Vita e filosofia di Lutero ed Erasmo - Studentville

Vita e filosofia di Lutero ed Erasmo

Vita e pensiero dei filosofi Lutero ed Erasmo

Lutero Le figure di Erasmo e Lutero sono legate a quello che fu probabilmente il dibattito teologico più importante della storia. Martin Lutero, figlio di un contadino che aveva fatto qualche soldo col duro lavoro del minatore, era nato nel 1483 ad Eisleben, nel distretto sassone della Turingia; si era diplomato in lettere e frequentava i corsi di diritto dell’ Università  di Erfurt, allorchò un’ improvvisa decisione, che alcuni studiosi, sulla base delle stesse dichiarazioni di Lutero, spiegano con la violenta scossa psicologica, provocata dal pericolo corso per la caduta di un fulmine durante una passeggiata campestre, lo portò nel convento degli eremiti agostiniani di Erfurt. Amato e protetto dal vicario generale degli agostiniani tedeschi, Giovanni Staupitz, il nuovo monaco non fu per essi un confratello agevole: dall’ atavico fondo contadino frate Martino ricavava un continuo, ossessionante timore del diavolo e così, il suo tormentato genio religioso si concentrava su una tensione spasmodica nell’ unico, fondamentale problema della salvazione personale. Arrovellandosi su tale problema, Lutero finì col risalire al pensiero di Agostino e, grazie al suo fortissimo sentimento della peccaminosità  dell’ uomo, si fermò sull’ Agostino dell’ ultimo periodo, a quello dell’ aspra polemica anti-pelagiana, tutta accentrata intorno ai grandi temi del peccato, della grazia e della predestinazione. In questo periodo ( 1510-1511 ) cade anche un suo viaggio a Roma, dove fu mandato per patrocinare alcuni interessi del suo convento; in quel soggiorno di 4 settimane nella sede del papato, Lutero fu colpito dalla scandalosa ignoranza e superstizione del clero romano e dalla mondanità  dei cardinali. Bisogna però dire che la situazione stessa della Germania di Lutero erano piuttosto favorevoli per far scaturire una riforma: la Germania del Cinquecento era una realtà  frammentaria, in cui i grandi principati regionali cercavano di evolvere verso stati nazionali; vi erano uno sterminio di ” feudi ” indipendenti e la Chiesa si affermava sotto forma di piccoli principati ecclesiastici: le grandi famiglie, quando volevano sistemare i loro figli, li facevano nominare vescovi di una città , sborsando grandi quantità  di denaro. Quella di Lutero era una religiosità  molto cupa e drammatica, dove, sulla scia di Agostino, fortissimo era il senso del peccato e il suo viaggio a Roma non gli recò alcun conforto. Divenuto dottore in teologia e iniziato l’ insegnamento nel 1513, trovò la soluzione al problema che lo assillava mentre commentava per gli studenti le Lettere di san Paolo, e soprattutto quella ai Romani, dove proprio nel primo capitolo si poteva leggere questa frase: ” il giusto vivrà  della fede “. Da allora il senso del cristianesimo mutò radicalmente ai suoi occhi: inutile era lo sforzo per ottenere la propria salvezza attraverso le buone opere, attraverso l’ impossibile adempimento della legge di Dio, perchò troppo radicale è la malvagità  umana. Proprio la dottrina della giustificazione costituisce l’ elemento centrale della teologia luterana; essa risponde alla domanda ” che cosa deve fare il singolo individuo per essere salvato dalla perdizione? ” ovvero ” che cosa deve fare per essere giusto di fronte a Dio? Al tempo di Lutero non esisteva propriamente una dottrina ufficiale sulla giustificazione, approvata cioò da un canone di un concilio ecumenico; la risposta che dà  Lutero alla domanda è essenzialmente questa: ” l’ uomo non può fare nulla per salvarsi, perchò tutto ciò che fa è dettato dalla sua malvagità  “. Il motivo stesso per cui il cristiano si comporta bene e compie opere buone è peccaminoso: infatti lo fa per paura dell’ Inferno, non per vero amore di Dio; prendiamo ad esempio un goloso che cerchi di trattenersi nel mangiare: egli non lo fa per amore di Dio, ma per paura di essere dannato. Più i desideri sono repressi e più si fanno sentire: seguire le regole cristiane a suo avviso non è sufficiente per la salvezza dell’ anima: sente l’ esigenza di avere regole sempre più rigide. Le opere sono totalmente inutili per la salvezza e sono una manifestazione della malvagità  umana; la salvezza la si può ottenere, secondo Lutero, ” sola fide “, solo tramite la fede, sulla scia di quanto aveva detto san Paolo: le opere non potranno mai dare la salvezza all’ uomo. l’ uomo può solo il male e quindi l’ unico mezzo a sua disposizione per salvarsi è la fede; prima del peccato originale l’ uomo aveva il libero arbitrio, ossia aveva la possibilità  di scegliere tra bene e male: la ragione umana, secondo Lutero, prima del peccato originale, poteva arrivare a verità  in non-contrapposizione con la fede e con la verità  divina, in quanto il logos umano altro non è che un barlume del Logos divino, ossia della seconda persona della Trinità , come