Lucumo et Tanaquil amigrant Romam. Ad Ianiculum forte ventum erat; ibi Lucumoni carpento sedenti cum uxore aquila suspensis demissa leviter alis pilleum aufert, superque carpentum cum magno clangore volitans rursus, velut ministerio divinitus missa, capiti apte reponit; inde sublimis evolavit. Accepit id augurium laeta Tanaquil, perita, ut vulgo Etrusci, caelestium prodigiorum mulier. Complexa virum eum excelsa et alta sperare iubet: adfirmat enim eam alitem ea regione caeli et eius dei nuntiam venisse, circa summum culmen hominis auspicium fecisse, levavisse humano superpositum capiti decus ut divinitus eidem redderet. Has spes cogitationesque secum portantes urbem ingressi sunt, ubi domicilium comparaverunt et Tarquinium Priscum ediderunt nomen. Romanis conspicuum eum novitas divitiaeque faciebant; et ipse fortunam benigno adloquio, benevolis invitationibus beneficiisque adiuvabat, donec in Anci Marcii regiam quoque de eo fama pervenit. Et hanc notitiam brevi tempore apud regem in familiaritatem amicitiamque vertit, persecutus liberaliter dextereque officia quae rex ei mandaverat. Publicis pariter ac privatis consiliis bello domique intererat et per omnia expertus postremo tutor etiam liberis regis testamento institutus est.
Versione tradotta
Lucomone e Tanaquil emigrarono a Roma. Presso il Gianicolo c'era un forte vento; lì un'aquila sospesa scendendo lievemente portò via il pileo a Lucumone che era seduto sul carro con la moglie; e, volteggiando di nuovo sopra il carro con un grande stridore, come mandata a officiare una funzione per volontà divina, glielo riaggiustò bene sul capo; poi volò via, in alto. Tanaquil, felice, prese la cosa come un buon auspicio, da donna esperta di prodigi celesti, come gli Etruschi in genere. Avendo abbracciato il suo sposo lo esortò a nutrire speranze nobili ed elevate: affermò che quell'uccello era venuto da quella parte del cielo e come messaggera del suo dio, (affermò) che aveva dato un presagio riguardante il punto più alto delluomo, (affermò) che aveva sollevato l'ornamento posto sopra il capo umano per restituirglielo secondo il volere divino. Portando dentro di sé queste speranze e queste riflessioni entrarono in città, dove presero dimora e spacciarono il nome di Tarquinio Prisco. La sua origine oscura e le sue ricchezze lo rendevano in vista agli occhi dei Romani; e lui stesso favorì la sua fortuna attraverso il piacevole conversare e la prodigalità negli inviti e nelle elargizioni, finché la sua fama arrivò fino alla reggia di Anco Marzio. E questa fama per il re, in breve tempo, divenne familiarità e amicizia, poiché aveva svolto volentieri e degnamente i compiti che il re gli aveva affidato. Era presente allo stesso modo alle deliberazioni ufficiali e a quelle private, in tempo di guerra e di pace, e essendo stato messo alla prova in tutte le cose, infine fu nominato anche tutore dei figli del re per testamento.
- Letteratura Latina
- Lingua Magistra 2
- Versioni dai Libri di Esercizi