Tommaso d'Aquino: Etica e politica - Studentville

Tommaso d'Aquino: Etica e politica

Etica e politica in Tommaso d'Aquino

Nella seconda parte della Summa theologica Tommaso affronta i problemi dell’etica e di quella che sarà  chiamata in seguito teologia morale. In realtà , per Tommaso la teologia ò una sola e anche l’etica ha il suo fondamento teologico nella nozione, rivelata nella Scrittura che l’uomo ò fatto a immagine e somiglianza di Dio. In quanto tale, l’uomo ò un essere razionale dotato di libero arbitrio e quindi responsabile delle proprie azioni. Secondo Tommaso la provvidenza divina non comporta un annullamento della libertà  umana: Dio ha prescienza dei cosiddetti futuri contingenti, ossia delle azioni dipendenti dalla libertà  umana, ma essa non può essere descritta come una conoscenza anticipata di quel che avverrà  in futuro. Dio infatti ò eterno e, quindi, conosce di conoscenza certa e infallibile le azioni future degli uomini in una sorta di eterno presente: egli vede simultaneamente in atto le azioni che invece per gli uomini rientrano nel futuro e risultano pertanto imprevedibili. Questo non significa che Dio predetermini e costringa l’agire degli uomini come una forza esterna, dal momento che nel disegno della provvidenza divina rientra anche il fatto che l’uomo agisce liberamente secondo la propria volontà , cosicchè proprio dal libero arbitrio dipende la presenza del male del mondo. Tommaso condivide la concezione agostiniana del male come mancanza di bene. Tutto quel che ò, ò bene ed ò bello. Il bello ò ciò che ò, in quanto produce piacere nell’ essere contemplato: i contrassegni di esso sono la perfezione, la proporzione e la chiarezza o splendore, le quali rendono piacevoli all’ uomo le cose e gli testimoniano che esse sono opera di Dio. Il bene, invece, ò l’ essere in quanto oggetto della volontà . Tra le cose esistenti sussiste una gerarchia di perfezioni, cosicchò le cose inferiori appaiono deficienti e quindi cattive rispetto alle superiori. Il male può assumere due aspetti. Esso può configurarsi come pena, ossia come mancanza o deficienza di forma o di qualche parte di una cosa; in tal caso, la cosa risulta priva della sua integrità : così avviene, per esempio, con la cecità . Ma la pena ò conseguenza della caduta dovuta al peccato originale e lo strumento di cui la provvidenza divina si avvale, per eliminare o correggere la colpa. La colpa o peccato, dunque, ò il male peggiore; anch’ essa consiste in una deficienza, che però riguarda l’ azione: si tratta di un’ azione non fatta oppure di un’ azione fatta, ma non nel modo dovuto: con essa l’ uomo sceglie deliberatamente il male. L’ uomo, infatti, ha un habitus naturale, ossia una disposizione a cogliere i princìpi morali, cioò che cosa ò bene e che cosa ò male, e in base a questi princìpi egli ò in grado di orientarsi verso il bene e fuggire il male. In questo consiste la sinderesi, che nell’ applicazione di questi princìpi generali alle azioni particolari si configura come coscienza. Da questo habitus si formano le virtù, le quali sono disposizioni costanti consolidate da una scelta ripetuta. Tommaso segue la partizione aristotelica delle virtù intellettuali e morali, ma riconduce queste ultime alle quattro virtù cardinali, ossia fondamentali: esse sono la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. Da sole queste virtù non sono sufficienti a condurre alla beatitudine eterna, che consiste nella visione diretta di Dio: l’ uomo infatti non può giungere ad essa con le sue sole forze naturali. Per tale scopo sono invece necessarie anche le cosiddette virtù teologali, che sono infuse nell’ uomo direttamente da Dio: esse sono la fede, la speranza e la carità . Il fine ultimo dell’ uomo ò la contemplazione di Dio. La filosofia, che ha il suo culmine nella filosofia aristotelica, indica il fine supremo nella contemplazione, ma non precisa che si tratta della contemplazione di Dio: ò la rivelazione a mostrare questo. Solo su Dio, infatti poggia la felicità  umana, perchò solo Dio, essendo il bene, può soddisfare completamente il desiderio umano di felicità : la volontà  umana tende necessariamente al bene massimo. La felicità  consiste dunque nella contemplazione di Dio, la quale sfocia nell’ amore e nella gioia. Ma questa visione beatifica di Dio ò un’ attività  dell’ intelletto: su questo punto Tommaso accetta la tesi della superiorità  della vita contemplativa, teorizzata da Aristotele nell’ ultimo libro dell’ Etica Nicomachea, ma a suo avviso, in questa vita ò raggiungibile soltanto un certo grado di felicità , maggiore se la condotta virtuosa ò accompagnata anche da beni esterni, dalla salute, da amici. La felicità  piena ò raggiungibile soltanto nella vita eterna: ma in tal caso essa dipende dalla grazia di Dio, ò un dono di Dio. Il riconoscimento della superiorità  della contemplazione rispetto alle opere esteriori conduce Tommaso ad attribuire una perfezione