Nato ad Alfonsine il 19 febbraio 1754, muore a Milano il 13 ottobre 1828, godendo di larga fama sia in Italia che all'estero. È il poeta più significativo del Neoclassicismo italiano ed è uno degli scrittori su cui si appunta la critica moderna che cerca di mettere a fuoco un autore in possesso di una personalità che, accanto ad indubbie qualità artistiche e sitilistiche, presenta anche una scarsa interazione tra contenuti della poesia e contenuti politico-ideali. Questa scarsa interazione è dovuta secondo alcuni a un carattere timido e passivo, secondo altri a cinismo e ad atonia morale, secondo altri ancora a una chiara mancanza di impegno intellettuale che porta alla incapacità di cogliere gli aspetti fondamentali della storia del suo tempo insieme al valore e al significato morale e civile che la sorregge, dedicandosi alla creazione di immagini belle ed armoniose, spesso derivanti dalla mitologia classica anche quando si tratta di svolgere tempi tratti dalla più stringente attualità, ma che mai sono stimolanti ad affrontare le grandi passioni della vita quotidiana.
Dopo aver compiuto i suoi primi studi a Fusignano e nel seminario di Faenza, studia all'Università di Ferrara, interrompendo presto gli studi per dedicarsi alla "vocazione" letteraria. La sua attività si svolge in un periodo di profonde trasformazioni, dovute a fatti storici eccezionali, di cui le sue opere celebrano gli aspetti più appariscenti e suggestivi, senza scendere in profondità. Il Monti, nella convinzione che il poeta abbia il compito di decorare la realtà, che altrimenti rimarrebbe vuota e arida, celebra ed abbellisce i fatti del suo tempo; inoltre è sempre intento a non rimanere in ombra, pronto ad offrire ai suoi lettori motivi di interesse e di ammirazione.
Nel periodo romano (1778-1797) il Monti appare conservatore in politica e in letteratura, come il vero interprete del gusto aristocratico della società che gravita intorno alla corte papale. Svolge pertanto una poesia di occasione, decorativa, comunque quasi sempre priva di spunti lirici, lontana dai problemi sociali. Ciò appare in opere come La bellezza dell'universo, gli Sciolti al principe don Sigismondo Chili, la Bassvilliana, le tragedie (Aristodemo, Galeotto Manfredi, Caio Gracco).
Nel secondo periodo (1778-1815) cambiano i temi per effetto di una maggiore adesione ai fatti. Il fermento rivoluzionario, acutizzato dalla campagna napoleonica del 1796, allarma il Monti, il quale, abbandonata Roma il 3 marzo 1797, si trasferisce prima a Firenze e quindi a Bologna e Milano, operando un brusco cambiamento dei contenuti della sua opera poetica in senso anticattolico e democratico-rivoluzionario, come confermano i canti Il fanatismo, La superstizione, Il pericolo, e soprattutto Il Prometeo, in esaltazione di Napoleone. Per questa attività ricevette dai Francesi cariche ed onori. Al ritorno degli Austriaci fu esule in Francia, a Parigi e cantore infiammato dell'Italia liberata nella celebre canzone Bella Italia amate sponde, scritta al tempo della vittoria di Marengo. In questo periodo traduce la Pulcelle di Orleans di Voltaire e l'Iliade di Omero (1810) che testimonia una profonda conoscenza della classicità, e compone la Mascheroniana, la tragedia Gaio Gracco, l'azione drammatica Teseo musicata dal Paisiello, Il bardo della selva nera.
Con la caduta di Napoleone ed il ritorno degli Austriaci a Milano abbiamo l'ultimo atto del trasformismo montiano con l'esaltazione del nuovo regime. È la fase della Restaurazione, quella meno varia e che rappresenta il declino dell'autore, ormai vecchio e rattristato da lutti e delusioni familiari e tutto teso e impegnato particolarmente nelle polemiche letterarie, di cui è frutto, tra l'altro, il Sermone sulla mitologia, dove alle cupe immagini della fantasia nordica e romantica sono contrapposte quelle luminose delle favole classiche, nonché la Feroniade, opere a cui si aggiunge qualche componimento non privo di sincerità (es. Per il giorno onomastico della mia donna, Teresa Pickler).
Come poeta, il Monti difetta di autenticità, anche se è convinto quando celebra fatti grandi. I suoi pregi essenziali sono la fantasia esuberante e l'eleganza, che fu per lo più imitata dai primi poeti dell'Ottocento.
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- Letteratura Italiana - 600 e 700