Il 29 marzo, alla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, si è tenuto un importante convegno dal titolo ‘Non chiamateli geni’ promosso dal Comune e dal Comitato Gifted della città. L’evento ha rappresentato un’occasione fondamentale di dialogo tra istituzioni, professionisti e famiglie per far luce sulla plusdotazione cognitiva, un tema “relativamente nuovo, sul quale vorremmo accendere di più i riflettori”, come ha evidenziato l’assessore bolognese alla Scuola Daniele Ara.
Il convegno ha posto al centro dell’attenzione le esigenze dei bambini plusdotati e raccolto l’appello dei genitori per un sistema scolastico più inclusivo che sappia valorizzare le particolari capacità di questi giovani.
Definizione di bimbi plusdotati
La plusdotazione cognitiva, conosciuta anche come giftedness, identifica persone con caratteristiche genetiche, psicologiche e comportamentali divergenti rispetto alla media. Queste persone presentano un quoziente intellettivo uguale o superiore a 130, manifestando modalità di pensiero e capacità percettive non convenzionali. Il loro approccio alla realtà è caratterizzato da analisi profonde e divergenti, spesso definite ‘arborescenti’, accompagnate da vissuti emotivi di intensità superiore.
Durante il convegno bolognese, esperti hanno sottolineato come questi bambini non siano semplicemente ‘geni’, ma individui con una configurazione cognitiva particolare che necessita di riconoscimento specifico. La plusdotazione viene valutata attraverso test specifici somministrati da neuropsicologi e neuropsichiatri, considerando anche l’influenza dell’ambiente circostante che può favorire o ostacolare uno sviluppo armonico.
Testimonianze e esperienze dei genitori
Durante il convegno, una mamma ha raccontato di aver scoperto la plusdotazione del figlio a 3 anni: “Aveva grandissimi disagi sociali, a scuola picchiava tutti, mordeva le maestre. È venuto fuori che aveva le capacità intellettive di un bimbo di 6”. I bambini gifted risultano supersensibili, curiosi ed energici, con un cervello che elabora rapidamente. “Mio figlio adesso ha 13 anni e arriva a casa con una nota diversa ogni giorno”, ha spiegato un’altra madre, “combina guai per divertirsi, perché si annoia”. Un ragazzo plusdotato ha testimoniato: “Quando ho trovato un contesto di gentilezza sono stato meglio”.
Proposte e supporto educativo
Durante il convegno sono emerse importanti proposte per supportare adeguatamente i bambini plusdotati. L’assessora Isabella Conti ha evidenziato la necessità di “avviare un protocollo per intercettare i bambini plusdotati e supportare gli sforzi delle famiglie”. La psicoterapeuta Paola Tinelli ha sottolineato l’importanza di creare piani personalizzati a scuola, mentre l’antropologo Riccardo Vedovato ha rilevato come “la plusdotazione è qualcosa che non tutti possano permettersi, perché le certificazioni costano”.
Fondamentale risulta l’accoglienza delle differenze senza imposizioni, sostenendo percorsi di apprendimento diversificati che valorizzino le potenzialità uniche di questi studenti.