La data si avvicina: avete comprato gli abiti da cerimonia, acquistato i regali ma il dubbio che affligge ogni invitato è da sempre lo stesso: Cosa scrivere sul biglietto d’auguri agli sposi?! Quali le parole giuste per una dedica così importante?! Tralasciando le frasi di auguri di matrimonio simpatiche e divertenti, per optare su qualcosa di insolito e non banale possiamo fare affidamento alle legende sul matrimonio e alle frasi dei più grandi poeti dedicate all’amore: prendete nota!
Miti e leggende sul matrimonio
Parola d’ordine: bando alle banalità! Potrebbe allora essere interessante rifarsi alle antiche leggende legate ai riti nuziali, spesso dati per scontati dagli sposi affaccendati nei preparativi. Citare in una dedica i significati profondi di alcuni gesti rituali compiuti durante la cerimonia potrebbe contribuire a restituire loro il peso simbolico che meritano, accrescendone la consapevolezza e la carica emozionale; certo gli sposi ve ne saranno grati!
Ecco quindi qualche spunto interessante. Partiamo dall’usanza di gettare riso sugli sposi all’uscita della chiesa, un momento emozionante, certo, una cornice meravigliosa per le classiche foto di matrimonio, ma quali sono i significati reali di tale gesto? L’usanza viene fatta risalire a un’antica leggenda cinese. Si narra che un giorno il Genio Buono, nel vedere i contadini soffrire a causa di una grave carestia, si impietosì e sacrificò tutti i suoi denti, disperdendoli in una palude. L’acqua li trasformò in semi da cui germogliarono migliaia di piantine di riso, i cui frutti, tolta la buccia, ricordavano il biancore dei denti: da quel giorno quindi, dove c’è riso c’è abbondanza e il lancio dello stesso sugli sposi è dunque simbolo di amore e di prosperità.
Valore e significato della fede nuziale
Immancabile poi il momento dello scambio delle fedi, ma perché un anello al dito è divenuto simbolo universale del matrimonio? Analizziamo i fatti: la parola “anello” deriva dal termine latino “anellus” diminutivo di “anus“, cioè cerchio, figura che da sempre rappresenta la perfezione, la compiutezza, l’unione, ciò che non ha rottura e cesura, l’emblema di ciò che non ha inizio né fine, formato da una linea unica le cui estremità si ricongiungono per annullarsi l’una nell’altra. La forma sferica rappresenta quindi la perfezione di una unione, l’unione delle vite di due persone innamorate in una sola.
La storia delle fedi nuziali è legata a quella più generica di “usare” gli anelli come simbolo di un qualcosa, nel corso dei secoli il loro significato simbolico e gli usi che ne sono derivati sono stati molteplici, ma tutti accomunati da una funzione decorativa o come emblema di uno stato sociale. Gli antichi egizi , ad esempio, saldavano agli anelli dei sigilli raffiguranti scarabei e geroglifici, mentre i greci indossavano cerchietti d’oro con cammei o incisioni. Presso gli antichi romani l’uso di questi monili era regolato dalla legge: gli anelli dei cittadini liberi erano d’oro, quelli degli schiavi liberati d’argento e quelli degli schiavi di ferro.
