Una frase che ha suscitato subito un coro di proteste non solo verbali ma anche attraverso il web e in particolare sui social network, quella del Viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali, Michel Martone, secondo il quale sarebbe da apprezzare chi invece sceglie a sedici anni un istituto professionale riconoscendo che alla laurea non arriverà mai.
A finire sotto accusa i troppi anni che gli studenti universitari impiegano per laurearsi: tra tutti, solo una piccolissima percentuale riesce a laurearsi durante il normale corso di studi, mentre la stragrande maggioranza finisce fuori corso. Il viceministro Martone, per cercare di placare gli animi e sottolineare che la sua non voleva essere una mera polemica, ha spiegato che in Italia il problema è l’età dei laureati, che risultano meno competitivi dei loro colleghi europei. In effetti è vero, se si pensa che all’estero l’età dei laureati scende fino a 22, massimo 23 anni. A favore degli studenti che ci mettono troppo tempo a laurearsi gioca però la crisi in cui versa la penisola; le famiglie non ce la fanno economicamente a sostenere i figli che vogliono proseguire gli studi, se non a costo di enormi e ingenti sacrifici. I giovani, dal canto loro, cercano di pesare il meno possibile sulle spalle dei genitori, accettando lavori saltuari o addirittura facendo due lavori per potersi mantenere agli studi in città diverse da quella di loro provenienza. Sarebbe proprio il fatto che gli italiani sono costretti a lavorare e a studiare contemporaneamente a far slittare considerevolmente il traguardo tanto ambito della laurea.
Non dimentichiamo che l’Italia è un Paese che non incentiva assolutamente la frequenza universitaria: troppo poche le borse di studio, tasse troppo elevate, fanno sì che i giovani che vogliono studiare e non hanno le possibilità economiche debbano condurre una vita fatta di sacrifici per arrivare al tanto sospirato “pezzo di carta”. Le polemiche non si sono ancora placate, anzi, anche dal mondo della politica molti personaggi sono andati contro il viceministro Martone, il quale effettivamente si è spiegato male, con parole forse poco opportune, ma ha centrato perfettamente il nocciolo della questione. Noi giovani non possiamo permetterci di entrare nel mondo del lavoro dopo i 28 anni; l’Italia non è competitiva su questo punto di vista a confronto con gli altri paesi europei.