aveva detto Agostino, ma con il peccato originale la ragione umana si è corrotta e non può far altro che essere serva del male: l’ arbitrio dell’ uomo è secondo Lutero servo del male e non potrà  mai scegliere il bene. Seguendo la convinzione della corruzione della ragione umana, Lutero arriverà  a definire Aristotele, che rappresentava la ragione umana per eccellenza, ” caprone puzzolente “. Una posizione ufficiale della Chiesa non c’ era, tuttavia vi era già  stata una polemica a riguardo mossa da Agostino contro Pelagio: Pelagio finiva per ammettere che le forze dell’ uomo sono di per sò insufficienti per la salvezza e se Dio fosse solo giusto non potrebbe far altro che condannare l’ uomo, ma dato che è anche misericordioso, Dio concede una sorta di ” bonus “, di premio all’ uomo regalandogli la salvezza. Secondo Agostino, Pelagio sbagliava clamorosamente perchò pareva ammettere che Dio fosse obbligato a dare la grazia all’ uomo, che non se l’ era meritata: è come se l’ uomo fosse artefice della propria salvezza e di conseguenza il cristianesimo diventa inutile. Agostino, pur avendo più volte sostenuto il libero arbitrio, arrivò a sostenere la predestinazione, che viene ripresa in toto da Lutero: dopo il peccato originale l’ uomo è diventato una ” massa damnationis ” e non può più compiere il bene e quindi salvarsi; l’ unica via di salvezza rimastagli è la fede in Dio, la fede nel fatto di non poter compiere opere buone e la fede nel fatto che Dio non terrà  in conto il suo peccato originale e lo salverà . Non a caso Cristo è l’ ” agnello di Dio, che toglie i peccati dal mondo ” prendendoli sulle sue spalle e sacrificandosi. La rottura definitiva con la Chiesa avverrà  a causa dello scandalo delle indulgene: Papa Leone X, per poter ricostruire la basilica di S. Pietro, aveva emanato una bolla che concedeva ai peccatori che versassero una certa somma, la remissione delle pene: i peccati degli uomini sarebbero stati dunque trasformati in marmi, colonne, lusso sacro. In Germania, poi, l’ iniziativa papale si era trasformata in una vera e propria operazione bancario – finanziaria, caratterizzata dalla frase ” quando la moneta suona nella cassetta, l’ anima salta in Paradiso “; la Chiesa, tuttavia, era alquanto ambigua a riguardo delle indulgenze perchò non spiegava se fosse perdono degli sbagli o condono delle pene. Il 31 ottobre 1517, Lutero affiggeva alla porta della cattedrale di Wittenberg 95 tesi che, denunziando lo scandalo delle indulgenze e gli abusi pratici del tempo, investivano l’ essenza teologica del peccato, della penitenza, dell’ indulgenza. La remissione dei peccati a pagamento scatenò davvero l’ ira di Lutero; curiosamente, però, non fu tanto l’ estrema corruzione della Chiesa la causa della sua ira, quanto piuttosto il fatto che secondo la Chiesa Cristo e i Santi avessero accumulato una quantità  immensa di meriti, che non solo bastarono loro per accedere al Paradiso, ma furono pure d’ avanzo: la Chiesa immaginava quindi una specie di ” banca ” dei meriti accumulati da Cristo e dai Santi, di cui la Chiesa poteva disporre a suo piacimento. Per Lutero l’ uomo non può avere meriti, e quindi i santi sono santi perchò hanno avuto fede e non perchò hanno avuto meriti. Il gesto del 1517, che noi siamo portati a considerare come audace, non aveva in realtà  nulla di rivoluzionario o insolito: era nella tradizione accademica del tempo ( era da poco stata inventata la tipografia ) l’ affiggere simili tesi e invitare alla pubblica discussione; ma il sentimento della Germania, che vedeva in Lutero un eroe nazionale, era così eccitato e l’ ostilità  contro lo sfruttamento della Chiesa romano era così viva, che attorno a lui sorse immediatamente una opinione pubblica favorevole. La Chiesa romana non rimase con le mani in mano e nel 1520 fu lanciata la bolla ” Exsurge domine ” minacciante Lutero di scomunica se non avesse ritirato entro breve termine le sue affermazioni; ma nel dicembre di quell’ anno fu pubblicamente bruciata dal riformatore, che rompe così ogni rapporto con las Chiesa cattolica. L’ anima della Germania pulsava ormai all’ unisono con lui e il legato pontificio era costretto a scrivere a Roma: ” i nove decimi della Germania gridano: viva Lutero e, pur non seguendolo, i rimanenti fanno coro per gridare: a morte Roma “. Ma quali erano queste tesi così scandalose e innovatrici di Lutero? Egli si scagliò contro la figura del papa, che a suo avviso non aveva alcun diritto di sostituirsi al giudizio di Dio, e tuonò anche contro i vescovi e all’ apparato ecclesiastico che faceva da intermediario tra Dio e l’ uomo: perchò al cristiano va solo dato il pane, mentre al prete anche il vino? Il Medioevo era ormai finito e si stava ormai diffondendo la scrittura, quindi non vi era più alcun bisogno di qualcuno che leggesse per il popolo analfabeta il testo sacro: ciascuno, secondo Lutero, può leggere da solo il testo sacro, senza che nessuno glielo spieghi perchò