Una comunissima chat di classe (come ce ne sono tante), di un istituto superiore di Menaggio (Como), si è trasformata in un esempio di cyber-criminalità, sfociata nella denuncia da parte dei carabinieri di sei studenti, 5 ragazze ed un ragazzo, di età compresa tra i 14 e i 16 anni, al Tribunale per i Minorenni di Como. Cosa è successo per essere arrivati a tanto, e cosa hanno fatto i giovani finiti al centro della vicenda, ve lo spieghiamo di seguito. Anticipandovi che si tratta di insulti, pornografia e foto denigratorie fatte ai professori, a loro insaputa e quindi senza il loro consenso.
Chat di classe con insulti, foto porno e di prof
Secondo quanto riportato dai quotidiani degli ultimi giorni, gli amministratori della chat di classe incriminata sono stati accusati di una serie di gravi reati, tra cui diffamazione, interferenza illecita nella vita privata, pornografia minorile e apologia di fascismo. Quello che doveva essere uno spazio virtuale per lo scambio di compiti e consigli tra gli studenti si è trasformato – di fatto – in un cupo scenario di foto pornografiche, insulti di matrice nazifascista e immagini svilenti dei professori. La vicenda, che si è protratta per l’intero anno scolastico, quello che si è appena concluso, ha coinvolto tutti gli studenti della classe, circa una ventina di ragazzi.
La chat, però, era stata scoperta già qualche mese fa, quando era stato indetto un consiglio di classe straordinario durante il quale erano stati presi provvedimenti disciplinari verso alcuni dei componenti. Qualcuno, tra di loro, era stato sospeso. Le autorità hanno avviato le indagini dopo che un professore, uno dei docenti presi di mira dai ragazzi nel gruppo, ha segnalato il comportamento inappropriato all’interno della chat e le prove raccolte hanno portato alla denuncia dei sei giovani responsabili. Il Tribunale per i Minorenni di Como dovrà ora valutare il materiale raccolto dai carabinieri e stabilire le eventuali conseguenze legali per i giovani coinvolti.
Quali sono le accuse?
Le accuse che sono state mosse nei loro confronti non sono di certo leggere. Dovranno rispondere di diffamazione, ovvero il reato che consiste nell’offendere la reputazione di una persona attraverso la divulgazione di informazioni false, dannose o denigratorie, ledendo così la sua reputazione e onorabilità. Di pornografia minorile, reato che coinvolge la produzione, distribuzione o possesso di materiale sessualmente esplicito che rappresenta minori coinvolti in atti sessuali. Di apologia del fascismo, ovvero la promozione, l’esaltazione o la giustificazione dell’ideologia fascista.
Ed ancora di interferenza illecita nella vita privata, azione che viola il diritto fondamentale alla privacy di un individuo. Reato che si verifica, ad esempio, quando una persona si intromette, spia, registra o diffonde informazioni personali senza il consenso del soggetto coinvolto. Causando danni all’intimità e alla dignità della persona. Un po’ come le foto scattate ai docenti, insomma.
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