Valerio Flacco - Studentville

Valerio Flacco

[T2]La vita[/T]

Di Gaio Valerio Flacco Balbo (m. 90 ca d.C.) si sa quasi nulla: il

soprannome Setino lo indica forse originario di Sezze, cittadina nel Lazio; visse al tempo degli imperatori Flavi, ai quali

tributò elogi, e fece parte dei quindecemviri sacris faciundis, preposto cioè all’organizzazione dei ludi secolari e

all’interpretazione dei libri sibillini. La data di morte è testimoniata da Quintiliano. Non visse abbastanza a lungo per

portare a termine il suo capolavoro.
Il suo nome è legato alla composizione degli Argonautica.

[T2]Argonautica[/T]

L’ “Argonautica” (“Storie degli Argonauti”), iniziato verso l’80, venne interrotto bruscamente al libro VIII.
Narra

la mitica impresa nella Colchide per la conquista del Vello d’oro da parte degli Argonauti, tra cui Ercole, Peleo, Castore,

Polluce, Orfeo, al comando di Giasone. Nei primi cinque libri del poema si narrano le avventure degli eroi nel lungo viaggio

sulla nave Argo, l’arrivo in Colchide e il rifiuto del re Eeta di consegnare il Vello d’oro. Nel VI libro entra in scena

Medea, la figlia del re, che si innamora di Giasone e che con la sua magia rende possibile l’impresa. Il poema si interrompe

con Absirto, figlio del re della Colchide, che insegue Medea, Giasone e gli Argonauti. Proprio questa sottesa “ispirazione”

virgiliana spinge il nostro ad una poetica, come dire, “reazionaria”, nell’apparato mitologico e divino e nell’impostazione

edificante. Nei punti, invece, in cui egli segue da vicino il testo greco, la sua rielaborazione appare guidata dalla ricerca

dell’effetto, per ottenere il coinvolgimento emotivo del lettore.
L’elemento romano è rappresentato, se vogliamo, dal

tentativo del poeta di comparare l’impresa degli Argonauti a quella di Vespasiano che esplora i mari intorno alla Bretagna.

Più sensibilmente stoica di quanto non fosse già in Virgilio, è poi la presenza di Giove come provvidenza, aspetto per il quale

Flacco subiva l’influenza del pensiero contemporaneo. E’ evidente, inoltre, che il poeta ha conosciuto e apprezzato le

tragedie romane, in modo particolare, forse, quelle di Seneca. Come quest’ultimo, si mostra sensibile alla poesia “cosmica”

(le evocazioni del cielo stellato, dei venti, del mare sono introdotte non tanto come forme spettacolari, quanto come presenze

di forze naturali).
Discepolo dei poeti tragici, Flacco lo è pure nelle sue motivazioni “soggettive” e psicologiche (il che

fa pensare anche a Lucano), e nel dar valore all’eroe (Giàsone, ma anche Medea, ecc.) quale eroe “universale”, mentre

nell’ “Eneide” esso era collegato maggiormente al suo contesto religioso e sociale.
Questa poesia “riflessa” ed

elaborata – talora “manieristica” – rischia a volte di disperdersi sotto tali molteplici spinte, non sempre armonizzate: ma se

Flacco fallisce spesso nella creazione di strutture narrative articolate, al contrario riesce elegante e raffinato nel

particolare, nel dettaglio descrittivo, nella notazione appunto psicologica. Da tutto ciò, risulta un testo narrativo assai

difficile, spesso oscuro, che si caratterizza come estremamente dotto anche per quanto riguarda la sua destinazione di

pubblico.

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