Cicero Attico sal.
Epistulam cum a te avide exspectarem ad vesperum, ut soleo, ecce nuntius pueros venisse Roma! Voco, quaero ecquid litterarum. Negant. «Quid ais?» – inquam – «nihilne a Pomponio?» Tamquam si perterriti essent voce et vultu, confessi sunt se epistulam accepisse, sed excidisse in via. Maestiores erant quam ut eos poena adficerem. Quid quaeris? Permoleste tuli; nulla enim abs te per hos dies epistula venerat quae inanis esset aliqua re utili et suavi. Nunc, si quid in ea epistula quam ante diem XVI Kal. Maias dedisti fuit historia dignum, scribe quam primum, ne ignoremus; sin nihil praeter iocationem, redde id ipsum. Cogito me venturum esse in Tusculanum, postea Arpinum, deinde Romam ad Kal. Iunias. Tametsi quereris de multis occupationibus tuis, cura ut te videamus aut in Formiano aut Antii aut in Tusculano. Epistulam superiorem restitue nobis et appinge aliquid novi.
Versione tradotta
Cicerone saluta Attico.
Mentre verso sera, comè mio solito, attendevo ansiosamente una lettera da parte tua (a te), ecco lannunzio che degli schiavetti (pueri) sono arrivati da Roma! Li faccio chiamare (quaero) e chiedo (se hanno) forse qualche lettera (per me). Rispondono di no. «Che cosa dici? - soggiungo (Non cè) niente da parte di Pomponio?». Benché spaventati dal tono della mia voce e dalla (mia) espressione, confessarono di aver preso in consegna una lettera, ma che era andata persa per strada. Erano più mesti che se li avessi puniti con un castigo. Che me lo chiedi a fare (lett. che cosa chiedi)? Lho presa davvero male; infatti in questi giorni non (mi) è giunta da parte tua una lettera che fosse priva di qualche spunto (aliqua re) utile e piacevole. Ora, se ciò (che hai scritto) nella lettera che hai consegnato il sedici aprile (lett. il sedicesimo giorno prima delle calende di maggio) è degno di essere tramandato ai posteri (lett. della storia), scrivi(mi) quanto prima, affinché non (lo) ignori; se (non cerano) altro che facezie (nel testo è singolare), concedimi il bis. Penso di andare nella (mia) proprietà di Tuscolo, poi ad Arpino, infine a Roma per le calende di giugno. Anche se ti lamenti delle tue molte incombenze, fa in modo di poterci vedere o nella villa di Formia o ad Anzio o nel fondo di Tuscolo. Ricostruiscimi la lettera precedente e aggiungi qualcosa di nuovo.
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