maggiore agli ordini religiosi dediti alla contemplazione rispetto a quelli attivi. Ma l’ illuminare ò ai suoi occhi qualcosa di più perfetto del semplice risplendere e pertanto la forma più alta di vita religiosa ò propria di chi dona i frutti della sua contemplazione attraverso la predicazione, l’ insegnamento e l’ ascolto delle confessioni. L’ ordine dei domenicani, che con la predicazione mira alla salvezza delle anime, raggiunge dunque una perfezione simile alla massima perfezione raggiunta dai vescovi. In tal modo, Tommaso si oppone agli argomenti avanzati dai maestri secolari contro il diritto degli ordini religiosi di predicare, insegnare, confessare ed elemosinare. Per i secolari la predicazione e la cura delle anime era di pertinenza dei vescovi e del clero, nè chi poteva lavorare doveva elemosinare. Su quet’ ultimo punto, essi intendevano colpire soprattutto i francescani, per i quali la povertà  ò massimo bene; per Tommaso, invece, soltanto la carità  ò essenziale alla perfezione. La riflessione etica di Tommaso trae alimento dall’ Etica Nicomachea di Aristotele. Così avviene anche per la sua riflessione politica: la Politica di Aristotele era stata completata da Guglielmo di Moerbeke e nel 1270 Tommaso ne intraprende lo studio e l’ analisi arrestandosi al secondo libro. Diversamente dalla tradizione agostiniana, Tommaso non pensa che lo Stato sia una condizione necessaria per tenere a freno l’ uomo dopo la caduta nel peccato. Per Tommaso, invece, il peccato originale non ha corrotto completamente la natura umana, anzi egli condivide con Aristotele la tesi che sia costruttivo della natura dell’ uomo l’ essere un animale politico o socievole. Alla società  politica ( civitas ), o alla persona che ha cura di essa, spetta il compito di ordinare le leggi, le quali hanno come proprio fine il bene comune. La politica ò la scienza concernente gli strumenti necessari per realizzare il bene più alto nell’ ambito delle cose umane. Esso ò il bene comune, in quanto ogni uomo ò per natura parte della comunità  e non può, sul piano delle cose umane, raggiungere il proprio bene se non come bene anche della comunità . La forma di governo che meglio consente di raggiungere questo obiettivo ò per Tommaso la monarchia. Essa infatti, come governo di uno solo, garantisce meglio l’ ordine e l’ unità  dello Stato: essa ò la forma che più assomiglia al governo divino del mondo. Le leggi stabilite dalla civitas, o dal principe in suo nome, sono leggi umane. La validità  e la bontà  di esse dipende dalla loro conformità  alla legge naturale. La nozione di legge naturale proviene a Tommaso da un’ antica tradizione di origine stoica, confluita negli scritti politici di Cicerone e nello stesso diritto romano. Essa consiste nell’ inclinazione al bene naturale comune a ogni creatura, in primis all’ autoconservazione, e agli atti insegnati dalla natura stessa, come l’unione di maschio e femmina e l’allevamento dei figli. Ma nel caso dell’uomo, avente natura razionale, essa consiste anche nell’inclinazione ai fini propri della natura razionale, come il vivere in società , la conoscenza della verità , ecc. Le leggi umane o positive derivano dalla legge naturale e consistono nella determinazione particolare delle cose alle quali si riferisce la legge naturale. Una legge positiva che non si conformi alla legge naturale non ò per Tommaso una vera e propria legge, ma soltanto un’imposizione arbitraria, che non può legittimamente pretendere obbedienza: ‘ Quando una legge ò ingiusta, disobbedire ò un dovere ‘, può tranquillamente affermare Tommaso. Il fondamento della legge eterna ò la ragione divina che governa tutte le cose. Rispetto ad essa Tommaso distingue la legge divina propriamente detta, la quale ò necessaria per indirizzare l’ uomo al suo fine soprannaturale, ossia alla beatitudine eterna. Mentre la legge eterna e, di conseguenza, la legge naturale che ne partecipa, può essere conosciuta dalla ragione umana, la legge divina può essere conosciuta soltanto grazie alla rivelazione da parte di Dio stesso. Lo stato può perseguire soltanto il bene comune nell’ ambito delle cose umane e su questo piano esso ò dotato di autonomia, cosicchò anche le organizzazioni statali di non cristiani hanno legittimità . Però lo Stato non ò di per sè in grado di orientare verso il superiore fine soprannaturale dell’ uomo, al quale mira invece la Chiesa fondata da Dio stesso. La conseguenza ò che il governo politico deve subordinarsi al governo religioso, proprio di Cristo e da lui affidato al suo vicario in terra, il Papa. Per Tommaso si tratta di una supremazia spirituale del papa rispetto a tutti i re della terra. Sarà  invece Tolomeo di Lucca, nelle sue aggiunte al De regimine principum, lasciato incompiuto da Tommaso, a interpretare in senso teocratico la dottrina di Tommaso, come supremazia del potere del papa anche nelle cose temporali.

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