“Io non ho previsioni sul futuro del web, ho speranze. Possiamo costruire un web migliore, dove verità e spirito costruttivo dominino su odio e fake news e possiamo usarlo per risolvere i problemi del mondo: attraverso la rete possiamo sistemare le nostre democrazie e metterle in condizione di affrontare emergenze urgenti come il cambiamento climatico”. Ok, potrebbero bastare queste sole parole, pronunciate dal papà del World Wide Web, Sir Tim Berners-Lee, per dire “sì, è valsa la pena partecipare al Campus Party di quest’anno. Nonostante il clima equatoriale e nuvole di zanzare”.
Facciamo insieme
Non ce ne voglia l’Ingegnere Informatico cui tutti, ma proprio tutti, dobbiamo qualcosa, però il Campus Party è stato qualcosa in più. Come l’anno scorso, più dell’anno scorso, si è sentito in ogni panel, talk, chiacchierata o simili, la voglia di scendere dal palco e di fare qualcosa tutti insieme. Nella maniera più diversa, in base ai talenti più o meno ispirati di ognuno. Ecco co-creazione è stata la parola magica che tira le somme di 4 giorni. Ce lo hanno ricordato l’energia di Corrado Passera (impressionante e per visione e capacita di comunicazione), la gentilezza di Luca Palermo, e perché no, anche il talento di Valeria Cagnina e Francesco Baldassarre, che neanche 50 anni in due, hanno tenuto il palco tra i giganti (dopo di loro ha parlato Gino Strada).
Panel su panel
Ma anche in questo caso, no, non sono stati solo i main speaker a spaccare, senza quelli che hanno tirato fino a tardi a spiegare Intelligenza Artificiale, Blockchain e innovazione varia fino a tardi, ebbene senza di loro non si sarebbe andati lontani. Uno su tutti? Provate a spiegare l’Open Innovation alle 9 di mattina? Giovanni Tufani lo ha fatto e pure bene (tradotto, è stato competente e non si è addormentato nessuno, anzi). Mentre invece, parlare alle 9 di sera di startup e fallimenti? Giulia D’Amato e Alessio Boceda ci sono riusciti. Ecco questi erano un po’ i magneti che hanno tenuto in alto il treno del Campus Party.
Umanità interessata
Non basta? Allora vi racconto il campeggio. Sì, proprio quello allestito in un hangar gigantesco di Fiera Milano Rho. Là, togliamoci i magneti dalla testa, c’era la sala macchine, quella di chi rema e del carbone, l’innovazione pancia a terra. Bastava farsi un giro lungo le file delle tende per fare un tuffo in una bella umanità rumorosa, interessata, curiosa, che ha un sacco di idee e che ha solo bisogno di un’indicazione. Un po’ come quando chiedi una strada e ti fanno un cenno con la mano.