Vita e pensiero del filosofo Antifonte - Studentville

Vita e pensiero del filosofo Antifonte

Approfondimento sulla vita e pensiero di Antifonte.

Ci furono almeno due Antifonte, l’uno oratore, e l’altro sofista; l’uno originario di Atene e l’altro originario di Ramnunte. Senza escludere l’ipotesi di un terzo uomo, autore, come vedremo, di un trattato sui sogni. Antifonte di Ramnunte fu, forse, più celebre al suo tempo e nei periodi immediatamente successivi ma, non si sa bene, ancor oggi, chi sia davvero l’autore di un’opera in due libri sulla Verità . Ragioni stilistiche portano ad escludere che l’autore possa essere l’oratore e che, quindi, sia il sofista l’uomo che cerchiamo, ovvero quel tizio che tra i primi affermò che le leggi umane sono tutte convenzionali e che l’uomo dovrebbe seguire le leggi di natura, posto che sia possibile stabilire quali sono. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tuttavia, non fu questo l’aspetto più importante del contributo alla storia del pensiero di Antifonte. Se l’autore ò la stessa identica persona, come vedremo, la tesi delle leggi di natura non quadra del tutto con l’affermazione che si deve cercare l’accordo e la convivenza pacifica, perchò, seguendo la natura, ò assai probabile che si affermino aspetti egoistici, e non accordi sociali armoniosi. Viene da chiedersi se siamo di fronte ad un filosofo contraddittorio e paradossale, oppure ad una inedita profondità  di pensiero, che seppe bene, infine, mostrare la conflittualità  intima cui si trova spesso ogni individuo che ragioni. Il secondo lavoro di Antifonte, Della Concordia, potrebbe risultare la continuazione necessaria della Verità , anche se, in proposito, si ò osservato che lo stile ò diverso, “più artificioso”, in forma di dialogo e non di trattato. L’Untersteiner si confessa contrario all’ipotesi del dialogo e francamente non saprei pronunciarmi. L’opera Politico ò di più difficile attribuzione perchò, come testimonia Senofonte nei Memorabili, rivelerebbe un uomo che vuole avere influenza sullo stato, quindi più il retore che il maestro di virtù. Ma l’Untersteiner ò piuttosto deciso nell’attribuire anche quest’opera al sofista. Analogamente, egli sostiene che anche Dell’interpretazione dei sogni mostra coerenza con la dottrina del sofista di nome Antifonte. Risultassero vere tutte le ipotesi dell’Untersteiner, saremmo di fronte ad una personalità  notevole, da distinguere decisamente rispetto all’Antifonte retore. Altre notizie sulla vita sono impossibili a trovarsi. Siamo di fronte ad un piccolo enigma della storia e la cosa ò non poco sconcertante, come vedremo, perchò il pensiero di Antifonte costituì una prima ed importante risposta alla sfida di Gorgia ed alle sue posizioni provocatorie. Sia Platone che Aristotele, ma soprattutto quest’ultimo, ricorsero ad argomenti elaborati da Antifonte e ragionando su molti temi sollevati nei libri di Fisica dello Stagirita, si ha chiaro lo stimolo esercitato da questo pensatore. Antifonte riprese certamente l’ideale protagoreo della pacificazione della vita sociale nel libero confronto di opinioni, ma dovette obbligatoriamente misurarsi, con la dottrina gorgiana della negazione di ogni validità  alle esperienze sensibili, ed anche a quelle più squisitamente intellegibili, sentendosi certamente contrariato e negato da questo attacco alle sue più profonde convinzioni. L’Untersteiner offre una citazione nella quale Antifonte riprese il pensiero di Gorgia, esponendolo per poi criticarlo: ” di lui [cioò di Gorgia] apprenderai queste cose: « e che non vi ò / per lui nulla che sia uno, fra quante cose può vedere con la vista più lungi e può pensare con l’intelletto chi più lungi può conoscere…» In vista dell’obiettivo di rivalutare non solo sensi, esperienza e ragione, ma anche l’unità  sostanziale dell’individuo, si può pensare che Antifonte abbia