Bidello palpeggia studentessa: impugnata la sentenza che lo aveva assolto - Studentville

Bidello palpeggia studentessa: impugnata la sentenza che lo aveva assolto

Procura di Roma impugna la sentenza sul caso del bidello di un istituto cine-tv che aveva "giustificato" la violenza sessuale per la brevità del palpeggiamento.
Bidello palpeggia studentessa: impugnata la sentenza che lo aveva assolto

Torniamo a trattare del caso che solo poche settimane aveva scatenato parecchia indignazione sul web. Stiamo parlando della vicenda avente come protagonista un bidello che aveva palpeggiato una studentessa a scuola, ma che era stato assolto per la “breve” durata dell’atto. Il palpeggiamento era durato “5-10 secondi”, e questo era bastato per non condannarlo. Con grande indignazione non solo nell’aula di giustizia, dove il malcontento si era fatto sentire quando i giudici di Roma hanno assolto il bidello. Ma anche dopo.

Impugnata la sentenza che lo aveva assolto

I fatti si sono svolti all’interno dell’istituto cine-tv Roberto Rossellini: alla sentenza emessa dai giudici, per la quale la violenza sarebbe durata pochi secondi – “un’azione che dura tra i 5 e 10 secondi, come il palpeggiamento ai glutei descritto dalla vittima, non può essere considerata istantanea”, si legge nella motivazione” – sono seguite diverse proteste online e la nascita di una petizione per chiedere una revisione del caso da parte dei magistrati.

L’episodio, descritto dalla vittima nella denuncia presentata all’epoca dei fatti, riguardava un momento sconcertante in cui la studentessa affermava di essere stata palpeggiata dal bidello mentre saliva le scale accanto a una compagna. Ora, la Procura di Roma ha deciso di impugnare la sentenza, ponendo al centro delle sue motivazioni i numerosi dubbi circa la definizione di un’azione così breve da poter essere considerata “istantanea“.

Secondo la motivazione presentata, l’atto perpetrato dal bidello non può essere ridimensionato a un semplice gesto passeggero, in quanto il palpeggiamento dei glutei subito dalla vittima ha scosso profondamente la ragazza.

L’intervento dell’Assessora alle Politiche della Sicurezza e Pari Opportunità di Roma

Ed è dunque in questo clima che la Procura di Roma ha deciso di impugnare la sentenza. A commentare tale iniziativa è stata Monica Lucarelli, Assessora alle Politiche della Sicurezza, Attività Produttive e Pari Opportunità di Roma Capitale. Quest’ultima ha espresso in merito il suo forte sostegno. “Per le donne ci sono attimi che durano una vita,” ha affermato la Lucarelli, sottolineando quanto i momenti di violenza possano lasciare un’impronta indelebile nella vita di una persona. “Non è una gara a chi rimane più tempo sott’acqua,” ha proseguito, evidenziando che la sofferenza e l’angoscia vissute dalle vittime di violenza sono difficilmente quantificabili e soggettivamente percepite in maniera dilatata.

La violenza di genere, secondo l’Assessora, non si limita agli atti più estremi e mortali, ma si manifesta anche in azioni più subdole. “Molestare una donna, palparla, è violenza; uno schiaffo è violenza,” ha detto. La cultura del silenzio e l’idea di aspettare il “tempo giusto” per denunciare devono essere superate, ha continuato Lucarelli, e per farlo è necessario investire nella formazione e sensibilizzazione di tutti, specialmente coloro che ricoprono ruoli decisionali.

Serve formazione e educazione alla parità di genere

“Serve formazione, servono fondi per sensibilizzare e educare alla parità di genere tutti ma soprattutto chi ha un ruolo decisionale,” ha dichiarato infatti. Il cambiamento di paradigma è cruciale. La violenza non deve essere limitata solamente a ciò che potrebbe causare la morte. Deve essere riconosciuta anche nei gesti che ledono la vita emotiva e psicologica di chi li subisce, lasciando una profonda ferita difficile da ricucire.

La Lucarelli ha anche lanciato un appello alla solidarietà verso le vittime, sottolineando l’importanza di non giudicarle e di non lasciarle sole nella lotta contro la violenza. Una società che giudica e discredita chi denuncia non può portare a nulla di buono.

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