Diogene di Apollonia (da non confondersi con il “cinico” Diogene di Sinope), operativo nella seconda metà del V secolo a.C., ò autore di unâopera intitolata Sulla natura (Peri fusewV) – che ebbe una certa circolazione anche in Atene – da cui traspare palesemente lâinfluenza subita dalle tesi di Anassimene e di Anassagora: ricollegandosi direttamente ad Anassimene, Diogene ritiene che lâaria sia lâach in grado di spiegare lâintera realtà nella sua molteplicità . Come già per Anassimene, anche per Diogene lâargomento fondamentale in favore della sua tesi ò dato dalla funzione vitale della respirazione: lâimprescindibile funzione da essa esercitata nella vita dellâuomo e degli animali vale anche a livello cosmico per il reale nel suo complesso. Se Diogene si limitasse a sostenere questa tesi, egli non sarebbe che uno Ionico giunto in ritardo â i temi dellâ materiale erano ormai tramontati da tempo â e per di più del tutto privo di originalità , giacchò nellâ aria era già stato da Anassimene ravvisato il principio della realtà . Ma Diogene fa un passo avanti, ed ò qui che emerge lâ importanza del pensiero anassagoreo per la sua formazione: in particolare, Diogene ricollega il problema del principio materiale (di marca ionica) a quello dellâIntelligenza (NouV) ammessa da Anassagora come ordinatrice del cosmo; in particolare, Diogene sostiene che lâaria ò lâIntelligenza di cui parlava Anassagora. Questi, tuttavia, – come nota Aristotele (Metafisica, I) â non si era spinto fino a riconoscere nellâIntelligenza la causa finale: Diogene, dal canto suo, dopo aver identificato lâ aria di Anassimene con lâIntelligenza di Anassagora, arriva a dire che tale Intelligenza presiede allâordinamento del cosmo in senso finalistico: lâaria/Intelligenza dispone le cose nel miglior modo possibile (aspetto assente in Anassagora), secondo una struttura teleologicamente organizzata. Diogene, pur essendo corifeo di posizioni monastiche di remota ascendenza ionica, non ò insensibile al problema delle differenziazioni, un problema particolarmente sentito nel V secolo a.C., quando il mondo greco era venuto a contatto con culture e genti diversissime: a tal proposito, egli riconosce lâesistenza di infiniti mondi che nascono, muoiono e si riformano. Lâattenzione per la differenza ò poi attestata dal fatto che Diogene distingua con una certa precisione, per la prima volta nella storia, diverse zone climatiche, caratterizzate da una diversa qualità dellâaria. Lâ individuazione di differenti zone climatiche porta Diogene a quello che, con termine moderno, potremmo definire un autentico determinismo ambientale, tale per cui lâambiente agisce in maniera determinante su tutto ciò che in esso si trova: in questo come negli altri infiniti mondi lâaria si presenta non già nello stesso modo, bensì con caratteristiche diverse. Ed ò infatti a seconda del tipo di aria presente che si possono distinguere le zone climatiche; non solo: perfino i viventi si differenziano fra loro nella struttura anatomica a seconda della fascia climatica in cui vivono, cosicchè essi sono necessariamente determinati dallâambiente (o, meglio, dallâaria che in esso ò presente). E poichè lâintelligenza di cui gli uomini dispongono non ò che aria in una determinata qualità , Diogene può addirittura spiegare la differenza di intelligenza fra gli uomini in base alle fasce climatiche. Chi vive, ad esempio, in zone umide e dallâaria densa sarà meno vivace intellettualmente rispetto a chi vive in zone con aria secca, tale da stimolare il pensiero. Tuttavia Diogene non si spinge fin laddove si era spinto Empedocle, per il quale la percezione e lâintelligenza â in quanto dipendenti dal sangue â appartengono anche alle piante; dal canto suo, Diogene nega che le piante abbiano intelligenza, giacchò esse presentano una struttura piena e non cava, tale da non lasciare spazio allâaria e, dunque, allâintelligenza. Ciò attesta la coerenza metodologica di Diogene, oltre che la sua “economia di pensiero”, che gli permette