Alcmeone visse a Crotone alla fine del sesto secolo a.C. nel contesto pitagorico; bisogna subito specificare che non fu un vero e proprio pitagorico, in primo luogo perchò elaborò, sì, come i Pitagorici l’idea delle coppie di principi, ma a differenza di essi sceglieva le coppie a caso (e i contrari per lui erano più qualitativi che quantitativi), senza ricorrere a un criterio sistematico. Anche come idee politiche pare che differisse dai Pitagorici, che erano aristocratici: Alcmeone fu fiero sostenitore del regime democratico. Aristotele stesso ce lo presenta come un pitagorico “confusionario” e meno rigoroso. Alcmeone effettuò interessanti considerazioni sull’uomo e fu molto interessato alla medicina (lui stesso era medico). Tra le varie sue dottrine, tre sono le più importanti: 1), strettamente legata alla dottrina pitagorica, era la concezione di salute e malattia: per elaborare questa teoria, egli studiò accuratamente il corpo umano e lo interpretò in analogia con il funzionamento della politica: per lui infatti malattia e salute corrispondevano a due precise situazioni politiche. La salute corrispondeva alla democrazia (più in particolare Alcmeone parla di “isonomia”, uguaglianza di leggi), mentre la malattia alla monarchia. Come nel corpo si ha la salute quando c’ò un equilibrio tra gli organi, così nella politica per Alcmeone c’ò la democrazia quando tutte le parti sono in equilibrio e tutte possono dire la loro. Invece, così come nel corpo umano c’ò una malattia quando un organo prevale sugli altri impedendo loro di agire, così nella politica si ha la monarchia quando prevale un individuo sugli altri e viene a rompere l’equilibrio. Sono idee antitetiche non solo rispetto ai Pitagorici, ma anche a Platone stesso. Dobbiamo poi ricordare che a quei tempi la medicina era una realtà ben differente dalla chirurgia: queste due attività erano addirittura tra loro in contrasto, basti pensare che nel giuramento dei medici di Ippocrate bisognava giurare di non far uso della chirurgia. 2) Molto interessante fu anche la sua teoria su quale fosse l’organo principale del nostro organismo: fu il primo a rispondere che era il cervello, avanzando così un’ipotesi enfalocentrica. Generalmente si era creduto che l’organo fondamentale fosse il fegato o il cuore, mentre il cervello non fu mai preso in considerazione perchò ò un organo insensibile. E’ interessante notare come Aristotele credesse che il cervello fosse un organo di raffreddamento e fu sostenitore della teoria cardiocentrica. Alcmeone fece accurati esperimenti su animali e scoprì i nervi che collegavano il cervello ad altri organi vitali (per esempio agli occhi) e ipotizzò che svolgesse la funzione di coordinamento delle mansioni sensitive. Così Alcmeone fu il primo a dire che il cervello fosse l’organo più importante. 3) Alcmeone cercò anche di individuare la posizione degli uomini e scoprì che era intermedia. La sua opera in prosa (di cui si ignora il titolo) inizia proprio con l’affermazione che gli uomini sono inferiori rispetto agli dei: “Alcmeone di Crotone, figlio di Pirito, disse questo a Brotino e a Leonte e a Batillo: delle cose invisibili e delle cose visibili soltanto gli dei hanno conoscenza certa; gli uomini possono soltanto congetturare”. Dopo un’accurata presentazione di sò, egli spiega che per gli dei non ci sono barriere conoscitive e possono conoscere l’intera realtà . Gli uomini invece non riescono a scorgerla e per raggiungerla devono sforzarsi di interpretare e capire gli indizi a loro disposizione e possono comunque solo supporla. La conoscenza degli dei viene definita sapheneia e comporta un legame stretto con la chiarezza: perfino le cose invisibili non sono in realtà tali per gli dei. La conoscenza umana sta tutta nel tekmairestai, ossia nello sfruttare gli indizi per tentare di comprendere ciò che non ò immediatamente carpibile con i sensi. Alcmeone dice che gli uomini sono un gradino al di sotto degli dei, ma che essi sono comunque un gradino al di sopra degli animali (da qui il fatto che l’uomo si trovi in una posizione intermedia, tema che sarà centrale nel Rinascimento neoplatonico). Sia gli uomini sia gli animali conoscono ciò che appare loro, ma gli uomini riescono a comprendere, a connettere i dati sensibili in ragionamenti: vi ò proprio l’idea dello xuniemi, del comprendere visto come “prendere assieme”: i singoli organi devono raccogliere e connettere gli indizi. Gli uomini organizzando il loro pensiero possono raggiungere le realtà più profonde. Alcmeone era soprattutto mosso dallâesigenza di capire esattamente quale potesse essere la portata della conoscenza umana. Egli distingueva in modo marcato la conoscenza umana da quella divina, mettendo in luce fin dove quella umana potesse estendersi. Il sapere divino veniva da Alcmeone qualificato come safhneia, ovvero assoluta certezza; quello umano, dal canto suo, veniva visto come notevolmente meno chiaro. Quelle cose che per gli uomini risultano invisibili, sono, ad avviso di Alcmeone, perfettamente visibili per gli dòi: il conoscere umano procede attraverso indizi (tekmhria) o, nel linguaggio medico, sintomi. Si deve dunque costruire il sapere a partire dai segni, così come il medico parte dai sintomi per diagnosticare la malattia. Per superare il buio, quindi, non ho bisogno di divinità che mi aiutino, ma piuttosto di tekmhria sui quali fare inferenze, passando così dalle cose certe a cose che certe non sono. Questi indizi intorno ai quali edificare la conoscenza sono essenzialmente coglibili nellâambito delle sensazioni, cosicchò si parte da ciò che si presenta ai sensi per arrivare a ciò che ad essi non si presenta; bisogna però spiegare come funziona questo passaggio e quale ò lo strumento che consente di attuare lâinferenza. Ed ò qui che entrano in gioco gli animali: infatti anchâ essi hanno percezioni, ma ò solo lâuomo a poterle comprendere, ossia “raccogliere e connettere” ciò che proviene dai singoli organi di senso. Ma ciò non toglie che attraverso questâoperazione di raccoglimento e connessione dei dati sensoriali lâuomo finisca per costruire una conoscenza inferiore rispetto a quella divina: ” delle cose visibili e delle invisibili solo gli dòi hanno conoscenza certa ( safhneia ); gli uomini possono soltanto congetturare [â¦]. Lâuomo differisce dagli altri animali perchè esso solo comprende ” (ovvero sa connettere i dati sensoriali).
- Antica, Romana, Età Cristiana
- Filosofia - Antica, Romana, Età Cristiana