TESINA MATURITÀ SULLA MUSICA: ARGOMENTO E COLLEGAMENTI
Ho deciso di affrontare in questa tesi l’argomento “musica” non per il semplice e scontato motivo che essendo una musicista sono coinvolta “emotivamente” nella materia (o almeno non solo per questo) ma con l’obiettivo di sensibilizzare e illustrare, nella maniera consentitami, la magia, l’immediatezza, l’emozione, che l’arte dei suoni suscita al nostro animo.
D’altronde, chi può negare che il mondo che ci circonda è come un’immensa orchestra dalle infinite possibilità sonore guidata da un direttore sconosciuto? Una nota frase biblica, conosciuta da tutte le religioni esistenti, attesta: “All’inizio fu la parola” , e la parola non è forse un’espressione sonora? Partendo da un breve excursus storico esaminerò la musica e l’ubicazione che gli venne attribuita nel tempo andato tanto da poter abbracciare tutte le discipline culturali possibili.
TESINA SULLA MUSICA: Storia della musica dalle origini al Classicismo
Milioni e milioni di anni fa, quando il nostro pianeta era appena nato e l’Uomo non ne aveva ancora calcato il suolo, già esistevano le voci della natura che riempivano l’aria con i loro molteplici suoni dai timbri diversi. Gli uccelli cantavano all’ombra delle immense foreste; i giorni, le notti si susseguivano con il loro ritmo regolare e continuo; la grande armonia dell’universo governava ogni cosa. La musica, dunque, l’eterna musica della natura, fatta di suoni,ritmi, melodie, armonie e timbri, esisteva già.
Poi, dopo una lentissima e costante evoluzione, apparve l’Uomo: la sua unica forza era costituita dall’intelligenza che lo rendeva capace di comprendere l’ordine del mondo in cui viveva e di fabbricarsi i mezzi che gli avrebbero permesso di sopravvivere, ma anche, spesso, di prendere il sopravvento sulle forze ostili che lo circondavano. Egli modellò la propria voce imitando il grido degli animali che voleva attirare nei propri tranelli, studiò il ritmo delle stagioni per comprendere le abitudini degli uccelli migratori, per prevedere lo spuntare dei frutti selvatici, per fortificare i ripari per far fronte alle grandi tempeste, scrutò le leggi che governavano la natura per carpirle quei segreti che gli avrebbero permesso di rendere più agevole e sicura la propria esistenza. Nessuno può dire con certezza quali furono le prime manifestazioni musicali dell’uomo: si possono però fare congetture in base allo studio di popoli primitivi che ancora vivono nella nostra epoca: presso queste popolazioni la prima espressione musicale è il ritmo, che viene espresso con le mani, con i piedi, con i sassi, con gli utensili di lavoro. Il canto che spesso si accompagna a questo ritmo è fatto solamente di brevi sillabe gutturali, di grida inarticolate che sono espressione di sentimenti: gioia, dolore, paura, incitamento. Presso i popoli più antichi la musica veniva utilizzata prevalentemente nell’ambito di cerimonie religiose.
In Egitto, per esempio, i sacerdoti si tramandavano musiche sacre per accompagnare riti magici o propiziatori. La musica era considerata un dono prezioso degli dei, fonte magica di letizia e di serenità. Gli Ebrei attribuivano al canto un’enorme importanza nel campo spirituale. Sotto il regno di Davide le cerimonie erano imponenti e ad esse prendevano parte migliaia di coristi che accompagnavano il loro canto con degli strumenti musicali. L’esperienza ebraica, attraverso la produzione di salmi, crea le basi di quello che diventerà il canto gregoriano.
Anche gli Indiani coltivarono la musica fin dai tempi più antichi. Ebbero una musica religiosa e una profana destinata ad allietare i banchetti, per accompagnare le danze o le rappresentazioni teatrali.
Le civiltà più evolute come quella Greca tentarono di dare alla musica un’origine naturale e storica: i primi a formulare pensieri a riguardo furono Democrito ed Epicuro i quali affermavano che la molla che avrebbe introdotto l’uomo primitivo a emettere i primi suoni sarebbe stata l’imitazione dei suoni della natura e dei versi degli animali (questo pensiero verrà ripreso dal poeta latino Lucrezio nel De Rerum Natura, libro V° vv 1028-1029).
I Romani non ebbero uno stile musicale proprio, ma seppero piuttosto adattare, fondere e sviluppare gli stili delle diverse civiltà con le quali venivano a contatto. La musica fu però utilizzata da loro per rallegrare riunioni e intrattenimenti familiari, oppure per accompagnare le evoluzioni dei commedianti o per allietare i sontuosi festini dei patrizi.
