TOMMASO DA MODENA. Tommaso Barisini detto da Modena (1326 – 1379) fu un pittore, e minatore italiano, figlio di un altro pittore
Scarse sono le notizie sulla sua attività giovanile, cui appartengono comunque alcuni affreschi nel Duomo di Modena e due notevoli tavolette a Modena e a Bologna.
Con molta probabilità ebbe spunti importanti sai dalla pittura senese di Simone Martini sia dagli artisti che in modo espressivi avevano lavorato per i dipinti di San Petronio a Bologna. In genere è comunque sostenuto che l’artista fu particolarmente influenzato da Vitale di Bologna.
Le opere più significative di Tommaso sono invece a Treviso dove comunque ebbe contatti con gli artisti che già operavano nella zona.
Molto importante infatti è la sua attività a Treviso, realizzatasi in varie riprese: a una prima fase (1352) risalgono 40 ritratti di domenicani nella sala capitolare del Convento di San Nicolò (San Gerolamo, Sant’Agnese ecc.). Con questi affreschi, realizzati talora con atteggiamento laico, il pittore documentò i domenicani più illustri: da Domenico di Guzman a Tommaso d’Aquino. In uno di questi riquadri è riprodotto, probabilmente per la prima volta in pittura, un personaggio che usa gli occhiali. Fra gli altri personaggi sono ricordati anche Sant’Alberto Magno, un pontefice ed alcuni prelati non italiani. Poco più tardi Tommaso realizzò, sempre nella città veneta e per la chiesa di Santa Maria Margherita, gli affreschi dedicati alle (Storie di Sant’ Orsola, 1360 – 66). Quest’opera pittorica è considerata la migliore opera pittorica di Tommaso. In questi dipinti l’artista prese spunto dal tema della “Leggenda Aurea” (una raccolta di storie di Santi scritta da Jacopo da Varagine).
Nelle pause del suo impegno a Treviso, Tommaso ebbe comunque un’importante committenza dal re di Boemia (Carlo IV). Sono quindi attribuiti al pittore modenese alcuni dipinti ora conservati nella chiesa del castello di Karlstein poco distante da Praga.
Al soggiorno Boemo gli sono stati attribuiti un trittico (1356 circa) e un dittico, entrambi firmati, di grande importanza per gli sviluppi della locale pittura trecentesca. Il trittico raffigura una Madonna e Bambino tra San Palmazio e San Venceslao e un’altra Madonna.
Il suo rapporto con la Boemia, secondo alcuni storici, influenzò altri artisti locali (non escluso pare il Magister Theodoricus).
Altre opere attribuitegli sono conservata a Baltimora, Treviso, Verona e Modena, un interessante dipinto dell’artista è infine nel Museo di Castelvecchio.
Formatosi a contatto con Vitale da Bologna e i minatori bolognesi, nelle opere giovanili Tommaso ne trasferì in grandi dimensioni il pungente realismo; più tardi, l’influenza giottesca, la rinnovata conoscenza di Vitale da Bologna e qualche contatto con la cultura senese (ad Avignone o a Karlstein) attenuano la crudezza della rappresentazione, che si mantiene vivace, spontanea e carica di osservazioni naturalistiche, ma si arricchisce di un colorismo più fluido e di una più cordiale vena narrativa. Queste caratteristiche fanno di Tommaso uno dei più tipici rappresentanti della cultura trecentesca padana.
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