esso si auto-esplica perchò è come se fosse presente lo Spirito Santo ad aiutare il credente nella comprensione della Bibbia: questo farà  sì che tutto il mondo che aderirà  alla riforma luterana sarà  più alfabetizzato rispetto a quello cristiano, che non doveva sforzarsi ad imparare a leggere per conoscere i testi sacri. Lutero sovvertì radicalmente anche la concezione dei sacramenti, riassumibile in questi termini: i sacramenti non sono compiuti mentre vengono impartiti, ma in quanto si presta fede ad essi. La continua moltiplicazione le ha portati fino a sette, ma se guardiamo bene si riducono ad uno solo: l’ accettazione attraverso la fede delle promesse di Dio. Senza il primato della fede, i sacramenti si riducono a ” sacrileghe superstizioni di opere “. Lutero, pertanto, conserva solo quei sacramenti nei quali è evidente che siamo noi ad accogliere ciò che Dio ci offre, mentre verranno aboliti o riformati quelli dove noi crediamo di compiere un’ opera buona perchò venga accettata da Dio. Lutero respingeva dunque come ritualistici e insignificanti l’ estrema unzione e la cresima. Ma anche al matrimonio toccava la stessa sorte: cosa c’ entra prendere moglie con la parola della divina promessa? Il matrimonio è una cerimonia piena di sacralità  presso ogni popolo, ma non per questo diventa sacramento. La stessa critica radicale viene mossa nei confronti dell’ ordinamento dei sacerdoti: tutti gli uomini sono consacrati sacerdoti per il solo fatto di essere battezzati. La distinzione tra clero e laici non ha nessun fondamento nel nucleo della fede cristiana e i preti possono essere solo dei ministri, dei funzionari delle comunità  di fedeli, eletti con il compito di insegnare e predicare. Ma nessuno può intromettersi nel mio rapporto con la parola divina, dice Lutero: perciò i due principi luterani, il sacerdozio universale e il libero esame delle Scritture, sono strettamente connessi tra loro. Ma da tutto ciò deriva anche che per Lutero gli ordini monastici vanno ugualmente aboliti e così pure qualunque tipo di voto, come i pellegrinaggi. Il primato della fede conduce Lutero a diffidare di tutto ciò che tende a realizzare il cristianesimo in una forma di vita eccezionale, si tratti anche del più puro ascetismo e misticismo monacale. Le opere dei frati e dei preti non differiscono in niente ” dalle fatiche del contadino che lavora i campi o della donna che attende alle faccende di casa “. Anzi, il monachesimo che invita alla perversione dell’ ozio e dell’ accattonaggio va del tutto contro l’ esaltazione della vita laboriosa che Lutero veniva scoprendo: l’ uomo deve sposarsi, avere figli, lavorare, produrre, adempiere al proprio ufficio, qualunque esso sia. E perciò il divieto di matrimonio dei sacerdoti dovrà  essere abolito come contro natura. I veri sacramenti sono altri; l’ eucarestia prima di tutto: Lutero accettava la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino, ma condannava come assurde le spiegazioni filosofiche fondate sulla dottrina di un pagano come Aristotele e perciò la tesi della transustanziazione veniva fatta cadere e lo stesso vocabolo era giudicato ” mostruoso e frutto di fantasia “. Il significato della messa veniva a cambiare sostanzialmente: la messa non è un sacrificio, non è un’ offerta a Dio, le preghiere sono solo un accessorio; essa è solo la fede nella promessa e il resto è stimolo all’ empietà . Quanto alla confessione, Lutero afferma che osservare la folla dei propri peccati è deprimente e non è in grado di portare pentimento: ciò che conta è solo la fede nella promessa del perdono. Compito del confessore non è di cancellare i peccati, ma di dare conforto. Il battesimo, infine, non è il rito che lava il peccato, ma il simbolo della morte e della resurrezione. Il messaggio rivoltoso di Lutero tende ad assumere istanze politiche: egli si rende conto che da solo non può farcela e deve trovare qualcuno che appoggi le sue tesi: i suoi messaggi vennero visti come rivoluzionari sul piano politico, sebbene non fosse affatto sua intenzione scatenare una rivolta politica. Lutero potò scegliere se cercare l’ appoggio dei re e dei principi tedeschi, che volevano anch’ essi allontanarsi dalla Chiesa romana non tanto per motivi religiosi, quanto piuttosto per diventare politicamente indipendenti e magari formare uno stato: liberarsi della Chiesa romana significava anche impadronirsi di tutti i suoi beni in Germania: conventi, chiese e altro; lutero poteva poi cercare l’ appoggio dei cavalieri ( Ritten ), ossia la piccola nobiltà  propensa per un ritorno al feudalesimo e infine i contadini, che vedevano nelle teorie di Lutero ( e soprattutto nel sacerdozio universale e nel libero esame ) una forma di uguaglianza; a loro avviso dall’ uguaglianza spirituale si sarebbe arrivati all’ uguaglianza sociale ed economica; tra i contadini vi era poi una fascia più moderna che aspirava alla proprietà  privata. Lutero alla fine decise di schierarsi