Anche i cristiani ben presto presero l’abitudine di utilizzare questi gioielli e dal Medioevo in avanti venne adottata la pratica della consegna di un anello a re e vescovi durante la cerimonia di incoronazione o consacrazione. Per tradizione, i pontefici ricevono tuttora il cosiddetto “anello piscatorio”, utilizzato per sigillare le epistole papali, viene spezzato alla morte del pontefice. La popolarità di questo tipo di ornamento raggiunse il culmine nel XVI secolo, periodo in cui si amava indossare su ciascun dito uno o più anelli, dotati di sigillo o impreziositi da pietre. Gli anelli nuziali e di fidanzamento hanno origini lontane: nei tempi più antichi, durante la cerimonia nuziale, un cerchio veniva tracciato in terra intorno alla coppia in segno di buon augurio. In seguito quel cerchio si trasformò in anello: la fede. Secondo una tradizione medioevale, invece, la futura sposa che voleva garantirsi un amore eterno intrecciava un filo dei suoi capelli ed uno del suo amato attorno ad un anello con diamante, lo portava sul cuore per nove giorni ed infine lo donava al futuro marito. Nell’epoca Romana si distinse l’anello di fidanzamento, detto “anulus pronubus”, che serviva a suggellare la promessa di matrimonio, dall’anello nuziale, detto invece “vinculum“. Il vincolum romano, fatto di ferro (raramente d’oro o d’argento) inizialmente veniva indossato solo dai maschi, ma presto venne esteso anche alle donne. La consuetudine, sia maschile che femminile, di indossare un anello dopo il matrimonio si affermò del tutto solo a partire dal XVI secolo, mentre l’abitudine di incidere i nomi degli sposi e la data delle nozze all’interno di questo risale al Settecento.
L’uso dell’oro per la fabbricazione delle fedi, si deve poi all’influenza cristiana, per cui l’oro è da sempre simbolo di eternità: non a caso d’oro sono gli sfondi delle icone e delle decorazioni di molte chiese, e d’oro sono le aureole dei santi. Oggi si usano sempre di più le fedi in oro bianco o acciaio, ma se agli sposi è concesso di scegliere il tipo di fede, lo stesso non si può dire in merito al “dove indossarla”: la fede va messa all’anulare della mano sinistra. Un’usanza che ha diverse origini: la prima deriva probabilmente da un antico rito della Liturgia Cattolica, quando il celebrante, toccate le prime tre dita della mano sinistra dice: ” nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…” mettendo poi l’anello, così benedetto, nel quarto dito della mano degli sposi. La seconda spiegazione è più romantica, secondo i romani, ma anche gli antichi egizi, dall’anulare passerebbe la “vena amoris” (vena dell’amore) che da lì porta direttamente al cuore: legando la base dell’anulare la persona suggellava un impegno di fedeltà sentimentale.
Popolare anche la legenda, probabilmente di origine cinese, secondo la quale ogni dito della mano rappresenti una figura familiare della nostra vita. Il pollice i genitori, l’indice i fratelli, il medio noi stessi, l’anulare l’altra metà e il mignolo i figli. Unendo specularmente le mani, con i medi piegati, si noterà che tutte le dita possono essere staccate a eccezione degli anulari. E’ chiaro il perché: l’unione con l’altra metà è indissolubile ed eterna.
Frasi dei poeti dedicate al matrimonio
Non si è mai banali nemmeno quando, al matrimonio di persone care, si ricorre ad auguri di matrimonio formali spendendo frasi poetiche, sotto forma di bigliettino d’auguri o inserendole in un discorso per suggellare il momento. In molte zone d’Italia, fino a qualche anno fa, era normale nelle occasioni importanti dedicare una poesia, magari scritta di proprio pugno, così com’erano comuni i pensieri in rima baciata.
Oggi, con l’avvento di Internet, degli sms, della comunicazione istantanea e l’impoverimento della lingua, certe abitudini si sono un po’ perse. Ecco allora che in aiuto ci vengono i versi intramontabili di alcuni grandi classici della poesia.
Impossibile non partire da Shakespeare, uno dei poeti che meglio ha interpretato i tormenti e le gioie del cuore con i suoi scritti. Si può prendere ispirazione dall’Amleto (atto II scena II) dove è scritto: “Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore” o, dal sonetto 116, “Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza”.
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Altra fonte inesauribile di frasi e aforismi toccanti e struggenti sono i discorsi del Profeta di Kahil Gibran:
“Se amate e dovete inevitabilmente avere desideri, siano questi i vostri desideri: sciogliersi ed essere come il ruscello che scorre e canta la sua canzone alla notte. Conoscere la pena di troppa tenerezza. Essere feriti dalla vostra stessa sensazione d’amore. E sanguinare di buon grado, con gioia. Destarsi all’alba con un cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d’amore”.
