Il ruolo delle chat tra le famiglie degli studenti
In un periodo storico in cui la comunicazione tra social media sembra essere essenziale, le chat di gruppo su WhatsApp, sono molto diffuse non solo tra gli studenti, ma anche tra i genitori. Solitamente queste conversazioni dovrebbero essere utili per condividere informazioni importanti legate all’ambito scuola, per eventuali aggiornamenti, avvisi dell’ultimo minuto oppure per chiedere informazioni sia sul materiale scolastico, sia su l’organizzazione di riunioni con i professori.
Talvolta, però, queste chat diventano uno degli strumenti principali per esprimere odio e cattiverie gratuite nei confronti di dirigenti scolastici e docenti. Sembra che il fenomeno della “rabbia gratuita e collettiva” non si limiti solo agli studenti, i quali usano le chat anche per schernire dei compagni di classe, ma anche tra le famiglie degli stessi ragazzi.
Il caso di Castellamare di Stabia
Uno dei casi più recenti e scioccanti a tal proposito è stato il triste avvenimento accaduto a Castellammare di Stabia, dove una docente è stata percossa fisicamente da trenta genitori. Il motivo? Una “accusa grave” di molestie, ma ancora da verificare dalle autorità competenti. Per ora non ci sono prove a riguardo per incriminare l’insegnante, al momento ricoverata in ospedale per il trauma cranico.
Ebbene, i genitori hanno organizzato il “raid punitivo” utilizzando le chat di WhatsApp, per preparare il terribile gesto vendicativo.
Insomma, sembra che le conversazioni all’interno del gruppo WhatsApp dei genitori non siano state volte a un confronto positivo e costruttivo. Le stesse famiglie hanno utilizzato tale strumento per esprimere rabbia e mutare il sospetto di molestie in una condanna al momento “gratuita”. Tali comportamenti dovrebbero far riflettere ed essere condannati dalle istituzioni e dalle autorità, soprattutto per la tutela degli insegnanti e non solo.
Le dichiarazioni dello specialista Giuseppe Lavenia
In merito all’accaduto, si è espresso lo psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, Giuseppe Lavenia:
” I social hanno certamente influito nell’organizzare l’aggressione di un nutrito gruppo di genitori, nei confronti di una docente di sostegno in servizio in una scuola di Castellammare di Stabia. Questi spazi virtuali, nati per facilitare la comunicazione, si stanno trasformando in fabbriche di paranoia e rabbia collettiva. Non esiste che tali strumenti debbano essere utilizzati per divenire teatro di giustizia fai-da-te”.
A tal proposito, secondo lo specialista, questi casi di cyberbullismo e violenza gratuita avvengono poiché oggi le persone fanno realmente fatica a gestire le loro emozioni e frustrazioni, in una società volta “all’usa e getta” e sempre più “liquida”. Quindi i social e le chat di gruppo diventano mezzi “distruttivi” per condividere con gli altri pensieri aggressivi, non solo tra i giovani ma anche tra gli adulti.
Inoltre, Lavenia ha aggiunto nelle sue dichiarazioni:
” La violenza non nasce da un’app, ma da noi. La tecnologia amplifica ciò che già portiamo dentro: rabbia, insicurezza, paura. Insomma, cosa vogliamo insegnare ai nostri figli? Che accusare senza prove e colpire siano strumenti accettabili? O che il rispetto delle regole e il dialogo restano l’unica via? Forse vietare le chat dei genitori sembra estremo, ma non possiamo più ignorare quanto siano diventate pericolose se usate senza consapevolezza”.
Sembra che la “drastica” decisione delle istituzioni di vietare le chat di gruppo ai genitori e insegnanti sia in parte “esagerata“, ma ciò potrebbe essere al momento la decisione più consona per almeno limitare i casi di violenza virtuale e non. Il Governo e il Ministero, in merito al problema, dovrebbero studiare delle strategie ad hoc non solo per eliminare il triste fenomeno del bullismo, sia reale, sia digitale, ma per educare le famiglie e i ragazzi al rispetto delle regole e dei ruoli all’interno della società moderna.