realizzato una contestazione puntuale ed articolata di tutte le tesi gorgiane, in particolare quella che affermava che nè l’eternità , nò la corruzione siano predicabili dell’ente. Come rispose Antifonte? Egli pose, in modo davvero efficace, e prekantiano ante-litteram, il tempo come scienza del prima e del poi, misura degli eventi, ordine della loro successione. Gorgia aveva persino provato a negare l’esistenza del tempo, ma aveva sbagliato clamorosamente a confutarlo come esistente in senso ontologico, giacchò il tempo, disse Antifonte, non ò sostanza, ma, certamente, sarà  “misurabile” e noi lo misuriamo con giorni, ore, lune, cicli di anni. Indirettamente vi ò una precisazione rispetto anche a Protagora: l’uomo che conosce il tempo non ò solo misura soggettiva di tutte le cose, ma anche misura oggettiva, ovvero comune a tutti quanti abbiano il senso del tempo. Le esperienze si succedono nel tempo, dunque ò possibile ordinarle e riflettere su di esse. Il loro verificarsi riporta ad un logos, una ragione per la quale, prima di questo, si ò verificato quest’altro. Possiamo avere dubbi, avrà  certamente concesso Antifonte, sulla validità  di una singola esperienza o sensazione, ma non sulla loro concatenazione. Gorgia nega la legittimità  razionale della concatenazione, Antifonte l’afferma. E l’argomento con il quale si volge contro Gorgia, e probabilmente vinse la contesa, fu che l’infinito non esiste in forma attuale, argomento che certamente convinse Aristotele, il quale l’elaborò in parte meglio ed in parte peggio. Tutto sta nel comprendere che, se si vuol dare valore ad un’esperienza, essa deve considerarsi finita. Così come cessiamo di osservare che quando il cielo si annuvola ò possibile che piova, ma quando il cielo ò sereno, ò impossibile che piova. Non vi ò alcun motivo per continuare all’infinito l’osservazione del cielo. Su questo piano, e solo su questo, ovviamente, la logica di Antifonte ebbe la meglio. Ma bastava ad andar oltre le difficoltà  opposte da Gorgia al processo conoscitivo. Tutte le esperienze si attuano, si attuarono e si attueranno in parte per natura e per caso e in parte per arte Questo disse Antifonte, ed ò evidente in questa affermazione lo sforzo per distinguere il carattere e le qualità  di ogni singola esperienza. Delle esperienze si può parlare in generale, ma rischiamo di fare d’ogni erba un fascio, se non le analizziamo e le classifichiamo una per una. Il caso va inteso in senso soggettivo. Alcune esperienze ci sono capitate per caso e non perchò le abbiamo volute e cercate, ma non per questo sono meno istruttive delle altre. Quelle per arte, sono dovute al fatto che siamo in grado di fare alcune cose, e l’arte di fare le cose ò dovuta all’esperienza. Come potrebbe un inesperto costruire una casa od una trireme? L’Untersteiner aggiunge una sorta di completamento a questa tesi: “tutto quello che viene fatto secondo la legge e indipendentemente dalla legge viene senz’altro compiuto in dato tempo o ò stato compiuto o lo sarà .” Scrive a commento: ” Il concetto unitario che ne risulta ò chiaro: le esperienze, deve aver detto Antifonte, a qualunque ordine appartengano, sia naturale sia intellettuale, esistono perchò / si manifestano secondo quella successione temporale che, sola, rende possibile un giudizio di esistenza.” Per Antifonte, quindi la percezione sensibile, la memoria che abbiamo di questa, ò garanzia sufficiente della validità  del conoscere, confutazione oggettiva a qualsiasi contestazione dell’inganno dei sensi. Non ci ò dato di sapere a quale livello ci fu anche una polemica con Democrito e la sua teoria della soggettività  assoluta in ordine al giudizio di dolce ed amaro, ma ò probabile che Antifonte, mente analitica di eccezionale livello, come si sarà  compreso, abbia avanzato qualche precisazione in ordine alla differenza tra sensazione elementare