con i principi e con i re, che in fondo erano quelli che guardavano avanti verso lo stato moderno e avevano più potere, e arrivò a condannare i cavalieri e i contadini. Lutero non era un politico, ma dovette tuttavia cercare nella politica qualche forte alleato che lo appoggiasse: non volle mai dare al suo messaggio valenza politica, ma solo spirituale. In ” La libertà  del cristiano ” Lutero sostiene che il cristiano è libero nell’ interiorità  ma schiavo esteriormente; con il suo messaggio Lutero è convinto di aver liberato il cristiano, ma solo nella sua interiorità : l’ umanità  è una massa di dannati dove il male impera: è una concezione alquanto pessimistica che vedeva la presenza del diavolo nel mondo. Per Lutero il potere politico deriva direttamente da Dio, pur essendo consapevole che non sempre i principi si comportano rettamente: bisogna quindi punire chi va contro il potere politico, che è voluto da Dio: i contadini, quindi, che si ribellavano, andavano secondo Lutero soppressi; si schierò contro di loro in maniera radicale invitando i principi a massacrarli senza pietà . Complessivamente, si può dire che senz’ altro Lutero risente degli influssi della cultura rinascimentale, pur essendo la Germania una realtà  piuttosto periferica: l’ idea di riformare la Chiesa e la concezione del cristianesimo tornando alle origini e depurandolo da tutto ciò che gli era stato aggiunto nei secoli è di per sò moderna, rinascimentale; moderna è anche l’ idea di prediligere l’ interiorità  rispetto all’ esteriorità . Erasmo Erasmo nacque nella notte dal 27 al 28 ottobre 1469 a Rotterdam. Sua madre, Margherita, era figlia di un medico di Zevenbergen, vicino a Breda, a 40 km circa da Rotterdam. Il padre, Gerardo, era di Gouda, piccola città  nei pressi di Rotterdam, ed era un prete vincolato dal voto di celibato: la nascita di Erasmo è pertanto illegittima. Erasmo frequentò le scuola a Gouda, poi fu corista ad Utrecht e infine il padre lo mandò alla famosa scuola del capitolo di San Lebuino a Deventer. All’ incirca quando nasceva Lutero, ad Erasmo moriva la madre di peste e poco dopo morì di peste anche il padre. La morte dei suoi genitori lascerà  in Erasmo un orrore per le malattie in genere e la peste in particolare, orrore testimoniatoci da lui stesso nei suoi scritti, dove racconta di essersi più volte spostato verso luoghi dove la peste non era arrivata. A 18 anni visita il convento degli agostiniani a Steyn dove, cedendo anche lui come già  aveva fatto il fratello, alle interessate insistenze dei tutori che non vedevano l’ ora di liberarsi di loro per mettere le mani con più facilità  sulle sostanze del padre, nel 1488 pronuncia i voti solenni ed il 25 aprile 1492 è ordinato sacerdote. Nel 1493 entra al servizio di Enrico di Bergen, vescovo di Cambrai e, al suo seguito, soggiorna a Bergen a Bruxelles ed a Mechelen, finchò riesce ad ottenere il permesso di andare a studiare all’ Università  di Parigi. A Parigi fa importanti conoscenze e nel 1496 torna a Cambrai. Mentre Lutero sarà  attratto dalla mistica cristiana e da Agostino, Erasmo sarà  invece interessato al Valla e agli studi umanistici. Passerà  gran parte della sua vita in terra straniera: a Venezia, in Inghilterra, in Olanda, a Roma. L’ impressione che farà  Roma su di lui è fortissima, ma antitetica rispetto a quella che fa su Lutero: Erasmo scopre infatti soprattutto la Roma classica, Lutero quella papale, corrotta come non mai. Sul piano culturale, Erasmo esprime la cultura di quell’ alta società  del suo tempo che ha i mezzi tecnici ( denaro e tipografia ) per dar corpo al suo sogno umanista: diffondere le scritture tra il popolo. Nell’ anno 1516, durante l’ estate e l’ autunno, Erasmo fu molto occupato. Era appena stato nominato consigliere di Carlo re di Spagna ( e futuro imperatore ) e, in ringraziamento della nomina, compose per lui l’ ” Institutio principis christiani “. Quest’ opera non fu il solo lavoro al quale Erasmo si dedicò durante l’ estate: in quei mesi, infatti, egli attese alla pubblicazione del suo Nuovo Testamento greco-latino, edizione che ebbe risonanza davvero mondiale; Lutero invece tradusse in tedesco la Bibbia e questo fatto ebbe valenze nazionali in Germania. Nello stesso tempo parecchi impegni di lavoro lo costrinsero a spostarsi di continuo e non bisogna quindi stupirsi se gli passò inosservata una lettera che Lutero gli aveva fatto recapitare: in essa vi erano alcune critiche alla sua traduzione latina del Nuovo Testamento; Erasmo la riceve il 19 ottobre: Lutero muove critiche all’ interpretazione erasmiana del pensiero di san Paolo ( tanto caro a Lutero ), e cioò proprio la questione di fondo che 8 anni dopo avrebbe costituito il fulcro della disputa sul libero o servo arbitrio. Sostanzialmente Lutero accusava Erasmo di non aver capito la teologia paolina, specie per quel che riguardava la giustificazione per fede. Erasmo non rispose, ma è molto probabile che non avvertisse