Verrinae, V, 28 - Studentville

Verrinae, V, 28

Quo loco non mihi praetermittenda videtur praeclari

imperatoris egregia ac singularis diligentia. Nam scitote oppidum esse in Sicilia nullum ex iis oppidis in quibus consistere

praetores et conventum agere soleant, quo in oppido non isti ex aliqua familia non ignobili delecta ad libidinem mulier esset.

Itaque non nullae ex eo numero in convivium adhibebantur palam; si quae castiores erant, ad tempus veniebant, lucem

conventumque vitabant. Erant autem convivia non illo silentio populi Romani praetorum atque imperatorum, neque eo pudore qui in

magistratuum conviviis versari soleat, sed cum maximo clamore atque convicio; non numquam etiam res ad pugnam atque ad manus

vocabatur. Iste enim praetor severus ac diligens, qui populi Romani legibus numquam paruisset, illis legibus quae in poculis

ponebantur diligenter obtemperabat. Itaque erant exitus eius modi ut alius inter manus e convivio tamquam e proelio auferretur,

alius tamquam occisus relinqueretur, plerique ut fusi sine mente ac sine ullo sensu iacerent,–ut quivis, cum aspexisset, non

se praetoris convivium, sed Cannensem pugnam nequitiae videre arbitraretur.

Versione tradotta

E a questo punto non mi sembra giusto sottacere la nobile e originale attività di questo brillante generale. Sappiate

dunque che in Sicilia non c’è nessuna città, fra quelle dove i governatori abitualmente si fermano e tengono le sessioni

giudiziarie, nella quale non si scegliesse una donna appartenente a famiglia non certo di infimo rango per darla in pasto alla

sua lussuria. Si procedeva così: alcune di esse erano invitate pubblicamente a banchetto; invece quelle più riservate, se c’

erano, arrivavano a ore particolari per evitare la luce del giorno e le compagnie numerose. I banchetti inoltre non

rispettavano quel silenzio che è conforme alla dignità di un governatore e di un generale del popolo romano e neppure quella

decenza che solitamente regna nei conviti dei magistrati; ma si svolgevano nel clamore più assordante e fra gli schiamazzi più

scomposti; talora la situazione degenerava in una rissa e si veniva addirittura alle mani. Infatti questo governatore severo e

scrupoloso, che non si era mai sognato di obbedire alle leggi del popolo romano, ottemperava meticolosamente alle leggi che si

stabilivano nel bere. Ecco dunque come andavano a finire queste manovre: uno veniva portato via a braccia dalla sala del

convito come dal teatro di una battaglia, un altro veniva lasciato lì come un caduto sul campo, i più giacevano qua e là lunghi

distesi al suolo fuori di testa e privi di sensi, che se uno mai li avesse visti avrebbe creduto di assistere non al banchetto

di un governatore, ma alla battaglia di Canne della depravazione.

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