C’è lavoro dopo l’università? In Italia sembra proprio di no - Studentville

C’è lavoro dopo l’università? In Italia sembra proprio di no

C’è lavoro dopo l’università? In Italia sembra proprio di no

Il Bel Paese è il fanalino di coda dell’Europa: un laureato su tre non trova lavoro e la situazione è ancora più critica per le donne.

Per molti giovani italiani la laurea non corrisponde alla realizzazione delle proprie aspirazioni. Dopo anni di studio, impegno e sacrifici, finiti gli studi universitari il percorso verso un’occupazione stabile si rivela ancora più difficile e svilente. I dati diffusi da Eurostat parlano chiaro: in Europa, l’Italia si trova all’ultimo posto per tasso di occupazione dei neo-laureati, con solo il 67,5% di loro che riesce a trovare un lavoro nei primi tre anni dopo la laurea. Questo significa che ben un laureato su tre rimane senza lavoro, una percentuale decisamente inferiore rispetto alla media europea, che si attesta all’83,5%.

La situazione diventa davvero tragica se si confronta l’Italia con i Paesi al vertice della classifica: a Malta il 95,8% dei laureati trova un impiego poco dopo il termine degli studi, nei il Paesi Bassi il 93,2% e in Germania il 91,5%. L’Italia si posiziona addirittura sotto Paesi come Grecia e Romania, che storicamente hanno mostrato tassi di occupazione giovanile più bassi.

Le donne e il divario di genere

Un altro aspetto critico del mercato del lavoro italiano riguarda il divario di genere, che colpisce in modo significativo le donne laureate. Se già la situazione generale dei neo-laureati è allarmante, lo è ancora di più per le donne: solo il 64,3% delle laureate italiane riesce a trovare un lavoro, contro il 70,6% degli uomini. Questo dato mette in evidenza come, nonostante i progressi fatti in termini di parità di genere, le donne continuino a scontare un gap significativo nelle opportunità di impiego rispetto ai loro colleghi uomini.

Questa disparità contribuisce a rendere il quadro complessivo ancora più desolante, soprattutto in un contesto economico che dovrebbe puntare a valorizzare tutte le competenze disponibili, senza distinzioni di genere. La difficoltà di trovare un impiego adeguato alle proprie qualifiche e l’ulteriore ostacolo rappresentato dalla discriminazione di genere rendono sempre più reale il fenomeno della fuga dei cervelli, con giovani talenti che cercano opportunità lavorative all’estero, aggravando ulteriormente la perdita di competitività del Paese.

Disoccupazione e paradosso delle competenze

In Italia, la disoccupazione giovanile resta una delle piaghe più profonde del mercato del lavoro. Nell’UE il tasso di disoccupazione generale si attesta al 6%, 6,5% nell’Eurozona, mentre la disoccupazione giovanile raggiunge il 14,4% nell’Unione Europea e il 14,1% nell’Eurozona, con l’Italia che contribuisce in maniera significativa a questi numeri.

Contribuisce a questi dati anche il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, come sottolineato dalla Ministra del Lavoro, Marina Calderone, durante un’intervista a SkyTG24 “oggi abbiamo un mismatch importante nel senso che è difficile trovare un lavoratore su due, e questo tema non è solo legato alle basse professionalità ma coinvolge anche profili professionali più complessi”. Secondo la ministra, è necessario investire di più nella formazione professionale, tecnica superiore e aziendale, valorizzando le eccellenze presenti nel Paese. Solo così si potrà rispondere alle esigenze immediate delle aziende e preparare i giovani alle sfide future del mercato del lavoro.

Il futuro del lavoro per i giovani laureati

Da questo scenario emerge l’urgenza di un intervento strutturale. Il sistema educativo e il mercato del lavoro devono rispondere alle esigenze dei giovani laureati attraverso politiche mirate che favoriscano l’inserimento lavorativo e riducano il divario tra competenze acquisite e richieste del mercato. Questo contribuirà sicuramente anche a frenare la cosiddetta “fuga dei cervelli”, piaga che affligge l’Italia ormai da decenni.

Inoltre, è necessario adottare misure che garantiscano pari opportunità lavorative tra uomini e donne, abbattendo le barriere che ancora oggi limitano l’accesso delle donne al mercato del lavoro e promuovendo politiche di conciliazione vita-lavoro.

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