la profondità  e la serietà  di fondo delle obiezioni luterane: preso dal turbine della sua attività  in quell’ operosa fine d’ anno le scambiò, probabilmente, per sottigliezze letterarie. Perciò Lutero poteva scrivere a Giovanni Lang ( predicatore ad Erfurt e traduttore della Bibbia ) che le cose umane importano ad Erasmo assai più delle divine. In quello stesso anno, il 31 ottobre, Lutero affigge le 95 tesi alla porta della cattedrale, ed Erasmo, una volta conosciutele, si trovò d’ accordo con Lutero, ma reputò che non fosse opportuno di parlare di quei ” bubboni ” e temette per la mancanza di moderazione da parte del frate rivoltoso. Tuttavia nella storia dei rapporti Erasmo-Lutero c’è una prima fase nella quale il riformatore ricerca l’ amicizia di Erasmo e spera, forse, di indurlo a schierarsi dalla sua parte. Il 28 marzo 1519 Lutero scrive per la prima volta direttamente ad Erasmo invitandolo ad essere ” attore ” nel grande dramma che sta per iniziare e lo chiama ” nostro ornamento e nostra speranza “, riconscendo in lui la paternità  della Riforma, almeno per quel che riguarda sia la lotto contro le superstizioni sia il promuovimento degli studi filologici ed esegetici. La risposta di Erasmo è un omaggio alla non violenza. In realtà  la posizione di Erasmo nel non voler essere ” attore ” di un violento rivolgimento di cose finì, di fatto, per essere non quella di ” spettatore ” del dramma ( come pure proclamava di voler essere ), ma di fautore del papato. ” la vera natura della parola di Dio è di suscitare continuamente una rivoluzione nel mondo… voler soffocare la rivoluzione è voler cacciare dal mondo la parola di Dio ” dice Lutero. Tuttavia Erasmo, se è vero che non vuole essere catalogato come luterano, è altrettanto vero che non vuole neppure essere definito anti-luterano: egli è pienamente consapevole della corruzione della Chiesa. Nel frattempo Lutero viene scomunicato e la Chiesa cerca di farlo ” sparire “, ma egli, con l’ aiuto di Federico di Sassonia, riesce a non farsi prendere: Erasmo arriverà  perfino a scrivere a Leone X in difesa di Lutero: conduce una strenua battaglia in nome della pace religiosa e della tolleranza. Ma se Erasmo non aderì al Luteranesimo non fu certo solo perchò vedeva nel frate rivoltoso una figura poco moderata: per Erasmo, a differenza di Lutero, il centro del cristianesimo è la carità ; va poi detto che Erasmo era troppop razionalista per concepire la ragione come strumento della fede, come arma di lotta e non abbastanza razionalista per condurre fino in fondo quell’ esame critico della ragione che farà  di Cartesio il laicizzatore del libero esame: in fin dei conti Erasmo rimane un ” sorpassato ” a cui manca un temperamento: troppo tiepido per la fede, fu anche troppo tiepido per la ragione e rimase un compiaciuto degli studi letterari quando già  il compiacersi di questi studi costituiva un estetismo e non più un mezzo di liberazione e di trasformazione della realtà . Il libero e il servo arbitrio Tra i tanti viaggi compiuti da Erasmo c’è anche quello a Basilea, dove soggiornerà  per ben 8 anni ( dal 1521 al 1529 ): in questo rifugio neutrale Erasmo si decide a scrivere contro Lutero, cedendo anche, e forse soprattutto, alle insistenze dei papi Leone X e Adriano VI. Anche il nuovo papa Clemente VII lo incoraggia a scrivere per la fede: la lettera è datata 3 aprile 1524 ed il papa non sa ancora che già  dalla fine del 1523 Erasmo ha mandato ad Enrico VIII d’ Inghilterra il brogliaccio di un’ opera sul libero arbitrio. Chi, invece, sospetta qualcosa è Lutero che il 15 aprile scrive ad Erasmo invitandolo a rimanere quel che è sempre stato, uno ” spettatore ” neutrale. Ma ormai Erasmo si è deciso, ma perchò? Probabilmente perchò ” si illuse che fosse ancora possibile salvare la pace con la moderazione, la saggezza e la benevolenza, pur essendo intimamente convinto che nessuna delle due opinioni in contrasto poteva esprimere compiutamente la verità  e che l’ odio restringe la visuale e acceca gli animi “. Nello scegliere l’ argomento per la sua disputa con Lutero Erasmo vide giusto: la questione del libero o del servo arbitrio è fondamentale per la causa della riforma. Di ciò Lutero stesso gli dà  atto dicendo: ” qui è il perno della nostra discussione; qui si trova il nodo del problema: ciò che noi cerchiamo di sapere è questo: cosa può il libero arbitrio? Che cosa subisce? Quali sono i suoi rapporti con la grazia divina? “. Il ” De libero arbitrio ” comparve a Basilea tra il 2 e il 5 settembre 1524. Giunsero subito ad Erasmo le congratulazioni di Enrico VIII, del Vives, di Giorgio di Sassonia, del Gattinara e di molti altri: tuttavia, l’ impressione che si ha leggendo quest’ opera è piuttosto deludente. Erasmo ha colto nel segno indicando nel libero arbitrio ( o nel servo arbitrio ) il fulcro del problema, la pietra angolare sulla quale si innalza l’ edificio dell’ Umanesimo ( o della Riforma ), ma sembra non esservisi