di spiegare con un unico principio la realtà nel suo articolato sviluppo. Un determinismo ambientale simile a quello professato da Diogene ò reperibile anche nello scritto del corpus hippocraticum intitolato Arie acque luoghi. Aristotele ricorda la descrizione dellâapparato venoso dellâuomo fatta da Diogene e ricorda, inoltre, (De anima, I) come questi abbia sostenuto che perfino lâanima umana ò costituita da aria. Dellâopera di Diogene non ci sono giunti che pochi frammenti (quasi tutti riportati da Simplicio nel suo commento alla Fisica di Aristotele): ò interessante il fatto che lo scritto si aprisse con una riflessione metodologica sul proprio lavoro: Chi incomincia un qualsivoglia discorso, mi sembra necessario che esibisca un inizio indiscusso e una spiegazione poi semplice e sobria. (Fr.1) Il punto di partenza a cui Diogene fa riferimento deve essere tale da non andare incontro a possibili obiezioni e la trattazione stessa devâessere semplice e a tutti comprensibile; il che testimonia unâattenzione rivolta alle esigenze del lettore che mai era stata prestata dai filosofi venuti prima. Il punto di partenza che Diogene ritiene inoppugnabile ò lâantica tesi monastica dellâunicità del principio di natura materiale (nella fattispecie, lâaria): Per dirla insieme, mi pare che tutte le cose risultino dallâalterazione della stessa cosa e sono la stessa cosa. E ciò ò chiaro: infatti, se le cose che sono adesso in questo mondo, terra, acqua, aria e fuoco e tutte le altre, quante si vedono esistere in questo mondo, dunque, se una di queste fosse diversa dallâaltra perchè diversa per sua propria natura e non fosse lo stesso che si muta in molte forme e si altera, non si potrebbero affatto mescolare tra loro, nè allâuna [verrebbe dallâaltra] utilità o rovina, nè mai pianta potrebbe nascere dalla terra nè animale nè alcun altro essere se non fossero composte in maniera da essere lo stesso. Piuttosto tutte queste cose nascono ora in una forma ora in unâaltra in quanto si alterano dallo stesso e in esso ritornano. (Fr.2) Infatti non sarebbe possibile senza intelligenza una divisione tale che di ogni cosa la misura realizzi, e dâinverno e dâestate, e di notte e di giorno, e di piogge e di venti e di sereni: e tutte le altre cose, se uno vuole esaminarle, le troverà disposte nel miglior modo possibile. (Fr.3) Ci sono inoltre anche questi indizi importanti. Gli uomini e le altre creature vivono respirando lâaria. Essa ò per loro anima e pensiero, come si dimostrerà chiaramente in questâopera, e se essa si allontana, lâ uomo muore e il pensiero lo abbandona. (Fr.4) Mi sembra sia dotato di intelligenza ciò che gli uomini chiamano aria, che tutti siano da esso governati e che tutto esso domini. Ciò stesso mi sembra che sia dio e giunga dovunque e tutto disponga e in tutto sia. E non câò niente che non ne partecipi: però niente ne partecipa in maniera uguale, questo come quello, ma molti sono i modi e dellâaria e dellâintelligenza. Essa ò poliforme, più calda e più fredda, più asciutta e più umida, più ferma o dotata di più rapido movimento: e vi sono in essa molte altre differenziazioni e un numero infinito di sapori e di odori. E di tutti i viventi lâanima ò la stessa cosa, aria più calda di quella esterna in cui viviamo, ma molto più fredda di quella che sta presso il sole. Tuttavia questo calore non ò uguale in nessun essere vivente (come neppure in un uomo rispetto allâaltro) e differisce non molto, ma in modo che rimangano simili. Però nessuna delle cose che si differenziano può divenire perfettamente uguale allâaltra, senza diventare la stessa. Poichè la differenziazione ò multiforme, multiformi debbono essere anche gli esseri viventi e molti e, dato il grande numero delle differenziazioni, non simili lâuno allâaltro nè per forma nè per condotta di vita nè per intelligenza. Eppure tutti per la stessa cosa vivono e vedono e odono, e dalla stessa cosa tutti hanno intelligenza differente. (Fr.5)
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