ed intensità  di piacere o dispiacere che proviamo rispetto ad essa. All’affermazione gorgiana della impossibilità  umana di distinguere tra ciò che esiste veramente e ciò che esiste solo nella nostra fantasia, Antifonte rispose per le rime, asserendo che solo ciò che esiste ò visibile e conoscibile, mentre la fantasia non ha riscontro materiale e formale con la realtà . L’impossibile non può concretarsi. L’esempio avanzato fu quello di un letto di legno sepolto sottoterra, che per “putredine”, producendo un germoglio, non si sarebbe mai duplicato come letto, ma semplicemente come legno. Anche su questo piano, sembra dire l’Untersteiner, Antifonte distinse natura ed arte, e probabilmente vide nell’arte intesa come tecnica di manipolazione, un’estensione della natura, alla maniera di Prodico di Ceo. Tuttavia, mentre Prodico negò e confutò l’opposizione tra natura e mondo dell’uomo, tra natura e civiltà , Antifonte ammise, anzi, affermò, che tutto ciò che ò civiltà  e legge, appartiene al mondo della convenzione, senza peraltro considerare che la convenzione stessa ha tratto origine dalla necessità  di porre fine alla contesa tra uomo e uomo onde porre le condizioni della coesistenza pacifica. Opposizione di natura e legge civile Si ò scritto che Antifonte fu particolarmente sensibile al tema della costrizione dell’individuo in abiti civili e formali, e che egli detestava l’eccesso di leggi, di obblighi, di norme che si moltiplicavano all’infinito, ignare ed irrispettose della natura umana, e persino della libertà . Non ò chiaro, ovviamente, se questa particolare posizione fosse frutto di una contingenza storica e politica, il dilagare dei diritti del volgo e quella dittatura del conformismo delle masse deprecato da così tanti filosofi in ogni epoca, o se invece rispecchiasse una posizione più profonda e radicale. Comunque sia, il contrasto con Prodico ò evidente, dettato da un’insofferenza per l’eccesso legislativo che aveva una qualche dignità  filosofica. Antifonte non era un guerrafondaio, e non mirava a liberare belve bionde. Non teorizzò il diritto del più forte a fare i propri comodi nella società . Aveva di mira la concordia politica e sociale. Credeva nell’accordo e nel compromesso, proprio per il suo carattere convenzionale. E’ pertanto da escludere che egli rappresentasse interessi forti compressi dalla legislazione populista. Molto più probabilmente, egli vide che l’eccesso legislativo procurava effetti opposti a quelli desiderati: non più ordine e disciplina, ma caos, ingorghi giudiziari, sentenze contraddittorie, una macchinosità  sempre più frenante e debilitante. Fu dunque chiaramente consapevole che la legge interpretata in questo modo cavilloso ed ossessivo portava alla moltiplicazione delle ingiustizie, anzichò a giustizia. E, per di più, esprimeva una visione totalmente pessimistica rispetto all’uomo vero, in carne ed ossa, all’uomo prodotto dalla natura e capace per questo, e non per educazione, di essere virtuoso. Intendiamoci: non buono di natura, nel senso predicato da Rousseau, ma virtuoso nel senso di virile, onesto, quadrato, fermo e responsabile. O per dirla con Aristotele, in grado di deliberare e di cercare l’eccellenza in ogni cosa. La legge come divisione tra gli uomini e le città  Un altro punto interessante della critica che Antifonte rivolse alla legge intesa come nomos fu quello del particolarismo. Ogni città  ha la sua legge, e spesso ciò che ò giusto e legale qui, ò ingiusto ed illegale là . L’eccesso legislativo ò dunque un fattore di divisione, un’esasperazione delle differenze, un contrasto artificioso tra gli uomini. Nessuna legislazione particolare, portata all’estremo cavilloso, può considerarsi universale, e quindi davvero utile a metter fine alle incomprensioni, alle guerre. Ateo Pare certo che Antifonte si sia professato ateo. Si ricava questa impressione