impegnato molto. O, almeno, scrive con pacatezza, senza calore, con ordine, ma senza entusiasmo. La sua padronanza di sò sembra più una difesa d’ ufficio, compiuta per dovere, che un’ arringa appassionata compiuta per convinzione. Non che Erasmo non fosse assolutamente convinto della verità  del libero arbitrio: sembra piuttosto non convinto della necessità  di dover perdere tempo, sottraendolo ai suoi studi, per portare simili questioni in piazza, costrettovi da Lutero che ha fatto della religione una questione, appunto, di piazza. Probabilmente non era affar suo trattare d’ un simile argomento. Il problema poteva e doveva essere affrontato in sede filosofica, con rigore e penetrazione di logica stringente; invece l’ opera di Erasmo non è che un’ elencazione di passi con i quali si richiama all’ autorità  della Scrittura, della Chiesa e della tradizione anche se poi si cerca di avviare più che una discussione, una distinzione sui poteri della libertà  umana. Ma la stessa autorità  della Scrittura è richiamata senza un supporto od una impalcatura teologica e, per ciò stesso, perde molto del suo valore. E’ stato giustamente osservato che, anche da parte cattolica, si è riconosciuto che la posizione erasmiana sul problema del libero arbitrio è più eretica della stessa posizione luterana. Il problema del libero arbitrio è un problema che si può affrontare non già  richiamandoci all’ autorità  della Chiesa o dei concili, ma all’ autorità  della ragione. Senonchò Erasmo chiama in causa l’ autorità  della ragione solo in nome del buon senso comune. L’ argomento avrebbe richiesto una tempra di filosofo, ma purtroppo non ci fu che un letterato a prenderla in mano. La reazione di Lutero non si fece attendere. Già  il primo novembre scrive a Spalatino ( solerte cancelliere di Federico di Sassonia ) dicendosi disgustato del ” De libero arbitrio ” ed il 12 dello stesso mese preannunzia al suo amico e collaboratore Nicolas Hausmann che risponderà  ad Erasmo. Tuttavia non può rispondere subito: i primi mesi del 1525 lo vedono impegnato nella polemica contro Carlostadio, poi deve occuparsi delle conseguenze sulla vita della chiesa della fine della guerra dei contadini ed infine il 23 giugno si sposa con Katharina von Bora. E’ solo nell’ autunno del 1525 che può mettersi al lavoro: una sua lettera all’ amico Hausmann ed una a Spalatino ci informano che è impegnato a scrivere contro Erasmo: siamo nel fine settembre 1525. Il 31 ottobre un’ altra sua lettera a Spalatino annunzia che ben presto il suo lavoro contro Erasmo sarà  finito. Il ” De servo arbitrio ” appare a Wittenberg, infatti, a fine dicembre. Lutero mise tutto se stesso nella realizzazione di quest’ opera che, fra tutte, gli fu sempre particolarmente cara. Il suo compito fu agevolato dalla stessa mancanza di struttura filosofica dell’ opera di Erasmo: infatti il ” De servo arbitrio ” è, più che un lavoro di teologia sistematica, un lavoro di teologia biblica. In questo lavoro la padronanza di sò di Lutero è più apparente che effettiva: in realtà , sotto una veste che formalmente vuole sembrare oggettiva e distaccata, brucia uno spirito ardente ed infiammato. Lutero pronuncia davvero un’ arringa appassionata in difesa della causa per la quale ha optato mediante una scelta di fede che rende ai suoi occhi tutto chiaro e convincente. La fede è, proprio a riguardo al problema del libero arbitrio o servo arbitrio, categoria gnoseologica e non psicologica soltanto: ecco perchò il problema, in Lutero, ha una forza di convinzione che, purtroppo, non ha in Erasmo, dove il soggiacente scetticismo e la mancanza di capacità  filosofica rende tutto più morbido ed attutito, comunque meno probante. Lutero sta ad Erasmo come Agostino sta a Girolamo. D’ altronde non è per caso che Erasmo ha sempre dichiarato la sua simpatia per il traduttore della Bibbia e la sua diffidenza per il vescovo di Ippona: è affinità  elettiva tra letterati che gli ispira la simpatia ed è la sua insensibilità  filosofica che gli detta la diffidenza. Il Libero arbitrio di Erasmo si articola in quattro parti: 1 ) una introduzione nella quale l’ autore si richiama alla Disputa di Lipsia tra Carlostadio ed Eck ed alla Assertio di Lutero contro la bolla di Leone X. 2 ) Una esposizione di testi a favore del libero arbitrio. 3 ) Una esposizione dei testi contro il libero arbitrio. 