TEMA SU LEOPARDI E IL PESSIMISMO COSMICO
Conoscendo le posizioni materialistiche maturate dall’illuminismo settecentesco, fondamentale nella formazione del suo bagaglio culturale, Leopardi identifica nel pessimismo il fulcro della sua produzione etica. Tale concezione nasce essenzialmente dalla particolare visione, effettuata alla luce della ragione, nei confronti della natura, governata da principi meccanicistici, dalla quale esclude l’azione di entità sovra naturali.
All’interno di tale meccanismo l’uomo non è più una creatura privilegiata, quale era stato considerato in epoche precedenti, dal Rinascimento all’ Illuminismo, nelle quali si esaltava la freddezza dell’uomo in quanto individuo dotato di ragione.
Egli viene considerato alla pari degli altri esseri viventi, animali o piante, puro e semplice elemento dell’universale processo di produzione e distruzione sul quale si regge la stessa esistenza del mondo.
La ragione non è più come un alleato dell’uomo, ma, al contrario, assume una connotazione fortemente negativa, in quanto responsabile della scoperta dell’arido vero. In questa scoperta la natura svolge un duplice ruolo che muta parallelamente all’evoluzione del pensiero di Leopardi: dapprima essa appare come una madre benigna che, a fronte del buio e crudele destino dell’uomo, cerca di svolgere una funzione consolatrice concedendogli la facoltà immaginaria, ovvero la possibilità di coltivare sogni e illusioni attraverso cui far fronte al vuoto e amaro destino, avente come fine ultimo il nulla eterno della morte.
In seguito, quando il prevalere della ragione sulla natura e sulle illusioni ha reso l’uomo incapace di fantasticare e vittima di un senso di tristezza e insoddisfazione, la natura viene vista nella sua pura e arida oggettività, non in grado di mantenere le promesse e realizzare le illusioni proprie della giovinezza, essa si configura come una matrigna che ha creato il mondo per la sofferenza di chi è stato chiamato a vivere, in quanto ciò rappresenta la condizione per far proseguire il ciclo dell’esistenza della materia.
Tale concezione, della natura, espressa in modo esemplare nel “dialogo della natura e di un islandese”, costituisce il fulcro del pessimismo cosmico di Leopardi.
A fronte delle giovanili convinzioni del pessimismo storico, secondo cui la sofferenza è propria dell’uomo moderno che, privilegiando l’immaginazione, ha rinunciato alle poche fonti di felicità, rappresentate dalle illusioni, egli contrappone una concezione cosmica del pessimismo, in base alla quale tutti gli esseri viventi devono patire le sofferenze di natura. Ciò traspare anche dal fatto che il protagonista del dialogo sia un islandese, abitante di un luogo lontano rispetto alla Recanati del poeta, ma non per questo esonerato dal subire i tormenti della natura, rappresentati da una parte dall’ostilità degli uomini e dall’altra dalla incolumità naturale.
Ostacolato dalla natura nel portare a termine il suo viaggio di fuga dall’infelicità della propria terra, egli e diviene consapevole dell’inevitabile condizione di sofferenza dell’uomo, determinata non tanto da accanimento da parte della natura quanto dalla sua indifferenza nei confronti delle vicende umane.
Infatti, partendo da una concezione meccanicistica, secondo cui la vita è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, tale processo rappresenta il principio di conservazione della natura.
Vi è, dunque, una totale divergenza di interessi, che si concretizza in incomunicabilità, tra l’uomo, alla ricerca della felicità, e la natura, che, incuriosita dalle sue creature, persegue il proprio disegno.
Ciò è evidente nel momento in cui il dialogo dell’islandese viene interrotto bruscamente da un finale ambiguo, rappresentato da una parte dall’arrivo dei leoni e dall’altra da una tempesta, che pone fine alla vita del protagonista, ed è simbolo della voracità della natura e dell’inflessibilità del ciclo meccanicistico.
In definitiva Leopardi si serve delle parole della natura e dell’islandese per esprimere la propria concezione pessimistica, che riguarda il rapporto tra l’intera umanità e il mondo, di cui è emblema il dialogo.
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