori androcefali coricati (Museo di Baghdad e Louvre), prototipi del genio guardiano assiro. Tradizionalmente collocata tra le arti minori è la produzione sumerica di gioielli in metalli preziosi.
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