"Dalla più tenera infanzia, ho la viziosa tendenza di considerarmi diverso dai comuni mortali. Anche questo sta per riuscirmi" (S. Dalì).
Quest'anno è un anno da ricordare per Salvador Dalì: sono passati 110 dalla sua nascita e ricorre il 25° anniversario della sua morte. Il grande artista spagnolo nasce l’11 Maggio del 1904 a Figueres, in Catalogna e muore all’età di 85 anni, il 23 Gennaio del 1989. Durante la sua lunga carriera artistica è stato un grande pittore, scultore, scrittore, designer, pubblicitario, cineasta, ma soprattutto il più importante esponente del Surrealismo, movimento culturale nato nei primi decenni del Novecento, dalle teorie del poeta Andrè Breton. Salvador Dalì era un uomo dalla vita eccentrica: nel 1922, a soli 18 anni, l’artista va ad abitare presso la casa dello Studente di Madrid, perché studia presso l’Accademia delle Belle Arti. Fin da allora, Dalì inizia a distinguersi dagli altri compagni e colleghi di studio, cercando di attirare l’attenzione su di sè. Ama usare degli atteggiamenti da eccentrico Dandy. Si fa crescere sia i capelli, che le basette lunghe e si veste con giacche e calzoni tipici alla zuava, imitando gli “Esteti” inglesi della fine del XIX Secolo. Ma sono soprattutto le sue prime opere a richiamare l’attenzione. Nel 1924, Dalì realizza delle illustrazioni per un libro di un suo compagno di studi. All’Accademia conosce tra gli altri, Pepin Bello, Luis Bunuel e Federico Garcia Lorca. Nel 1926, viene espulso dall’Accademia per indegnità. L’anno successivo si reca a Parigi dove viene in contatto con il vivace ambiente intellettuale della capitale francese. Qui conosce Pablo Picasso, Juan Mirò, André Breton e il poeta Paul Eluard. È il momento di maggior vitalità del movimento surrealista e Dalí ne viene subito coinvolto. Gli artisti surrealisti ritengono molto importante quello che è il mondo dei sogni, influenzati anche dal grande successo avuto da Freud con il suo libro, “Interpretazione dei sogni”, in quello stato onirico in cui ogni essere umano è al confine tra la veglia e il sogno. La caratteristica principale e comune a tutte le manifestazioni surrealiste è la critica radicale alla razionalità cosciente e la liberazione di tutte le potenzialità immaginative dell’inconscio per il raggiungimento di uno stato conoscitivo “oltre” la realtà, appunto Sur-realtà. Il surrealismo è la porta di accesso a tutto ciò che sta oltre quello che si vede. Dalì vede nelle teorie del movimento surrealista, la possibilità di far emergere la sua dirompente immaginazione: rotti i freni inibitori della coscienza razionale, la sua arte riporta alla superficie tutte le pulsioni e i desideri inconsci, dando loro l’immagine di allucinazioni iperrealistiche. Nel 1929, Dalì dipinse il suo primo quadro surrealista: «Il gioco lugubre». In esso appare in primo piano una figura maschile di spalle con mutande sporche di escrementi. Questo particolare suscitò notevole sconcerto tra gli altri surrealisti decretando già le prime distanze tra Dalí e il gruppo di Breton. Sempre al 1929, risale il suo legame con Gala Deluvina Diakonoff, moglie del poeta Paul Eluard. La donna fu prima amante e poi moglie di Dalí, divenendo la sua musa ispiratrice. Appare in numerosissimi quadri, per lo più nuda e sensuale, rappresentando nel mondo figurativo di Dalí uno degli elementi più certi del suo inconscio: la libido. In seguito la sua pittura tende a trovare una sinteticità più netta, in cui la concentrazione su pochi elementi permette al quadro di esprimere contenuti più chiari ed univoci. Ne rappresenta un esempio, un quadro come «La persistenza della memoria», dove Dalì crea una delle sue immagini più celebri: quella degli orologi deformi. In Dalí non esiste limite o senso della misura, così che la sua infinita fantasia, unita al virtuosismo tecnico, ne fanno il più intenso ed eccessivo dei surrealisti, al punto che nel 1934 viene espulso dal gruppo dallo stesso Breton. Il Surrealismo rappresenta per Dalí l’occasione per far emergere il suo inconscio, secondo il principio dell’automatismo psichico teorizzato da Breton, al quale attribuisce anche un nome preciso: metodo paranoico-critico. Le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dunque dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Da questo suo metodo nascono immagini di straordinaria fantasia, tese a stupire e meravigliare grazie alla grande artificiosità della loro concezione e realizzazione. Alcuni simboli ricorrenti nelle opere di Dalì sono l’uovo, che per l’artista rappresenta il nido e quindi la casa, il duro e il morbido o molle, due simboli ricorrenti, esempio gli orologi molli e le rocce di Cap de Creus, da dove ricava la base per i disegni.
Un simbolo è il marinaretto con il cerchio che rappresenta lui stesso, piccolo e perbenista, di fronte alle imposizioni e le convenzioni sociali, esempio quelle del sesso. Nel 1939, Salvador Dalì si trasferisce negli Stati Uniti, dove rimane per quasi un decennio. Rientrato poi in Spagna, oltre alla pittura, sperimenta anche nuove tecniche artistiche e di comunicazione mediatica: realizza opere utilizzando macchie d’inchiostro casuali, lanciate sulla tela ed utilizza anche le oloeografie. Nei suoi ultimi anni, giovani artisti come Andy Warhol, definiscono Dalí una delle più importanti influenze sulla Pop art. In quegli anni Dalí si interessa molto anche di scienze naturali, di matematica e geometria. Negli ultimi decenni della sua vita, egli ha continuato ad aumentare la sua fama di artista eccentrico, originale e a volte delirante, fino a diventare prigioniero del suo stesso personaggio: sempre più scostante, altezzoso e imprevedibile. Dalí si è spento a Figueras il 23 gennaio 1989, lasciando in tutti il ricordo di una personalità stravagante ed eccentrica, di un artista eccezionale, che ha saputo stupire e regalare intense emozioni con i suoi dipinti.
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