Vita e filosofia di Gregorio di Nissa - Studentville

Vita e filosofia di Gregorio di Nissa

Pensiero e vita del filosofo Gregorio di Nissa.

Grande nemico dell’ arianesimo, Gregorio di Nissa, autore di un Contro Eunomio, un insieme di più scritti composti tra il 381 e il 384, ma anche di scritti contro Apollinare e contro i Macedoniani, è il più importante dei Padri di Cappadocia. Più giovane del fratello Basilio, esercitò dapprima la professione di retore e sposò Teosebia. Nel 371 proprio il fratello lo indusse ad accettare il vescovato di Nissa in Cappadocia, dove incontrò notevoli difficoltà  pratiche: accusato di dilapidare i beni della Chiesa, fu deposto dall’ incarico di vescovo nel 376. Ebbe poi altri incarichi ecclesiastici e nel 381 fu accolto nel Concilio di Costantinopoli come pilastro dell’ ortodossia. Morì nel 394. Oltre a scritti di carattere etico, quali ” Sulla perfezione cristiana ” e ” Sulla verginità  “, Gregorio scrisse all’ inizio del 381 un ” Dialogo sull’ anima e sulla resurrezione ” a imitazione del ” Fedone ” di Platone. In esso, la sorella Macrina, morta da poco, espone la concezione cristiana dell’ anima, della morte, dell’ immortalità  e della resurrezione. Nell’ opera ” Sull’ Esamerone “, ossia sui sei giorni impiegati nella creazione del mondo, Gregorio difende l’ interpretazione del testo biblico, formulata dal fratello Basilio in un’ opera omonima. A completamento di queste tematiche egli compose anche uno scritto ” Sulla creazione dell’ uomo “. Ma l’ opera teologica più importante di Gregorio è il ” discorso catechetico grande “, composto verso il 386-87, nel quale espone le dottrine cristiane sulla trinità , sul peccato, l’ incarnazione e la redenzione ad opera di Cristo e sul battesimo e l’ eucarestia. Gregorio è un ammiratore di Origene, da cui riprende la tecnica dell’ interpretazione allegorica del testo sacro, ma applicandola con maggior cautela. Pur nutrendo sfiducia sulle capacità  conoscitive umane, Gregorio non ritiene incompatibili la ragione e la fede. Dal platonismo, egli assume la distinzione tra mondo intellegibile e mondo sensibile, ma le radicalizza come separazione: tutto ciò che appartiene al sensibile, anche l’ intelletto umano, non ha la possibilità  di travalicarne i limiti. Ne consegue l’ inconoscibilità  dell’ essenza divina da parte dell’ uomo; neppure in un’ estasi mistica o nella visione beatificata dopo la morte è possibile un superamento di questi limiti. Ciò tuttavia non conduce Gregorio a una forma drastica di teologia negativa. Egli, infatti, ammette che il mondo creato contiene le tracce di Dio creatore, sicchò proprio in tale mondo l’ intelletto umano può attingere una conoscenza della divinità , anche se imperfetta. Questo processo conoscitivo si accresce all’ infinito, dal momento che Dio è inesauribile, cosicchò tutto ciò che si conosce di esso rinvia sempre ad altro che deve essere ancora conosciuto e genera il desiderio e l’ amore di conoscerlo. La creazione del mondo e dell’ uomo da parte di Dio è un atto istantaneo fuori dal tempo, con il quale egli ha posto i semi o le ragioni di tutte le cose, consentendo loro di svilupparsi secondo la natura propria di ciascuno. Pur riprendendo la concezione stoica del mondo come ordine provvidenziale, Gregorio ne respinge la dottrina della conflagrazione: il mondo non ha in sò cause che lo conducano alla sua distruzione. Ma al contempo Gregorio accetta la tesi, enunciata nei testi sacri, della fine del mondo, determinata dal volere di Dio. Le cose, quali sono nella condizione attuale, non sono quindi frutto della creazione diretta di Dio. L’ uomo, in particolare, è stato creato a immagine di Dio, ossia come archetipo, idea- modello dell’ uomo perfetto in senso platonico. Tale idea non racchiude in sò la distinzione dei sessi, maschio e femmina: questa si produce in un secondo tempo. L’ uomo attuale, dotato di corpo e sensibilità , è infatti il risultato di una seconda creazione, in previsione del peccato e della caduta, dovuti alla libertà  propria dell’ uomo. Ma il corpo non è altro che una connessione di qualità  incorporee, sicchò materia e male non hanno consistenza propria. Solo così diventa possibile l’ apocatà stasi, ossia la ricostruzione finale delle cose e dell’ uomo nella loro perfezione originaria, e affinchò ciò avvenga, occorre che il Logos salvatore si incarni e in tal modo ricostituisca lo stato originario dell’ uomo, operando da mediatore in questa direzione per tutti gli uomini. La resurrezione finale consisterà  appunto nel ritorno all’ archetipo di uomo, creato direttamente da Dio.

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