Giovanni Keplero, nato a Weil presso Stoccarda nel 1571 e morto in estrema povertà a Ratisbona nel 1630, fu prima aiutante e poi, dal 1601, successore di Brahe nella carica di astronomo imperiale. Con Keplero la connessione tra matematica e astronomia diventa molto più stretta di quanto non lo fosse negli astronomi che lo avevano preceduto. Con lui, infatti, la matematica non fornisce più soltanto uno schema geometrico per la costruzione del sistema astronomico, ma gli strumenti necessari per definire con precisione le leggi che regolano i moti celesti. Come nel collega Copernico, anche in Keplero sono commiste nel modo più bizzarro fantasticherie pitagoriche ed escogitazioni astrologiche ad osservazioni e a calcoli astronomici: egli si muove su terreni non solo scientifici, ma anche metafisici. Keplero è famoso soprattutto per le tre leggi, ancor oggi ritenute sostanzialmente valide: è contemporaneo di Galileo, ma è più ” moderno ” di lui perchò ipotizzerà delle orbite ellitticche e non circolari come invece diceva Galileo. Prima di approdare alle tre leggi, Keplero scrive un’ opera intitolata ” Mysterium cosmographicum ” ( 1597 ); già il titolo, ” il mistero della descrizione del mondo “, come del resto il titolo di un’ altra sua opera, intitolata ” Harmonices mundi ” ( 1619 ), ossia le ” armonie del mondo ” si richiama fortemente alla tradizione pitagorico – platonica: i pitagorici soprattutto avevano ipotizzato l’ esistenza dell’ armonia, per esempio in ambito musicale, o anche i movimenti regolari e armonici del cosmo: armonia va letta nel senso di ” precisione ” metafisica dell’ universo. Alla base del pensiero pitagorico – platonico c’ è proprio l’ idea dell’ armonia e della precisione del cosmo. La parola mysterium, poi, evoca anche la tradiziona neoplatonica, con i suoi misteri difficilmente comprensibili: ricordiamoci che Keplero stesso era un astrologo, faceva gli oroscopi. E’ strano pensare che quello che può essere considerato il fondatore della scienza moderna fosse un astrologo. Ora, delineato il quadro generale in cui opera Keplero, torniamo alla sua prima opera, il ” Mysterium cosmographicum “, che è solitamente un pò trascurata dai libri di scienze perchò dà del mondo un’ immagine che non è poi quella delineata dall’ astronomo svedese in un secondo tempo, ma è un pò ” superata “. Keplero in quest’ opera parte dalla convinzione pitagorico – platonica dell’ esistenza nel mondo di un misterioso ordine matematico che va scoperto. Egli accetta il sistema copernicano ( e non quello ticonico ) e quindi nella sua mente è radicata l’ idea che il Sole sia al centro e che tutto il resto ( Terra compresa ) ruoti attorno ad esso. A questo punto lui, partendo dal presupposto ( e quindi non da constatazioni empiriche ) che ci deve essere un ordine matematico nell’ universo, si pone il problema di cercare quest’ ordine: si tratta di trovarlo in quanto c’ è di sicuro. Ha il presupposto metafisico dell’ esistenza di un ordine. Tra l’ altro Keplero ( da buon cristiano ) ipotizzava che il rapporto tra il Sole, il cielo delle stelle fisse e lo spazio intermedio fosse il corrispondente fisico del rapporto trinitario della divinità : sullo sfondo ci sono considerazioni cusaniane ( l’ universo rispecchia Dio in modo fisico ): il Sole è la rappresentazione fisica della prima persona ( Dio padre ); il cielo delle stelle fisse è la rappresentazione della seconda persona ( Dio figlio ) in quanto riflesso del Sole; come lo Spirito Santo è ciò che unisce Padre e Figlio, così lo spazio intermedio tra Sole e cielo delle stelle fisse è ciò che li separa ma anche ciò che li unisce. Questo per notare la forte presenza in Keplero non solo di speculazioni pitagorico – platoniche, ma anche cristiane. Da un lato Keplero ha osservazioni empiriche che gli descrivono le orbite dei pianeti, dall’ altro ha le convinzioni pitagorico – platoniche dell’ esistenza di un ordine tra le orbite, un rapporto reciproco. Quindi cerca di mettere insieme le osservazioni empiriche con le convinzioni filosofiche e avanza delle ipotesi e propone rapporti geometrici per spiegare il rapporto tra le dimensioni delle varie orbite. In un primo tempo ci prova nelle maniere più semplici ( come dice lui ) ipotizzando rapporti di tipo puramente aritmetico: se un orbita è uguale a uno le altre saranno il doppio, il triplo, il quadruplo. Tuttavia non è soddisfatto e i rapporti ipotizzati non corrispondono con i dati osservativi; alla fine ne trova uno che lo soddisfa particolarmente sul piano del calcolo e anche sul piano filosofico: parte dall’ orbita della Terra considerata pari a uno; dopo di che prende i 5 solidi regolari ( con le facce uguali ) individuati da Platone nel Timeo: 4 erano gli elementi empedoclei e il