Nell’ambito della natura le cose composte di materia e forma sono generate da agenti, che a loro volta sono composti di materia e forma. Ciò vale anche per l’uomo? L’uomo, secondo Tommaso, ò costituito di anima e di corpo: anche il corpo fa parte dell’essenza dell’uomo. Per questo aspetto egli riprende l’insegnamento aristotelico e si differenzia dalle forme di platonismo, che identificano l’essenza dell’uomo con la sola anima. Sulla linea di Aristotele, Tommaso considera l’anima forma del corpo, ma ritiene che, a differenza delle altre forme, l’anima razionale ha la prerogativa di essere separabile dal corpo. Se ò così, allora essa non può venire all’essere allo stesso modo delle altre forme; ciò significa che l’anima razionale di un nuovo essere umano non può essere prodotta o trasmessa dal seme nell’atto della procreazione. Per venire all’esistenza l’anima razionale richiede l’intervento di un agente causale superiore ai genitori e più potente di essi: ò Dio stesso, che crea l’anima dal nulla. Ciò non significa che Dio crei l’anima fuori dall’embrione e in seguito la immetta in esso, Dio piuttosto crea l’anima direttamente nel corpo. In tal modo l’anima risulta individuata dalla materia particolare nella quale ò creata. Tommaso respinge la dottrina francescana dell’ilomorfismo universale, secondo la quale anche nell’anima c’ò una materia. Per Tommaso l’anima ò forma della materia, ma non forma materiale e quindi non emerge dalla materia, nella quale sarebbe contenuta potenzialmente: essa ò invece creata direttamente da Dio. L’unione dell’anima e del corpo costituisce la persona umana. Contrariamente alla dottrina della pluralità delle forme, sostenuta dai pensatori francescani, Tommaso ritiene che un composto non può avere più di una forma sostanziale: nel caso dell’uomo la forma sostanziale unica ò l’anima intellettiva, la quale, come già aveva mostrato Aristotele, assorbe in sè e svolge anche le funzioni inferiori, e precisamente quella sensitiva, comune anche agli altri animali, e quella vegetativa, comune anche alle piante. Grazie all’anima intellettiva, invece, l’individuo fa parte della specie dell’uomo. Secondo Tommaso il processo della conoscenza umana può essere spiegato tenendo conto di questa connessione tra anima e corpo. Proprio in quanto l’anima propria dell’uomo ò legata ad un corpo, la conoscenza umana non può prescindere dai sensi e non può che partire dall’esperienza sensibile, questa consente di avere la percezione delle singole entità sensibili, ma non ò ancora la conoscenza vera e propria, che ha invece per oggetto le forme, le quali sono universali, non individuali. La conoscenza vera e propria ò raggiunta unicamente dall’intelletto, ma soltanto partendo dai contenuti ottenuti mediante la percezione sensibile. In ciò si condensa il principio sostenuto da Tommaso che ” nulla ò nell’intelletto che prima non sia stato prima nel senso ” ( nibil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu ). Senso e intelletto non costituiscono due vie distinte della conoscenza umana aventi per oggetto la prima le cose sensibili e la seconda le cose intelligibili, come sosteneva la tradizione platonica e agostiniana, rimessa in vigore dai pensatori francescani. Senso ed intelletto costituiscono invece due momenti essenziali di un unico processo conoscitivo, ma mentre i sensi percepiscono entità individuali, nelle quali la forma ò unita alla materia, l’intelletto, in quanto forma del corpo, può conoscere le forme intellegibili delle cose soltanto in quanto si trovano potenzialmente nelle cose stesse ( in re ). Per questo aspetto la posizione di Tommaso si distingue nettamente dal platonismo, che ritiene che le forme o idee esistano di per sè. Per Tommaso invece le forme intellegibili o universali esistono prima delle cose ( ante rem ) soltanto nella mente divina, come modelli di esse. Tali forme non esistono nell’intelletto umano, ma esso può arrivare a conoscerle, in base al principio che ” l’oggetto conosciuto ò nel soggetto conoscente in conformità al soggetto conoscente ” ( cognitum est in cognoscente per modum cognoscentis ). Ciò significa che l’intelletto può conoscere soltanto le forme intelligibili delle cose, gli universali, non le cose nella loro individualità ma. Allo stesso tempo, può arrivare a conoscere gli universali soltanto partendo dalle cose individuali, nelle quali essi si trovano potenzialmente. Secondo Tommaso, questa conoscenza ò possibile mediante un’operazione intellettuale detta astrazione, la quale consiste nel considerare la forma prescindendo dalla materia alla quale si trova di fatto connessa nelle cose individuali. La materia, infatti ò principio d’individuazione delle cose, cosicchè se si prescinde da essa, rimane appunto la forma. Tuttavia, l’operazione astrattiva riguarda soltanto la materia signata quantitate, ossia la materia caratterizzata da determinate dimensioni, non la materia in generale; altrimenti, l’intelletto umano non potrebbe riconoscere che l’uomo, non soltanto quel singolo uomo, ò costituito anche di materia, cioò dalle ossa, le carni e così via. Conoscendo la forma intellegibile l’uomo conosce l’essenza della cosa: su questa base si fonda la verità della conoscenza intellettuale; essa ò definita da Tommaso come adeguazione della cosa e dell’intelletto ( adaequatio rei et intellectus ). L’intelletto ò nella verità in quanto si conforma alla cosa: esso fa tutt’uno con il proprio oggetto, che ò la forma della cosa. L’intelletto umano, infatti, ò indeterminato se non intende un oggetto: il pensiero ò tale se ò di qualcosa. Esso non può quindi avere coscienza diretta di se stesso, se non nell’atto in cui intende qualcosa. Le cose, a