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Tema su Falcone e Borsellino

Tema svolto su Falcone e Borsellino: chi erano i due magistrati, le circostanze che ne hanno portato alla morte e riflessioni sulla tragica vicenda.

La riflessione sulla mafia è spesso imprescindibile da due figure fondamentali nella storia della lotta contro la mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ecco per voi un tema svolto su Falcone e Borsellino, la lotta alla mafia e la strage di Capaci, da cui potete prendere spunto per la scuola. Continuate a leggere per poter accedere al tema svolto

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TEMA SVOLTO SU FALCONE E BORSELLINO: INTRODUZIONE

 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano due colleghi, due magistrati, due amici e quello che li ha uniti nella vita, la lotta senza quartiere alla mafia, li ha uniti nella morte quando prima l’uno e poi l’altro (a 57 giorni di distanza) vennero uccisi da Cosa Nostra. I loro nomi ricompaiono nel ricordo così sempre insieme e insieme ricordano agli italiani che c’erano, ci sono e ci saranno sempre persone che si batteranno per la legalità, i diritti e contro la sopraffazione da parte del più forte.

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TEMA SU FALCONE E BORSELLINO: SVOLGIMENTO

 A mettere insieme questi due formidabili magistrati fu il giudice Antonino Caponnetto cui va il merito di aver istituito un “pool antimafia”, un gruppo cioè di giudici che si sarebbero occupati solo dei reati di stampo mafioso, ispirandosi alla strategia che a Torino veniva utilizzata per combattere il terrorismo. Grazie al lavoro del pool, nel quale erano presenti altre tre giudici oltre a Falcone e Borsellino, si arrivò al più grosso processo per mafia che il nostro paese abbia mai visto, il famoso Maxiprocesso di Palermo, nel quale erano imputati 460 mafiosi.

Il processo chiamò in causa talmente tanti nomi mettendo in luce l’esistenza di una rete articolatissima e vicina alla politica e per questo motivo incorse in diversi problemi nel corso dei tre gradi di giudizio, incluso l’assassinio di un giudice, Antonino Saetta, che avrebbe dovuto presiedere al processo d’appello e che era noto per il suo rigore morale. Una volta terminato il processo non solo i metodi intimidatori dei mafiosi ma anche quelli calunniatori dei colleghi (chi più, chi meno, influenzati dalla mafia) riuscirono non solo a far sì che il pool antimafia si sciogliesse ma a minare la figura di Giovanni Falcone, che si trovò a essere isolato e accusato di aver manipolato fatti e prove: Falcone, al quale spettava la carica di consigliere istruttore che era stata di Caponnetto, venne scavalcato da un altro giudice che smantellò in breve tempo i metodi del “pool”, rendendolo inutile e costringendo di fatto chi ne aveva fatto parte ad andarsene.

Falcone continuò a portare avanti la lotta alla mafia, nonostante il fatto che molti colleghi gli sbarrassero la strada e la politica cominciasse a indicarlo come uomo non così retto come si sosteneva, e nel 1989 la mafia tentò il primo attentato, finito nel nulla forse per un guasto al detonatore collegato al tritolo che i mafiosi avevano nascosto tra gli scogli dove il giudice era solito fare il bagno in vacanza. Nel 1992, mentre percorreva l’autostrada dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, la macchina del giudice (in cui viaggiavano Falcone, la moglie e un uomo della scorta) e una delle due macchine della scorta vennero fatte saltare in aria con 1000 kg di Tritolo all’altezza dello svincolo per Capaci con un’esplosione tale da aprire una voragine nella strada e far atterrare la prima macchina (quella della scorta) in un giardino a più di dieci metri di distanza: gli uomini della scorta morirono sul colpo, Falcone e la moglie moriranno invece in ospedale a causa delle gravissime lesioni riportate nello schianto della macchina contro il guard rail.

Dopo l’assassinio di Falcone le misure di sicurezza nei confronti di Paolo Borsellino aumentarono e Borsellino in un’intervista ammette da un lato che la restrizione della sua libertà personale lo soffoca e fa soffrire la famiglia e dall’altro di essere in pericolo ma aggiunge anche che la morte dell’amico di una vita può avergli tolto l’entusiasmo per il lavoro ma gli ha dato anche una grande rabbia, che gli permette di andare avanti a farlo, consapevole del fatto che ci devono essere persone che si assumano queste responsabilità. Purtroppo anche lui, come Falcone, poco dopo verrà ucciso (sempre con il tritolo, questa volta piazzato davanti alla casa della madre di Borsellino) e alla sua morte si legherà un altro mistero, quello della famosa “agenda rossa” sulla quale il giudice stava trascrivendo i suoi appunti relativi ai legami tra la mafia e l’ambiente industriale del nord Italia.

TEMA SU FALCONE E BORSELLINO: CONCLUSIONI

 Falcone e Borsellino erano due giudici, forse due eroi, di sicuro due uomini. Due uomini che insieme ad altri uomini e donne hanno combattuto contro la criminalità organizzata finendo con il perdere la vita, schiacciati da ingranaggi molto più grossi di loro, ingranaggi che hanno i loro meccanismi di avviamento in sale diverse e lontane dalle strade nelle quali queste persone poi trovano la morte.

Quanto anticipato da Borsellino si è rivelato essere tristemente vero: il legame tra la politica e la mafia è presente e molto solido e continua a fare vittime in un modo o nell’altro. Ma se è vero che la mafia (e la camorra, e la sacra corona unita) sono endemiche del nostro paese e che non arriveremo mai al giorno in cui non esisteranno più è vero anche che è possibile tagliare le gambe alla mafia perché il fatto che si sia difesa e si difenda in modo così sanguinoso testimonia una sola cosa: anche questo mostro ha paura e ha paura che a ucciderlo saranno quegli ideali che rendono l’essere umano degno di stare al mondo.

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