Il 2011 è stato un anno di importanti cambiamenti per le dinamiche geopolitiche dei Paesi del sud e sud-est del Mediterraneo. In Tunisia e in Egitto si è verificato un radicale e imprevedibile cambio dell'establishment politico esistente, grazie alle rivolte che hanno portato alla caduta dei regimi dittatoriali. Tuttavia in Libia, così come in Siria, in cui la repressione ha assunto toni di violenza inaudita, ancora oggi continuano le rivolte locali.
I politologi hanno definito questi moti di rivoluzione e cambiamento come Primavera Araba.
Tutto è cominciato dalla Tunisia, nel dicembre 2010, ed è proprio la Tunisia di oggi che deve essere tenuta presente come modello di transizione verso la democrazia. Le prime elezioni svoltesi ad ottobre, a dieci mesi dalla caduta del dittatore Ben Ali, sono state un successo, grazie alla vittoria del partito d'ispirazione islamica moderata Ennahda, che ha conquistato il consenso con un programma elettorale che si fonda proprio sulla necessità di rompere definitivamente con il passato. Dal Cairo a Damasco, da Rabat a Sirte, tutto il mondo arabo ha guardato con interesse, e con una punta d'invidia, al primo passaggio chiave compiuto.
La rivolta libica, trasformatasi rapidamente in una guerra civile tra fedeli al regime e insorti, con il suo altissimo tasso di violenza indiscriminata, è di certo il capitolo più sofferto degli eventi in questione. Il dittatore libico da subito ha proclamato, con l'arroganza di sempre, che "avrebbe schiacciato i ribelli e la popolazione di Bengasi come ratti". Proprio in seguito a questa dichiarazione le Nazioni Uniti hanno proclamato l’embargo dell’intera area e gli Stati sono stati autorizzati a "prendere tutte le misure necessarie" (cioè, nel consolidato linguaggio del Palazzo di Vetro, a usare la forza), "per proteggere le popolazioni e le zone civili minacciate d'attacco nella Jamahiriya araba libica".
Nella vicenda libica, organizzazioni regionali, quali la Lega Araba e l'Unione Africana, hanno svolto un ruolo cooperativo di primo piano. In perfetta accordo con la strategia della Nato che punta proprio sulla collaborazione con paesi terzi e organizzazioni internazionali. Dopo la guerra civile e la morte di Gheddafi, la nuova Libia sembra voler procedere sulla strada dell'ordine e della legalità, promettendo elezioni democratiche e la fine definitiva dei tumulti dei ribelli. Attualmente è attiva in Libia la missione UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya), voluta dalle Nazioni Unite, per aiutare la stabilizzazione politica della Libia e l'addestramento sul terreno delle forze di sicurezza.
Più complessa la situazione egiziana, dove la rivolta non ha portato a radicali cambiamenti, ma ha di fatto perpetuato il potere della casta militare, che si è eretta a garante della rivoluzione democratica. I risvolti sono stati tutt’altro che positivi, dopo oltre trent'anni di gelo diplomatico e tensioni, l'Egitto si è infatti riavvicinato pericolosamente all'Iran degli ayatollah, in chiave anti israeliana, contribuendo così all'isolamento di Tel Aviv nel Medio Oriente. Isolamento che si consolida sia per la rottura dei tradizionali buoni rapporti con la Turchia
Il presidente Usa,Obama, nel suo "Discorso al mondo arabo" del maggio 2011, ha sottolineato che i popoli arabi hanno bisogno di aiuto, al pari dei Paesi dell'Est europeo dopo la caduta del Muro di Berlino. Un aiuto che non si concretizza solo in termini di assistenza e aiuti umanitari ma investimenti, con una particolare attenzione al commercio, necessario per le stabilizzazione e modernizzazione delle economie dei paesi arabi, in modo da raggiungere, in un prevedibile futuro, una prosperità condivisa. Di qui l'importanza delle graduali riforme in atto e della liberalizzazione dei mercati, al fine di incrementare con esse gli scambi commerciali. E una critica celata emerge dalle parole del presidente Obama nei confronti dell’ Europa. Proprio l'Unione Europea, che non solo non è stata capace di presentare un fronte comune nella crisi mediterranea, ma che sembra essere addirittura scomparsa dal quadro più generale della politica estera e di sicurezza. Il momento certo non è favorevole a causa della crisi globale economica e finanziaria in corso, che si è abbattuta con una straordinaria ondata speculativa proprio sull'Eurozona e, in particolare, sui cosiddetti Paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), mettendo alcuni di essi a rischio di un vero e proprio pericolosissimo default. E proprio in questo momento di crisi che l’Europa dovrà assumere una prospettiva euro-mediterranea necessaria per il superamento della crisi comune. Dalla capacità di riproposizione strategica e di intervento economico dell'Europa nei grandi cambiamenti geopolitici in corso alla sua frontiera marittima meridionale dipenderà, in gran parte, se la "primavera araba" si potrà alla fine trasformare in una "primavera mediterranea.
- Temi Svolti per la Maturità