loro volta, si adeguano all’intelletto divino, che ò la verità suprema, la misura di tutto ciò che ò. Ma poichè in Dio essere e intendere fanno tutt’uno la sua conoscenza delle cose ò, al tempo stesso, causa di esse. Inoltre, mentre Dio conosce simultaneamente con un solo atto tutte le cose, l’uomo conosce le cose soltanto attraverso atti compiuti in successione nel tempo. Ciò significa che la conoscenza umana ò discorsiva, procede attraverso passaggi, formulando ragionamenti, i quali non sono altro che una successione e una concatenazione di atti di affermazione e negazione. L’ errore non nasce quando la sensazione e l’intelletto colgono gli oggetti che sono loro propri; esso nasce dalle operazioni che l’intelletto compie nell’ attribuire o negare proprietà ad una cosa e nel costruire ragionamenti. Esistono tuttavia cose che, secondo Tommaso, non possono essere conosciute direttamente dall’intelletto umano: sono le cose divine e Dio stesso, il quale eccede la natura e le capacità di esso. Ad una certa nozione di Dio e delle sostanze meramente spirituali, l’uomo può arrivare in questa vita soltanto indirettamente partendo dalla considerazione delle creature e delle attività della propria anima. Tale conoscenza non possiede la pienezza propria della visione diretta di dio che sarà possibile soltanto nella vita eterna. L’intelletto umano ò l’ intelletto possibile: esso non possiede già in atto la conoscenza delle forme intelligibili, ma ha la potenzialità di conoscerle. Per pensarle e conoscerle esso ha bisogno in questa vita di immagini provenienti dagli oggetti percepiti con i sensi e conservate nella memoria: su questa base si formano i concetti universali. Ma affinchè sia le forme intelligibili o universali, sia l’intelletto passino all’atto e, in tal modo, abbia luogo la conoscenza, occorre un principio che sia già in atto: esso ò l’ intelletto agente, da cui dipendono, secondo Tommaso, le operazione di astrazione, che consentono di conoscere tali forme o specie universali. Tommaso non identifica l’intelletto agente, come faceva invece la tradizione agostiniana, con ” la luce che illumina ogni uomo che viene al mondo “, di cui parla il Vangelo di Giovanni. Soprattutto egli si oppone alla tesi di Averroò secondo cui l’intelletto, anche quello possibile, ò una sostanza unica per tutti gli uomini ( NouV poihtikoV ). Gli averroismi sostenevano che, se l’intelletto ò immateriale ed ò capace di conoscere specie o forme universali, esso deve sussistere separatamente dalle immagini che conferiscono individualità ai contenuti della conoscenza umana, ma se ò separato dal corpo, e quindi dalla materia che ò principio d’individuazione, esso non può essere che unico per tutti. Ciò che, secondo Tommaso, la tesi averroistica non riesce a spiegare ò come sia possibile che ogni singolo uomo ( hic homo ) conosca. Infatti, se l’atto intellettivo fosse unico, ossia dovuto ad un intelletto unico per tutta la specie umana, non ci potrebbero essere due uomini distinti che compiono quell’atto, e qualora due o più individui conoscessero contemporaneamente la stessa cosa, essi verrebbero a coincidere in un unico atto intellettivo; ma dall’esperienza risulta che ciascun uomo conosce, altrimenti, se non fossimo in grado di conoscere, non ci porremmo neppure il problema sul conoscere e sull’intelletto. La conclusione di Tommaso ò che l’anima intellettiva dell’uomo ò forma sostanziale propria di ogni individuo e pertanto non ò unica nella sua specie, ma può trovarsi moltiplicata nei singoli individui. L’intelletto possibile e l’ intelletto agente appartengono dunque entrambi all’anima individuale umana; ma in quanto ò capace di funzioni, come il pensare, che sono immateriali e vanno oltre le funzioni puramente corporee, l’anima ò forma pura e pertanto separabile dal corpo e immortale. La tesi averroistica dell’unicità dell’intelletto conduceva, invece, alla negazione dell’ immortalità personale e, quindi, dell’esistenza di un premio o di un castigo eterno. Gli averroisti, infatti, obiettavano che, se l’anima fosse individuale grazie al corpo, allora quando il corpo si corrompe, anch’essa cesserebbe di esistere come individualità . A ciò Tommaso risponde che la materia, ossia il corpo, può corrompersi, perchè la forma può separarsi da essa; ma la forma, ossia l’anima che ò appunto forma sostanziale di un corpo, non può separarsi da se stessa e, dunque, non può corrompersi. Inoltre, l’intelletto umano, pur dipendendo in questa vita dalla sensazione, perviene alla conoscenza di forme universali, le quali non subiscono limitazioni da parte della materia. Così, per esempio, le nozioni universali delle figure geometriche, che l’intelletto umano può conoscere, non sono limitate alle figure particolari che si presentano nell’esperienza sensibile. Ciò significa, secondo Tommaso, che le operazioni intellettuali dell’uomo, in quanto colgono gli universali, sono separate dalla materia, e allora può sussistere separato dalla materia anche il principio di queste operazioni, ossia l’anima intellettiva: in quanto priva di materia e separabili da essa, l’anima ò capace di sussistere indipendentemente da essa e quindi ò immortale e incorruttibile. Quando con la morte ò separata dal corpo, l’anima razionale conserva la propria individualità , anche se da sola essa non costituisce l’integralità della persona umana. Il corpo infatti, le ha impresso come un’impronta, da cui risulta differenziata da tutte le altre anime. Proprio per questo ò necessaria la risurrezione finale, nella quale ogni anima riprenderà il proprio corpo, che verrà anch’esso coinvolto nella salvezza o nella dannazione.
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