Molto nota è anche Il Matrimonio di Kahlil Gibran, un pensiero delizioso ed estremamente romantico, anche per chi non è religioso, nonostante l’esplicito riferimento al matrimonio in chiesa.
“Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre./ Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni./ Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio./ Ma vi siano spazi nella vostra unione,/ E fate che i celesti venti danzino tra voi./ Amatevi reciprocamente, ma non fate dell’amore un laccio:/ Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime./ Riempia ognuno la coppa dell’altro, ma non bevete da una coppa sola./ Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta./ Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo,/ Così come le corde di un liuto son sole benché vibrino della stessa musica./ Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro./ Poiché solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori./ E restate uniti, benché non troppo vicini insieme,/ Poiché le colonne del tempio restano tra loro distanti,/ E la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.”
Come non lasciarsi poi ispirare dal poeta, prosatore, drammaturgo e filosofo indiano Rabindranath Tagore, insignito del Nobel “per la profonda sensibilità e la freschezza e bellezza dei suoi versi” per fare degli auguri di matrimonio non banali.
“Mi fermerò, senza dubbio stupito, se mai ci ritroveremo in una vita futura, nel cammino e alla luce d’un altro mondo lontano. Capirò che i tuoi occhi, simili alle stelle dell’alba, sono appartenuti a questo cielo notturno e dimenticato d’una vita passata. Sì, comprenderò che la magia del tuo viso, è pronta ancora al balenare appassionato del mio sguardo, in un incontro immemorabile e che al mio amore tu devi un mistero di cui non conosci più l’origine.”
“Tu sei la nuvola della sera che vaga nel cielo dei miei sogni. Io ti dipingo e ti modello con i miei desideri d’amore. Tu sei mia, solo mia, l’abitatrice dei miei sogni infiniti! I tuoi piedi sono rosso-rosati per la vampa del mio desiderio, spigolatrice dei miei canti al tramonto! Le tue labbra sono dolci-amare del sapore del mio vino di dolore. Tu sei mia, solo mia, abitatrice dei miei sogni solitari! Ho oscurato i tuoi occhi con l’ombra della mia passione, frequentatrice della profondità del mio sguardo! T’ho presa e ti stringo, amore mio, nella rete della mia musica. Tu sei mia, solo mia, abitatrice dei miei sogni immortali!
“Che l’amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell’amore.” scriveva invece Emily Dickinson.
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“Il matrimonio è il sacramento della Giustizia, il vivente mistero dell’armonia universale, la forma data dalla natura stessa alla religione del genere umano.” profetizza Proudhon.
“Il matrimonio è un combattimento a oltranza prima del quale gli sposi domandando la loro benedizione al cielo, perché amarsi sempre è la più temeraria delle imprese.” Sostiene Honorè de Balzac.
E poi ancora le dolcissime parole di S. Lawrence, in una poesia ideale non solo da inserire in un biglietto d’auguri, ma anche da dedicare al proprio lui o alla proprio lei, magari in occasione di un anniversario:
“Nel silenzio della notte / io ho scelto te./ Nello splendore del firmamento,/ io ho scelto te./ Nell’incanto dell’aurora,/ io ho scelto te./ Nelle bufere più tormentose,/ io ho scelto te./ Nell’arsura più arida,/ io ho scelto te./ Nella buona e nella cattiva sorte,/ io ho scelto te./ Nella gioia e nel dolore,/ io ho scelto te./ Nel cuore del mio cuore,/ io ho scelto te.”
Mentre chi volesse essere più ricercato, chiudo con due vere chicche: una splendida benedizione irlandese che ben si presta al discorso dei genitori degli sposi e una massima di Confucio. La prima, nelle sue parti più significative dice:
“Possa essere sempre verde l’erba su cui camminate, sempre azzurro il cielo sopra di voi, sempre pure le gioie che vi circonderanno e sempre sinceri i cuori che vi ameranno”.