Tesina: Umanistica[br] Di: Vanessa S. [br] Tipo Scuola: Liceo Classico [br][br] [b]Abstract:[/b] [br]âA volte la gente paga con la propria vita per dire ad alta voce quello che pensaâ. Queste sono le parole profetiche pronunciate dalla giornalista Anna Politkovskaja che ha pagato con il prezzo più alto la sua ricerca di verità . 1. Biografia Anna Politkovskaja nasce a New York il 30 agosto 1958, figlia di due diplomatici sovietici di nazionalità ucraina di stanza presso l’ONU. L’ambiente familiare e lo status di diplomatici dei suoi le consentono alcuni privilegi, tra cui lâaccesso a materiale e a pubblicazioni proibiti in patria. Studia giornalismo all’Università di Mosca, dove si laurea nel 1980 con una tesi sulla poetessa Marina Cvetaeva, le cui opere all’epoca non circolavano con facilità . La sua carriera inizia nel 1982 al giornale moscovita âIzvestijaâ che lascerà nel 1992, lavora poi in diverse redazioni (tra cui importante è la permanenza dal 1994 al 1999 come cronista e responsabile della sezione âeventi eccezionaliâ dellâObÅ¡Äaja Gazeta) fino ad approdare nel 1999 alla âNovaja Gazetaâ. Fin da subito è inviata in zone di guerra, si reca in Cecenia una quarantina di volte a partire dal luglio di quell’anno, sostenendo le famiglie delle vittime civili, visitando ospedali e campi profughi, intervistando sia militari russi che ceceni. Per il suo impegno viene spesso minacciata di morte, è odiata dalle autorità locali e dal governo russo (questo è dovuto anche al fatto che nel periodo in cui lavora per la Novaja Gazeta pubblica alcuni libri fortemente critici su Vladimir Putin, sulla conduzione della guerra in Cecenia, Daghestan e Inguscezia), ostacolata nel suo lavoro dalle une e dall’altro, tenuta a distanza dai militari. Le prime minacce risalgono al 2001, dopo la pubblicazione di un articolo che ricostruiva le vicende relative alla sparizione dello studente ceceno Zelinchan Murdalov ad opera dell’OMON (i corpi speciali della polizia russa), la giornalista è costretta a fuggire a Vienna dopo aver ricevuto numerose e-mail minatorie attribuite a Sergei Lapin, l’ufficiale dell’OMON che aveva condotto direttamente l’arresto del giovane. Il ragazzo, aveva scoperto la Politkovskaja, era stato arrestato dalla squadra di OMON comandata da Lapin, portato in una caserma alla periferia di Grozny e lì in cella torturato a morte (picchiato alla testa con bastoni, sottoposto a ellettroshock e ad orrende sevizie). Il giorno dopo il corpo senza vita del ragazzo era stato portato fuori città anche se il cadavere non è mai stato ritrovato.
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