quinto era la forma strutturale dell’ universo. Prova a inscrivere e a circoscrivere nella sfera della Terra uno dei solidi regolari: ne avrò uno inscritto e un altro circoscritto. Rispetto al solido inscritto inseriremo dentro un’ altra sfera che sarà rispetto ad essa circoscritta e sarà più piccola di quella di partenza; viceversa al solido circoscritto circoscriveremo un’ altra sfera che sarà quindi più grande di quella di partenza: il gioco andrà avanti finchò non si esauriranno i solidi; le sfere in gioco saranno complessivamente 6. Così otterremo le sei sfere che delineano l’ orbita della Terra intorno al Sole e le altre 5 orbite sono le orbite degli altri 5 pianeti ( dal più piccolo al più grande, la sfera di Saturno è circoscritta al cubo, mentre la sfera di Giove è inscritta in esso e circoscrive a sua volta il tetraedro, nel quale è inscritto Marte, che circoscrive il dodecaedro, e così via fino alla sfera di Mercurio ); ovviamente la dimensione di queste sfere ( e non dei pianeti ) sarà definita: è un calcolo molto complesso, ma da esso si ottengono risultati precisi. Keplero scopre che le dimensioni delle sfere calcolate con i suoi calcoli corrispondono esattamente con quanto dimostra l’ osservazione empirica: prendendo come unità di misura la Terra, è vero che le dimensioni delle orbite di Venere e di Mercurio ( le due più piccole ) e quelle di Giove, Saturno e Marte ( le più grandi ) risultano effettivamente di quelle dimensioni lì. Keplero è piacevolmente stupito di aver finalmente trovato ciò che stava cercando; e da questo deduceva l’ esistenza dell’ ordine. Ma dobbiamo precisare la questione: essendo le osservazioni empiriche meno precise di quelle di oggi, una corrispondenza approssimativa con questi calcoli era più facile da trovare; e poi, soprattutto, va notato che Keplero è partito dal presupposto che ci fossero queste corrispondenze matematiche e poi le ha cercate disperatamente in tutti i modi e, come si suol dire, chi cerca trova. A forza di combinare tutti i calcoli è ovvio che sia arrivato al risultato desiderato: ad esempio, è vero che ci sono i 5 solidi regolari, ma comunque non è stabilito l’ ordine in cui disporli, così potrò giocare a mio piacimento; è piuttosto facile, in fondo, mettersi a tavolino e provare tutti i calcoli possibili finchò non si trova quello più soddisfacente. Tornando ora alle 3 leggi di Keplero, 2 di esse sono elaborate nell’ ” Astronomia nova ” ( 1609 ): 1 ) le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. Come detto, Keplero accetta in linea di massima il sistema copernicano, ma non la circolarità delle orbite: le orbite diventano ellittiche. Come mai proprio le ellissi? Keplero vive nel 1600, gli anni in cui si sviluppa l’ arte barocca: in seguito alla riforma protestante, la Chiesa, di fronte alle richieste dei protestanti di ridurre l’ esteriorità del culto, non fa altro che accentuarla, introducendo appunto l’ ellisse, che dà l’ impressione di irregolarità , pur essendo regolare. In un’ ellisse non ci vuole un solo ” fulcro ” come in un cerchio, ma due. Il disegno qua sotto può chiarire ciò che Keplero intendesse: La somma delle due distanze dal punto P ai due fuochi ( S e T ) deve essere costante. La novità del discorso di Keplero sta appunto nel fatto che l’ orbita non è più circolare, ma ellitticca ( la circolarità continuerà comunque a sopravvivere e sarà ancora condivisa da Galileo ). Chiaramente un’ ellisse non può essere fisica e quindi le orbite per Keplero non sono materiali: crolla la fisica aristotelica che voleva i moti circolari. Anche con l’ ellissi comunque siamo di fronte ad una regolarità , ma più complessa della circolarità : passa attraverso non alla costanza del raggio, ma di una somma. E’ una regolarità ” dinamica “: le distanze dal punto P dal Sole ( S ) variano continuamente e non secondo una casualità , ma sempre in modo che la somma sia costante. Sono i rapporti a rimanere costanti e non le cose. La seconda legge dice: 2 ) la velocità orbitale di ciascun pianeta varia in modo tale che una retta congiungente il Sole e il pianeta percorre, in eguali intervalli di tempo, eguali porzioni di superficie dell’ ellisse. Osservando il nuovo disegno ( tenendo comunque in considerazione quello precedente ), si può sintetizzare la legge in modo un pò più grossolano dicendo che il segmento che unisce il Sole al pianeta ( P ) spazza aree uguali in tempi uguali; se supponiamo di prendere un’ unità di tempo x, in successive unità di tempo x il pianeta P si muoverà in modo apparentemente irregolare, ora percorrerà spazi minori, ora maggiori, come indicato nel disegno: si può tratteggiare la linea che unisce il Sole alle diverse posizioni percorse dal pianeta P. Da notare che i punti occupati dal