Singula ne referam, nil non
mortale tenemus
pectoris exceptis ingeniique bonis.
En ego, cum caream patria uobisque domoque,
raptaque
sint, adimi quae potuere mihi,
ingenio tamen ipse meo comitorque fruorque:
Caesar in hoc potuit iuris habere
nihil.
Quilibet hanc saeuo uitam mihi finiat ense,
me tamen extincto fama superstes erit,
dumque suis uictrix
omnem de montibus orbem
prospiciet domitum Martia Roma, legar.
Tu quoque, quam studii maneat felicior usus,
effuge venturos, qua potes, usque rogos!”
Versione tradotta
Nulla abbiamo noi che non sia mortale, si tolgono i beni del cuore e del talento. Ecco, io sono privo della patria,
di voi, della mia casa, m'hanno strappato tutto ciò che potevano strapparmi, e tuttavia posso tenermi accanto il compagno di
sempre, il mio talento: su questo neppure Cesare ha potuto imporre il suo potere. Qualcuno potrebbe anche por fine alla mia
vita con la spada crudele, ma la fama resterebbe intatta dopo la mia morte; e finchè Roma, la città di Marte, guarderà
vittoriosa dai suoi colli il mondo a lei soggetto, continueranno i miei versi a essere letti.
- Letteratura Latina
- Tristia di Ovidio
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