Il cristianesimo primitivo, privo di una forte autorità centrale, ispirandosi a elementi musicali di aree diverse (Oriente, Africa, Europa) dà vita a liturgie differenti come il canto gregoriano, uno dei primi e più importanti forme dei canti religiosi, nato dall’unificazione liturgica portata a termine dalla Chiesa di Roma. Per circa un millennio costituì l’unica espressione musicale degna di rilievo; dopo l’anno Mille venne acquistando importanza anche la musica profana. Nell’intento di arricchire la struttura melodica del canto gregoriano, verso il X secolo, si compiono i primi esperimenti che consentiranno di gettare le fondamenta teoriche dalle quali poté svilupparsi la polifonia successiva. È l’inizio di una nuova era musicale caratterizzata da un tipo di canto in cui si sovrappongono più linee melodiche (due o più voci eseguono contemporaneamente differenti melodie formanti un insieme armonico).
Accanto alla musica religiosa, come si è accennato, si sviluppa una produzione musicale profana che, partendo dalla Francia dove i trovatori al sud e i trovieri al nord allietano le corti con melodie celebranti l’amor cortese, si diramerà in tutta l’Europa.
Mossi dal desiderio di far rivivere musicalmente l’antica tragedia greca, verso la fine del Cinquecento, a Firenze, un gruppo di letterati e musicisti si riunisce dando vita alla cosiddetta Camerata fiorentina.
La Camerata, partendo dallo sviluppo degli intermedi (intermezzi), momenti scenici e coreografici posti all’interno di una rappresentazione teatrale, porta a termine una vera e propria rivoluzione che, contro il polifonismo, rivaluta il discorso monodico dando vita al “recitar cantando”, linguaggio melodico di chiara e semplice comprensione.
Le forme della polifonia sacra (messe, mottetti) toccano in questo secolo un’alta perfezione, ma accanto a esse maturano anche quelle della polifonia profana. Nasce infatti una nuova forma di madrigale, dovuto alla fusione della frottola (canzone d’amore) con la polifonia dei maestri del tempo. Il testo, sotto l’influenza dei grandi poeti del Quattrocento e Cinquecento, diventa elegante e raffinato.
Questi drammi, totalmente sostenuti da uno scarso accompagnamento musicale e costruiti sul recitar cantando, sono le radici da cui si svilupperà successivamente il melodramma di Claudio Monteverdi (1567-1643), frutto della ricerca stilistica concentrata su una maggior aderenza della musica al senso del testo.
L’avvento dell’ideale barocco, nel XVII secolo, eleva la musica a disciplina eccelsa ponendola al centro di numerosi studi e trasformazioni (prima fra tutti lo sviluppo del melodramma monteverdiano) che conducono non solo alla nascita dell’opera, ma anche alle evoluzioni tecniche-strumentali.
La vita musicale europea tra Seicento e prima metà del Settecento gravita attorno alle grandi figure di Bach e di Händel, che incarnano splendidamente, sia nel carattere sia nella produzione, l’ideale barocco a cui tutti i compositori del tempo fanno riferimento.
A partire della seconda metà del Settecento si assiste a un rinnovamento totale dei valori artistici barocchi che culmina in quello che verrà definito periodo classico.
Massimi esponenti di questa nuova corrente musicale, caratterizzata dal trionfo della forma sonata e della moderna sinfonia, sono Haydn e Mozart che più di altri comprendono il bisogno di equilibrio artistico, inteso come supremo ideale compositivo, e la necessità di riconquistare quelle regole fisse spazzate via dagli sconvolgimenti barocchi. Con l’avvento del Classicismo veniva esclusa dall’opera seria ogni intrusione buffa, il comico deve trovare una propria forma d’espressione.
Nasce così l’opera buffa, genere musicale destinato a irrompere violentemente nel panorama musicale di fine Settecento. Caratterizzata da storie intricate e personaggi schietti.
Contrariamente a quanto succede negli altri Paesi europei, in Italia il passaggio fra Classicismo e Romanticismo non avviene in modo secco e definito. Utilizzando melodie arricchite da un’orchestrazione ricca e importante, la musica italiana, cui tutti si ispirano, è la prima a dare libera espressione alle proprie emozioni.
Pionieri di questa rivoluzione sono Cherubini, di cui Beethoven riprenderà certi slanci emotivi, e Clementi, che approfondisce in maniera sensazionale le capacità espressive del pianoforte, strumento principale della prossima esplosione romantica.
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