pianeta non sono disegnati tutti alla stessa distanza gli uni dagli altri, perchò quando il pianeta è più vicino al Sole va più velocemente, quando è più lontano va più lentamente. Le figure disegnate sono delle specie di triangoli e quindi la base di questi triangoli varia: più si è vicini al Sole e più è larga ( perchò nello stesso tempo il pianeta percorre più spazio ), più si è distanti dal Sole e più è stretta ( perchò nello stesso tempo percorre meno spazio ); quanto più è larga la base, tanto è minore l’ altezza del triangolo; quindi questi ” triangoli ” hanno tutti aree uguali, perchò in ogni unità di tempo ( come recita la legge ) vengono spazzate aree uguali. E’ evidente la presenza di una costante: il moto è quindi in qualche modo regolare. Per mantenere costanti questi triangoli, il punto P deve cambiare continuamente velocità : è irregolare apparentemente; cambiano continuamente due cose per farne restare una costante, ossia per avere l’ area costante bisogna cambiare continuamente l’ altezza e la base dei triangoli. Se con la prima legge saltava la circolarità dei movimenti, con la seconda salta la costanza della velocità . La terza legge Keplero la espone negli ” Harmonices mundi ” e dice che 3 ) i quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono nello stesso rapporto dei cubi delle rispettive distanze dal Sole. In poche parole dice che più un pianeta è lontano e più è lento; il periodo di rivoluzione mi dice quanto ci impiega un pianeta a fare il giro intorno al Sole: dire che i tempi di rivoluzione sono legati alle distanze medie dal Sole, vuol dire che il pianeta più è vicino e più è veloce, più è lontano e più è lento: Mercurio sarà più veloce, Venere un pò meno, la Terra ancora meno, Marte meno ancora e così via per tutti i pianeti. Occorre fare due osservazioni: a ) c’ è rapporto tra distanza e velocità , ma non è un rapporto diretto, bensì tra quadrato della velocità e cubo della distanza: ancora una volta è un rapporto di tipo ” barocco “, che implica una regolarità complessa e dinamica. b ) La terza legge di Keplero dice in fondo ciò che diceva già la seconda: sia pure in maniera diversa, ambedue dicono che quanto più un pianeta è vicino al Sole, tanto più andrà velocemente e viceversa; solo che la seconda lo dice rispetto al singolo pianeta man mano che si allontana o si avvicina, la terza a proposito dei differenti pianeti. Già Brahe aveva fatto scoperte che imponevano il problema della causa del movimento dei problemi ( se le orbite non sono materiali, che cosa tiene su i pianeti? ); Keplero prova a spiegare in due modi come i pianeti si muovano e stiano su: la prima spiegazione è di ispirazione platonica e più tradizionale: Platone nel Timeo parlava di anime dei corpi celesti. I pianeti per lui erano esseri viventi, vere e proprie divinità . Essi hanno regolarità di moto, dove c’ è moto c’ è vita, dove c’ è regolarità c’ è intelligenza, quindi i pianeti sono vivi e intelligenti; non a caso i pianeti li chiamiamo ancora oggi con il nome di divinità . Keplero modifica questa posizione: più un pianeta è vicino e più è veloce ed ipotizza l’ esistenza di una forza magnetica o analoga a quella del magnete ( già Talete aveva fatto interessanti osservazioni sul magnete: ” è vivo perchò si muove ” ). Da un’ idea animistica si va sfumando verso una forza fisica: nel Sole per Keplero c’ è una forza magnetica capace di legare a sè i pianeti perchò non si disperdano nell’ universo, quasi come una corda che lega a sò i pianeti. A questo punto egli modifica i suoi presupposti platonici ( i pianeti sono animati ) e dice che solo il Sole ha l’ anima perchò gli serve per dare il punto di partenza all’ intero sistema. Tutti i movimenti derivano dal Sole, che è l’ unico corpo animato. Il Sole, in quanto animato, ruota su se stesso e così facendo si muove sul proprio asse ( in modo regolare ) senza essere mosso da nessun altro corpo e fa muovere gli altri pianeti. Per Keplero il Sole è il riflesso di Dio padre nel mondo fisico: così come Dio è centro del mondo metafisico, il Sole è centro del mondo fisico. E’ proprio perchò ruota su se stesso, avendo l’ anima e la forza magnetica, che trascina i pianeti; i pianeti più vicini vengono trascinati con più forza rispetto a quelli più distanti perchò avvertono di più la forza magnetica: si riallaccia alla seconda e alla terza legge in ambito fisico. Il Sole è quindi l’ unico pianeta animato e dotato di forza magnetica che influisce i pianeti mettendoli in moto e tirandoseli dietro; quando sono più vicini sono trascinati di più, quando sono più lontani sono trascinati di meno. Keplero è a metà strada tra animismo e forza fisica; a far prevalere definitivamente la forza fisica sarà Newton.
- 1600
- Filosofia - 1600