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Vita e filosofia di Humboldt

Pensiero e vita del filosofo Humboldt.

Karl Wilhelm von Humboldt (1767-1835) fu amico di Schiller e di Goethe, oltre che esponente del neo- umanesimo che si ispirava alla classicità  greca; fratello di Alexander, il famosissimo esploratore e geografo, Karl, pur avendo ricevuto un’impostazione culturale di matrice illuministica, prese le distanze dal razionalismo subendo l’influenza di Jacobi. Di grande rilievo per la sua formazione furono anche l’amicizia con Schiller e, successivamente, i contatti con Goethe. Nel 1789 ebbe esperienza diretta della Rivoluzione francese a Parigi e non esitò ad esprimere giudizi contrari ad essa. Le critiche che egli mosse alla Rivoluzione, nelle Idee sulla costituzione dello Stato, occasionate dalla nuova Costituzione francese (1791) (che risentono notevolmente delle Riflessioni sulla Rivoluzione francese (1790) di un altro anti- rivoluzionario, Edmund Burke) non sono tuttavia condotte in difesa della conservazione dell’ ancien règime, ma riflettono la convinzione che le costituzioni non possono essere improvvisamente rivoluzionate in base a schemi razionalistici astratti e privi di alcuna aderenza alla realtà . Humboldt fu politico di convinzioni liberali, che si impegnò fattivamente per far uscire la Prussia di fine Settecento dalla profonda arretratezza sociale ed economica in cui essa si trovava. In qualità  di ministro del culto e della pubblica istruzione, egli introdusse una riforma scolastica ispirata ai princìpi del nuovo umanesimo estetico schilleriano, e sostenne allo stesso tempo anche le riforme parallele condotte da Karl von Stein nell’ambito socio-economico (soprattutto l’abolizione della servitù della gleba) e da Gerhard Johann Scharnhorst (maestro del filosofo e stratega Karl von Clausewitz) in quello militare (incoraggiando l’umanizzazione del soldato). Sul piano istituzionale, tuttavia, il nome di Humboldt è soprattutto legato alla fondazione dell’università  libera (ovvero non statale) di Berlino (1810), alla quale fece chiamare uomini come Fichte, Schleiermacher, Savigny. Le sue opere principali sono: Idee per un saggio per determinare i limiti dello Stato (1792), Piano di un’antropologia comparata (1797), Sullo studio comparato della lingua (1820), Sul compito dello storico (1821), Sulla differenza della struttura linguistica dell’uomo e sulla sua influenza sullo sviluppo spirituale del genere umano (1832). La convinzione fondamentale che aleggia in tutta la filosofia di Humboldt è che l’ individualità  rivesta un valore assoluto. Ogni uomo è la manifestazione di un insieme di forze spirituali, il cui pieno e armonico sviluppo conduce (secondo l’ideale dell’umanesimo schilleriano) alla determinazione dell’assoluta peculiarità  dell’individuo. E Humboldt scrive: “Il vero scopo dell’uomo è lo sviluppo più alto e proporzionato delle sue energie fino a costruire un tutto compiuto”. E ancora: “Se tutti gli uomini avessero veramente in animo di voler sviluppare solamente la propria individualità  e di non ritenere nulla così sacro come l’individualità  altrui [… ] albergherebbero nel cuore umano la più alta morale e la più coerente teoria del diritto naturale, dell’educazione e della legislazione”. In Humboldt tuttavia l’individualità  è strettamente connessa al suo polo opposto: l’ idea dell’umanità  in generale. Ogni individuo non è che una particolare espressione dell’umanità , che proprio tramite le singole determinazioni individuali, amplia sempre più il contenuto del proprio concetto. Humboldt tenta, infatti, di fondare un’ antropologia comparata, in cui lo studio empirico delle diverse caratteristiche umane, interpretato successivamente in chiave speculativa, possa condurre alla determinazione progressiva, ma mai completa, dell’idea dell’umanità . Risulta poi connessa alle nozioni di individuo e di umanità  la concezione humboldtiana della storia. Il processo storico consiste infatti nel graduale sviluppo di una molteplicità  di forze individuali dal cui intreccio risulta progressivamente, di epoca in epoca, la manifestazione dell’umanità . Tali forze (che nell’ultima fase del suo pensiero Humboldt definisce idee e intende come entità  metafisiche) non sono, comunque, costituite solamente dalle grandi personalità  che fanno la storia, ma anche dalle singole nazioni, dai singoli valori (l’idea di bellezza, di giustizia, e così via), nonchò dai singoli linguaggi. Agli studi linguistici Humboldt dedica, per questo motivo, gran parte della sua vita di studioso. Il linguaggio è una produzione spontanea dello spirito (e in questo Humboldt concorda con Herder), che plasma lo stesso modo di pensare di coloro che lo parlano: in termini aristotelici, il linguaggio non è un’opera compiuta ( ergon ), cioò uno strumento inerte di cui ci si serve per comunicare, ma un’attività  organica ( energeia ) che produce continuamente nuova realtà  storica. Ogni lingua esprime la particolare individualità  della nazione che la parla, per cui il programma humboldtiano di un’antropologia filosofica passa necessariamente attraverso lo studio comparato delle lingue, con le loro diverse strutture grammaticali e sintattiche e la loro differente evoluzione storica. Per quel che riguarda il pensiero politico di Humboldt, in esso la difesa del valore assoluto dell’individualità  conduce a una concezione liberale e negativa dello Stato. Condizione essenziale per lo sviluppo poliedrico della individualità  è infatti la libertà  d’azione dell’uomo e la varietà  delle condizioni in cui egli si trova ad operare. E così lo Stato deve limitare il proprio intervento alla realizzazione delle condizioni minimali per rendere possibile la convivenza civile: la sicurezza esterna (tramite una forza armata capace di respingere aggressioni e di difendere l’indipendenza nazionale) e quella interna (tramite un’efficiente polizia). Ogni altra intromissione dello Stato nell’attività  privata del cittadino (dal controllo della produzione economica all’organizzazione dell’istruzione pubblica) è dannosa per lo sviluppo dell’individuo e, di conseguenza, dell’idea di umanità .

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