Gli studi e la spiritualità che si instaurano nell’ abbazia di San Vittore a Parigi, fondata dal maestro e avversario di Abelardo, Guglielmo di Champeaux, mostrano come la stessa cultura monastica, innestata in un tessuto urbano, giunga a modificare i suoi contenuti e i suoi caratteri. Allievo di Guglielmo è Ugo di San Vittore, morto nel 1141, il quale, originario della Sassonia, insegna a San Vittore le arti liberali e la teologia. Egli corregge la tendenza a considerare immediatamente l’ universo un sistema di simboli e a trovare una corrispondenza immediata tra macrocosmo e microcosmo. In una delle sue opere principali, il Didascalico, egli sostiene che se si interpreta allegoricamente il testo sacro a prescindere dalle ” historia “, ossia dal suo significato letterale, si procede a vuoto. La Scrittura è come una grande ” fabrica spiritualis “, una struttura nella quale cose e parole hanno significato, anche simbolico, ma all’ interno di una trama storica, dalla quale non possono essere separate. Nello scritto ” Sui Sacramenti della fede cristiana ” Ugo interpreta allegoricamente i misteri della fede, ma ancorandola alla ” historia “, mira ad eliminare eventuali arbitrarietà dall’ interpretazione. Nel Didascalico Ugo costruisce una sorta di mappa del sapere, che mostra come l’ ambiente di San vittore, inserito in un contesto urbano, fosse ormai attento anche al mondo delle arti. Contrariamente a San Bernardo, Ugo rivaluta il sapere profano in tutti i suoi aspetti: esso è subordinato alla scienza sacra, ma non è in contrasto con essa, bensì è un gradino che conduce ad essa. L’ uomo caduto a causa del peccato originale deve infatti percorrere un cammino che lo guidi al ricupero della conoscenza e della virtù originale, che sono state smarrite. ” Impara tutto, vedrai che poi nulla è superfluo “, dice Ugo. Su questa base, egli procede ad una articolazione delle forme del sapere non più fondata sulla tradizionale partizione in trivio e quadrivio, o meglio, tale partizione viene riassorbita in un quadro più ampio, che presenta come novità saliente uno spazio anche per la pratica e per le tecniche. La stessa meccanica vi trova posto, anche se l’ idea classica della superiorità della contemplazione, rafforzata dalla concezione cristiana del lavoro come castigo inflitto a causa del peccato originale commesso da Adamo, conduce Ugo a qualificarla con gli aggettivi di ” servile ” e ” adultera “, nel senso platonico di una inferiorità degli oggetti artificiali rispetto agli originali. Nonostante ciò, la meccanica stessa, inserita nel quadro delle discipline che hanno al loro vertice la teologia, si riveste di nuova dignità , sicchò anche le forme più basse del sapere, che permeano le attività cittadine del commercio e dell’ artigianato, possono contribuire all’ ascesa verso le conoscenze più alte e, quindi, a Dio. In questo senso, la mappa del sapere di Ugo di San Vittore è anche specchio della rinascita del mondo delle città nel XII secolo, tanto più significativo in quanto proveniente da un ambiente monastico. Al di sopra delle vie della ragione, che la natura dà all’ uomo, si collocano, secondo Ugo, le vie della rivelazione, che sono date dalla grazia; esse hanno luogo o per via di illuminazione interna o attraverso gli insegnamenti della tradizione: la grazia, così, completa la natura. Ma anche la ragione, partendo dalla considerazione delle cose esterne o interne all’ uomo, è in grado di giungere al riconoscimento dell’ esistenza di Dio, della Trinità e della creazione del mondo. Diversamente da Abelardo, Ugo sostiene che Dio avrebbe potuto creare un mondo migliore; se si nega questa possibilità , si deve ammettere o che il mondo non è privo di alcuna perfezione o che esso non è suscettibile di avere una perfezione maggiore di quella che ha e quindi è imperfetto, ma, nel primo caso, il mondo sarebbe simile a Dio, in quanto entrambi sarebbero o finiti o infiniti, e ciò è assurdo, perchò non è possibile che non ci sia differenza tra ciò che è creato e il creatore; nel secondo caso, invece, si ha las conferma che il mondo, essendo incapace di una perfezione maggiore, è imperfetto. Di conseguenza, solo Dio è perfetto e il mondo creato non possiede una perfezione assoluta. La creazione, d’ altra parte, è un libero atto della volontà divina, ma mentre la volontà di creare da parte di Dio è eterna, non è eterno ciò che è creato in virtù della volontà divina. Inoltre, Dio non vuole qualcosa in quanto questo qualcosa è buono ( come aveva detto Platone ), ma questo è buono in quanto voluto da Dio. In particolare, Dio ha creato l’ uomo perchò lo serva, così come ha creato il mondo sensibile perchò sia al servizio dell’ uomo. Il percorso di avvicinamento dell’ uomo a Dio ha il suo momento culminante nella via mistica, che si articola in tre momenti: 1) cogitatio, ossia il pensiero che procede per immagini che gli provengono dai sensi o dalla memoria; 2) meditatio, il pensiero che ripiegandosi entro di sò cerca di penetrare ciò che è nascosto, 3) contemplatio, cioò la visione compiuta di tutto ciò che è stato esaminato. Il grado supremo è dato dalla contemplazione mistica, che consiste nel trascendere se stessi per unirsi a Dio.
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