esaminando l’affermazione, riportata dall’Untersteiner, che “gli dei furono prodotti d’arte e non di natura”. Del divino vi potrebbe essere esperienza, tuttavia, in quanto il nome di ogni singolo dio rinvia all’esperienza che noi abbiamo di determinate funzioni ed operazioni. Isolate ed astratte dal contesto generale delle attività  umane e naturali, il forgiare i metalli diviene arte di Efesto, l’usare saggezza, prudenza ed astuzia ò arte di Athena, vedere lontano ò arte apollinea, e… la musica espressione del dionisiaco. Distinzione tra arti fantastiche e tecnica di cose serie C’ò qualcosa che non convince nel quadro generale disegnato dall’Untersteiner, ed ò la presunta condanna che Antifonte avrebbe formulato nei confronti di musica e poesia. L’apertura mentale di Antifonte, se tutto quanto riportato fin qui corrisponde in qualche modo al vero, non può essersi improvvisamente richiusa di fronte al fenomeno artistico più spontaneo, naturale e genuino: il canto degli uccelli, il canto dell’uomo, la creazione di un testo che racconta esperienze ed emozioni. Forse, Antifonte, ebbe una personale antipatia per la musica e la poesia, ma non al punto da farne una questione di politica educativa. Supponendo, come l’Untersteiner, che Antifonte intendesse escludere dai programmi educativi musica e poesia, si viene di fatto ad ammettere una contraddizione radicale: ovvero l’intenzione di una legislazione per regolare l’educazione e fissarne a priori i contenuti, in maniera censoria. Pare accettabile l’idea della distinzione tra arti rivolte a produrre effetti artistici ed arti rivolte a produrre beni indispensabili, e quindi fondamentali. Poteva essere l’inizio di una riflessione sull’economia politica, ma non abbiamo alcuna notizia che giustifichi una simile ipotesi. I sogni Se l’Antifonte di cui abbiamo parlato finora sia lo stesso autore del trattato sui sogni non può essere certo nemmeno al 50%. Tuttavia, potremmo prendere per buone le affermazioni dell’Untersteiner, in mancanza di meglio. Il sogno ò, in fondo, un evento naturale cui nessuna legislazione può imporre regole di svolgimento e tantomeno di interpretazione. La posizione di questo Antifonte fu paradossalmente opposta al suo credo fondamentale: sbagliata la divinazione naturale, corretta la divinazione artificiosa. Seguendo la prima, si ha che il sogno ò propizio quando riporta eventi felici, e funesto quando propone situazioni drammatiche ed eventi funesti. Al contrario, la divinazione artificiosa prescindeva da questo semplicistico punto di vista, e consentiva di interpretare in senso propizio anche gli incubi notturni. Questo Antifonte cercò di evidenziare l’esistenza di una scienza mantica, e si disse in grado di padroneggiarla, ma francamente le argomentazioni dell’Untersteiner non mi risultano affatto persuasive e chiarificatorie. Ma ò difficile dire che questo Antifonte sia lo stesso di cui abbiamo parlato finora. Sulla legge “[…] Giustizia consiste nel non trasgredire alcuna delle leggi dello Stato di cui uno sia cittadino; e perciò l’individuo applicherà  nel modo a lui piຠvantaggioso la giustizia, se farà  gran conto delle leggi, di fronte a testimoni; ma in assenza di testimoni, seguirà  piuttosto le norme di natura; perchè le norme di legge sono accessorie, quelle di natura, essenziali; quelle di legge sono concordate, non native: quelle di natura, sono native, non concordate. Perciò, se uno trasgredisce le norme di legge, finchè sfugge agli autori di esse, va esente da biasimo e da pena; se non sfugge, no. Ma se invece violenta oltre il possibile le norme poste in noi da natura, se anche nessuno se ne accorga, non minore ò il male, nè ò maggiore se anche tutti lo sappiano; perchè si offende non l’opinione, ma la verità “. (Fr. 87 B 44 A DK Papiro di Oxyrinco, XI n. 1364)

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