4 ) L’ indicazione di una ” via media ” tra le opposte tesi. Il succo di Erasmo è il seguente: con il peccato originale la libertà  del volere umano non è stata distrutta ma solo viziata. Pur dopo il peccato rimane nell’ individuo la libertà  ( o grazia, come la chiama Erasmo ) naturale di alzarsi, sedersi, andare, venire, parlare, tacere e fare tutte quelle attività  che, comunque, non riguardano il problema della sua personale salvezza. C’ è poi la grazia preveniente od operante che è la capacità  di disprezzare se stessi e la propria condotta: siamo perciò in grado di avere resipiscenze; di pentirci e di decidere una nuova linea di condotta. A questo punto interviene la grazia cooperante la quale, a parere di Erasmo, ci fa fare ciò che abbiamo deciso di fare e infine c’è la grazia che conduce a buon fine le nostre determinazioni e ci sorregge per tutto il cammino del ravvedimento fino alla compiuta santificazione. Sembrerebbe pertanto che senza la grazia non siamo neanche capaci di provare disprezzo per noi stessi e di iniziare una conversione di vita. In realtà  il linguaggio di Erasmo è molto sfumato, quasi equivoco: se è vero che senza la grazia nulla possiamo intraprendere, condurre avanti e concludere per la nostra salvezza ( Erasmo infatti parla di grazia perveniente ed operante, di grazia cooperante e di grazia che conduce a buon fine ) è pur anche vero che questa grazia sollecita, trascina e conclude e proprio per questo presuppone una decisione dell’ uomo che liberamente risponda alle sollecitazioni, cooperi con Dio, e, sia pure con l’ aiuto di Dio, concluda ciò che ha deciso e iniziato. Emerge costante in tutta l’ opera la preoccupazione dell’ umanesimo evangelico, che di fronte allo scatenarsi delle passioni, vuole salvaguardare l’ autonomia della ragione, la libertà  e la dignità  dell’ uomo. Viene però da pensare proprio a riguardo del generoso tentativo dell’ umanesimo evangelico, al detto di Cristo: ” chi vorrà  salvare la sua vita la perderà ; ma chi avrà  perduto la sua vita per amor mio, la troverà  “. Nello sforzo di centrare l’ uomo su tutta la vita, i valori, la cultura, l’ umanesimo evangelico fallì e fu travolto. Proprio nel negare che l’ uomo potesse di per sò essere centro di vita e di luce sul cammino della civiltà  e nell’ affermare con forza che l’ uomo vive solo di riflesso e per riflesso della grazia di Dio, Lutero getta invece le basi di tutta una nuova cultura, di una nuova civiltà , di una nuova storia che non si può dire abbia negatodel tutto i valori che Erasmo voleva salvaguardare, anzi: li ha fatti nascere proprio nel negarli, li ha fatti risplendere proprio nel metterli all’ ombra della sola gloria di Dio. Il servo arbitrio di Lutero, l’ unico lavoro nel quale, insieme al ” Catechismo “, egli vorrà  ancora riconoscersi quando gli si proporrà  nel 1537 una edizione completa delle sue opere, è un poderoso trattato costituito dalle seguenti parti: a ) Prefazione, nella quale giustifica il ritardo con il quale risponde ad Erasmo. b ) Prima parte dove discute sugli argomenti di Erasmo in favore del libero arbitrio. c ) Seconda parte, dove prende in esame gli argomenti erasmiani contro il servo arbitrio. d ) Terza parte in cui confuta il libero arbitrio. Questa divisione non è del testo originale luterano, anche se ne riproduce la successione naturale delle parti: è la divisione che si trova nella edizione francese di Labor et fides ed è stata condotta sulla edizione weimariana per alleggerirne la troppa fitta successione delle pagine. Concludiamo questa introduzione osservando che Lutero, proprio nel rifiuto della tradizione dei padri e nell’ affermazione energica del ” sola Scriptura ” ( che vuol poi dire libero esame, esame cioò assai più libero senza gli impedimenti delle varie interpretazioni patristiche, conciliari, scolastiche e papali ), viene di fatto ad affermare la vera dignità  dell’ uomo singolo che è capace di intendere la parola di Dio. Perquanto il vero umanista, nella giusta ed unica prospettiva storica in cui veramente l’ uomo può essere visto, è Lutero e non Erasmo. Tuttavia Erasmo merita un giudizio più benevolo di quello che fin qui siamo stati più volte costretti a dare. Erasmo non è stato profeta nel suo tempo perchò l’ umanità , che nel suo lungo e pur breve cammino sembra essere allo stadio infantile, se non è guidata da una mano salda e forte, si perde per strada e si smarrisce. Dunque Erasmo parla di diverse grazie, quella naturale, che di fatto è la possibilità  di scegliere tra il bene e il male, e quella ” vera ” secondo la quale Dio darebbe ad alcuni uomini la fede senza la quale non si può essere salvati. Per Erasmo la fede è quella condizione grazie alla quale l’ uomo può scegliere tra bene e male. Erasmo in questo differisce nettamente da Lutero perchò a suo avviso nell’ ambito della fede si può scegliere tra bene e male. Lutero nel libero arbitrio dice: ” Se il discernimento del bene e del male e la stessa volontà  di Dio fossero stati nascosti all’ uomo, non si sarebbe potuto imputargli una cattiva scelta “. Ma una cosa su cui Erasmo faceva particolarmente leva erano i comandamenti: se l’ uomo non fosse libero di scegliere tra bene e male, perchò mai Dio gli avrebbe dato dei comandamenti da seguire? Ma Lutero ha una risposta pronta: i comandamenti non sono stati dati all’ uomo perchò li seguisse, infatti non potrà  mai seguirli visto che è schiavo del male, ma per portare l’ uomo alla disperazione di se stesso ( Lutero dice: “… ha per scopo di strappar l’ uomo al suo torpore, onde prenda