Tra le ultime opere di John Stuart Mill va anche annoverato l’ Esame della filosofia di Sir William Hamilton, in cui sono esposte le più mature riflessioni milliane sul problema della conoscenza; William Hamilton aveva formulato una teoria della conoscenza nella quale la dottrina del ‘senso comune’, derivata dalla Scuola scozzese, veniva stranamente congiunta con sviluppi del trascendentalismo kantiano. Infatti, pur ritenendo che la conoscenza sia data dalla percezione immediata, egli sosteneva che l’oggetto percettivo non è la realtà come è in se stessa, bensì come è modificata dalla sua relazione con i nostri organi conoscitivi. Hamilton perveniva quindi all’affermazione della ‘relatività della conoscenza’. La realtà in sò, l’ Assoluto dal quale la conoscenza sensibile scturisce, è infatti completamente inconoscibile: di esso, si può soltanto affermare l’esistenza per mezzo di un atto di fede. Mill invece afferma, in accordo con la tradizione legata a Hume, che ‘ ogni nostra conoscenza è conoscenza di idee ‘, le quali non hanno nessun rapporto con una realtà estrinseca alla sfera della rappresentazione. L’intero processo conoscitivo si risolve dunque nell’ ‘ associazione di idee ‘, secondo quanto avevano insegnato, oltre allo stesso Hume, James Mill e Hartley. John Stuart Mill non nega però una relativa autonomia della realtà esterna rispetto alle nostre rappresentazioni mentali, sebbene la riconduca entro la nozione di possibilità : il mondo esterno infatti è ‘ il mondo delle sensazioni possibili che si succedono le une alle altre secondo una legge ‘. Analogamente, l’Io soggettivo non si risolve nella successione degli stati mentali, ma viene concepito come ‘possibilità permanente di sentimenti ‘.
- 1800
- Filosofia - 1800