Vita e filosofia di Proudhon - Studentville

Vita e filosofia di Proudhon

Pensiero e vita del filosofo Proudhon.

Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865) elaborò una forma di socialismo antiborghese e anarchico; nato a Besancon, in un primo tempo lavorò in una tipografia, poi, nel 1840, pubblicò la prima memoria sulla proprietà  ( Che cos’è la proprietà ? ), dedicata all’Accademia di Besancon che la sconfessò, nel 1841 la seconda memoria, dedicata a Blanqui (che sarà  esponente politico del movimento socialista nel governo provvisorio del 1848, sostenitore di una poletica in cui il giacobinismo era commisto al marxismo), e nel 1842 la terza, immediatamente sequestrata. Accusato di attentato alla proprietà  privata e alla religione e di incitamento all’odio per i governi, fu assolto; nel 1844 a Parigi entrò in contatto con Bakunin e Marx, con il quale però tuttavia ruppe ben presto i rapporti. Nel 1846 pubblicò il Sistema delle contraddizioni economiche o filosofia della miseria, a cui Marx non tardò a rispondere con la Miseria della filosofia. Nel 1848 Proudhon prese parte alla rivoluzione, fu redattore del giornale “Le Reprèsentant du Peuple” e venne eletto nell’Assemblea costituente, ma l’anno successivo, avendo attaccato Luigi Bonaparte (il futuro Napoleone III), fu condannato a tre lunghi anni di prigione. Nel 1851 pubblicò la Filosofia del progresso e, nel 1859, Sulla giustizia considerata nella rivoluzione e nella Chiesa. Anche quest’opera, forse la sua più importante, fu immediatamente sequestrata ed egli fu di nuovo condannato a tre anni di prigione. Per evitarla si rifugiò a Bruxelles e solo nel 1862 tornò in Francia. Tra i suoi ultimi scritti vanno ricordati La guerra e la pace (1861) e Sul principio federativo (1864). Proudhon è radicalmente contrario al principio economico del “lasciar fare”; contrariamente a quanto pensava Marx, egli ritiene che l’economia non poggi ancora su basi scientifiche, essa piuttosto deve essere diretta dalla volontà  umana e subordinata ad obiettivi superiori, in primis alla giustizia. La storia è il dominio della libertà , che ha il proprio fine nella realizzazione della giustizia. Sono però possibili due diversi modi di concepire la giustizia, come risultato di un’imposizione da parte di un’autorità  esterna superiore all’individuo o come facoltà  dell’individuo stesso di riconoscere le pari dignità  di ogni altro individuo. Nel primo caso si pretende di realizzare la giustizia a discapito della libertà  individuale, ma Proudhon respinge la legittimità  di ogni tipo di autorità  superiore all’individuo, e precisamente di quella di Dio in ambito religioso, dello Stato nella sfera politica e della proprietà  in quella economica: di qui il suo radicale anarchismo, che significa letterariamente “rifiuto di ogni potere”. Lo Stato, in particolare, è considerato un’istituzione assurda o illegale, finalizzata alla scopo, da parte di alcuni, di sfruttare i propri simili tramite la forza, così come la proprietà  privata è finalizzata allo sfruttamento del lavoro altrui. Ogni individuo ha invece il diritto di godere della massima libertà , a patto che uguale libertà  sia riconosciuta anche a tutti gli altri. Sulla base della libertà  e della giustizia, come riconoscimento della pari dignità  altrui, è possibile, secondo Proudhon, la libera organizzazione di una società  mutualistica, in cui i lavoratori, in quanto produttori, si scambiano i prodotti, in modo da costruire un tutto armonico. Il perno di essa è la famiglia: Proudhon, infatti, considera il matrimonio indissolubile ed è contrario all’emancipazione femminile. In questa nuova forma di società  lo Stato e le sue leggi finiscono per scomparire e la loro funzione può essere assolta da contratti liberamente stipulati, volti a risolvere i problemi della convivenza. Sarà  così possibile l’instaurazione della giustizia, che è agli antipodi del nazionalismo e della guerra, negazione di ogni rispetto per la dignità  umana. Al pensiero di Proudhon si richiamarono movimenti e pensatori anarchici, come Bakunin e Kropotkin. La critica mossa da Proudhon alla proprietà  privata (definita come “un furto” per il fatto di non trarre la propria origine dal lavoro, ma da un’indebita appropriazione) è feroce, come feroce è anche quella mossa alla statalizzazione, considerata come la massima espressione dell’oppressione, incompatibile con la libertà  e con la giustizia; ed ecco allora che, come accennato, in antitesi al liberismo (forma di individualismo selvaggio) come al socialismo di stato (forma di oppressione collettiva), Proudhon immaginava una società  basata sulla libera cooperazione tra i lavoratori, sia sul piano produttivo sia su quello assistenziale, attraverso associazioni di solidarietà .

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