atto della sua impotenza ” o ancora: ” quanto fu stolto Cristo ad aver versato il suo sangue per procurarci questo Spirito, dato che esso non ci è necessario visto che anche senza di lui siamo capaci di osservare i comandamenti ! ” ): nel vedere la propria impotenza nel rispettare i comandamenti, l’ uomo arriva alla disperazione, alla sfiducia e questo lo porta alla fede: uno dei motti più importanti di Lutero era ” desperatio fiducialis “: Lutero è ostile alle opere perchò esse danno all’ uomo l’ illusione di poter raggiungere con le sue forze la salvezza. Tutto il processo della desperatio, spiega Lutero, è comunque dipendente dalla grazia divina: è Dio che porta l’ uomo dalla desperatio alla fede: vi è l’ idea di una predestinazione, ossia che nella massa dei dannati Dio sceglie alcuni uomini a cui dare la grazia della fede. Si potrebbe contestare a Lutero un’ ipotetica ingiustizia divina: perchò dà  la fede solo ad alcuni? Ma Dio è giusto e misericordioso: giusto perchò condanna tutti gli uomini e misericordioso perchò ne salva alcuni. Ciò su cui Erasmo puntava molto nella sua polemica erano le opere: se non servono a nulla, visto che l’ uomo le fa solo per suo egoismo, a che serve compierle? Ma Lutero non dice che non vadano compiute: per lui le opere buone sono l’ effetto della salvezza; Lutero è senz’ altro influenzato dalla frase di Matteo: ” dai frutti li riconoscerete “. Quindi per Lutero le opere sono buone o cattive a seconda che siano opere di fede o no: il giusto farà  le opere non per guadagnarsi la salvezza, ma solo per la gloria di Dio, per ringraziarlo di aver concesso ad alcuni la salvezza. Come già  accennato, Erasmo vedeva nella carità  il fulcro del cristianesimo e nella sua opera dice: ” a me pare che la fede debba la sua origine ed il suo sviluppo alla carità , così come quest’ ultima lo deve alla fede “. Per Erasmo senza il libero arbitrio sarebbe impossibile spiegare le questioni della giustizia e della misericordia divina: come potrebbe Dio giudicare l’ uomo se egli potesse solo commettee il male? Non avrebbe senso. Lutero, di fatto, finiva per accusare Erasmo di semi-pelagianesimo perchò gli pareva che stando a ciò che diceva Erasmo l’ uomo potesse raggiungere la salvezza con le sue forze, compiendo buone azioni: Erasmo replica a quest’ accusa dicendo che senz’ altro Pelagio ” finisce poi per dare al libero arbitrio più di quel che conviene ” e che in fin dei conti agostino, nella sua disputa con Pelagio è stato ” meno giusto nei riguardi del libero arbitrio di quello che era prima “, ossia di quando in un primo tempo aveva sostenuto il libero arbitrio. Sostenere il servo arbitrio, o meglio, negare il libero arbitrio in modo radicale, secondo Erasmo, e pretendere che tutto si faccia per necessità , dichiarando che Dio opera in tutti gli uomini non solo le opere buone, ma anche le malvagie porta alla conseguenza che l’ uomo non ha alcun titolo ad essere considerato come l’ autore delle sue buone opere e non si può neppure considerarlo come l’ autore delle malvagie. Questa conclusione che sembra chiaramente attribuire a Dio ingiustizia e crudeltà  è assolutamente ineccepibile e facilmente smontabile: noi non possiamo permetterci di giudicare Dio, anche se punisce apparentemente senza motivo, ma dobbiamo approvare tutto ciò che fa, persuadendoci del fatto che tutto ciò che Dio fa è inevitabilmente buono. Lutero si schiera contro il libero arbitrio dicendo: ” ma tutto ciò che non è fatto dalla grazia di Dio non può essere buono. Dal che ne segue che il libero arbitrio, privato della grazia di Dio, non è libero, ma prigioniero e schiavo del male, dato che non può, da solo, volgersi verso il bene “. Se poi la Scrittura, come sostiene Erasmo, è oscura, allora, sostiene Lutero, è impossibile trovarvi una definizione precisa del libero arbitrio. Il fatto che l’ uomo dica ” se voglio “, ” se faccio “, ” se intendo ” e così via non dimostra l’ esistenza secondo Lutero del libero arbitrio in quanto sono parole ” umane “, ossia hanno un senso convenzionale convenuto tra gli uomini: è chiaro che con Dio tutto questo non c’entra proprio niente: le realtà  celesti son ben diverse da quele terrestri. Lutero, poi, contesta le numerose interpretazioni figurate e simboliche delle Scritture, di cui Erasmo si è ampiamente servito per dimostrare l’ esistenza del libero arbitrio nelle Scritture: ” tutti gli errori delle Scritture non provengono dalla semplicità  dei termini, ma dal fatto che si trascura questa semplicità  e che si aggiungono interpretazioni figurate partorite dai cervelli dei commentatori “. Lutero critica aspramente ancora una volta le opere compiute dall’ uomo non per amore di Dio, ma per puro egoismo: ” non c’è nulla di più disonesto e più sacrilego agli occhi di Dio che le azioni compiute non per la gloria di Dio, ma per strappargli quella gloria nel modo più empio ed attribuirsela “.

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