Nel giugno del 1815, con la fine del congresso di Vienna, l’Europa vedeva i propri confini ridisegnati, al termine degli eventi che avevano visto continue mutazioni, da un punto di vista geo-politico, che erano cominciati con la rivoluzione francese, ed erano terminati con le guerre napoleoniche. Il congresso di Vienna aprì la fase storica nota come Restaurazione, intesa nel senso di ripristino delle condizioni di potere assoluto, antecedenti alla rivoluzione francese, nei principali stati europei. Le misure adottate in quella sede, però, furono decisamente anacronistiche, totalmente distaccate dal contesto storico e dai cambiamenti sociali che avevano attraversato l’Europa nei precedenti venticinque anni. La rivoluzione francese, infatti, aveva in realtà sconvolto gli equilibri che il congresso ristabiliva: erano, in primo luogo, le popolazioni europee – in particolar modo la classe borghese (che aveva ottenuto negli ultimi anni notevoli conquiste) e in generale chiunque avesse posizioni politiche democratiche, considerate all’epoca radicali – a non essere disposte al vero e proprio passo indietro che la nuova geografia politica del continente gli chiedeva. Tutto questo contribuì a creare un clima di agitazione ma allo stesso tempo anche di grande fiducia e determinazione politica, una fase storica fatta di grandi aspirazioni e ideali, che sfociò nei moti del 1848.
Le agitazioni, in realtà, sembravano già dalla fine degli anni Trenta pronte a scoppiare nella maggior parte dei paesi europei, ma fu la crisi economica e la conseguente recessione del 1946/47 a trasformarsi nella scintilla decisiva per lo scoppio dei moti. Moti la cui diffusione in Europa partì in realtà proprio dall’Italia, e precisamente dalla Sicilia, dove a seguito di un’agitazione rapidamente cresciuta nel mese di gennaio, i Borboni furono costretti a concedere alla popolazione una costituzione. L’esempio fu seguito a stretto giro da altri sovrani italiani, preoccupati dalle pressioni dei movimenti politici che si stavano rafforzando, movimenti di stampo essenzialmente liberale e borghese. Carlo Alberto di Savoia, per esempio, ammodernò i codici e il sistema amministrativo, oltre a concedere possibilità maggiori nell’ambito della libertà di stampa. Anche in Toscana ci fu l’abolizione della censura, da parte di Leopoldo II, e in generale tutti questi sovrani, così come il Papa Pio IX, concessero in tempi piuttosto rapidi una costituzione alle loro popolazioni.
Il fermento democratico-liberale, intanto, stava attraversando tutta l’Europa, e giunse a Parigi, che diventò ancora una volta il fulcro di un importante movimento rivoluzionario. Nel febbraio del ’48, infatti, una volta che gli oppositori al re Luigi Filippo d’Orleans ebbero solidarizzato, dopo essere scesi in piazza, con la Guardia Nazionale, il re fu costretto ad abbandonare Parigi. La città passò sotto il controllo di un governo provvisorio formato da democratici, repubblicani e socialisti: il governo si pronunciò subito a favore della proclamazione della repubblica e di una costituzione. Poco tempo dopo, ancora in Italia, la Primavera dei popoli (nome con cui si è soliti accomunare tutti i moti avvenuti nel biennio tra il 1848 e il 1849) arrivò a Milano. Nel mese di marzo, la città lombarda si liberò, al termine delle sanguinose “cinque giornate” dal dominio austriaco, costituendo un vero e proprio precedente per la prima guerra di indipendenza italiana. La rivolta milanese, infatti, fu appoggiata dopo un primo momento di esitazione anche dallo stesso Carlo Albeto di Savoia, il quale, approfittando anche della ritirata austriaca, decise di dichiarare guerra all’impero.
Una buona parte degli storici, in realtà, si pone nei confronti dei moti del ’48 in maniera abbastanza critica. Gli eventi che seguiranno le rivolte, infatti, andranno spesso in tutt’altra direzione rispetto alle richieste e alle conquiste (molto spesso di breve durata) ottenute dalle popolazioni europee. Se è vero, d’altronde, che in Austria dopo i moti del ’48 venne abolito il feudalesimo, e che in Russia fu cancellata la servitù della gleba, è anche vero che la maggior parte delle costituzioni che furono concesse alle popolazioni europee vennero in tempi relativamente brevi, revocate. Fu forse proprio in Italia, in realtà, che i moti ebbero una rilevanza politica maggiore, dal momento che (così come avvenne in Germania) assunsero il ruolo di apripista politico per un processo risorgimentale che culminò, dopo un sanguinoso e lungo cammino, nella conquista dell’indipendenza del Paese.
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