Tristia, III, 3, 43-54 - Studentville

Tristia, III, 3, 43-54

Singula ne referam, nil non

mortale tenemus
pectoris exceptis ingeniique bonis.
En ego, cum caream patria uobisque domoque,
raptaque

sint, adimi quae potuere mihi,
ingenio tamen ipse meo comitorque fruorque:
Caesar in hoc potuit iuris habere

nihil.
Quilibet hanc saeuo uitam mihi finiat ense,
me tamen extincto fama superstes erit,
dumque suis uictrix

omnem de montibus orbem
prospiciet domitum Martia Roma, legar.
Tu quoque, quam studii maneat felicior usus,

effuge venturos, qua potes, usque rogos!”

Versione tradotta

Nulla abbiamo noi che non sia mortale, si tolgono i beni del cuore e del talento. Ecco, io sono privo della patria,

di voi, della mia casa, m'hanno strappato tutto ciò che potevano strapparmi, e tuttavia posso tenermi accanto il compagno di

sempre, il mio talento: su questo neppure Cesare ha potuto imporre il suo potere. Qualcuno potrebbe anche por fine alla mia

vita con la spada crudele, ma la fama resterebbe intatta dopo la mia morte; e finchè Roma, la città di Marte, guarderà

vittoriosa dai suoi colli il mondo a lei soggetto, continueranno i miei versi a essere letti.

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