Una maestra avrebbe compiuto maltrattamenti ai danni di alcuni allievi dell’asilo “Petrarca” di Palermo, un noto istituto paritario situato in via Giusti. L’accusa è una delle più pesanti e odiose, soprattutto perché coinvolge una professionista dell’educazione e dei bimbi molto piccoli, e purtroppo si è dimostrata tutt’altro che infondata.
Infatti, il gup Fabio Pilato, in base alle valutazioni del caso, tramite il rito abbreviato, ha stabilito una condanna a due anni – pena sospesa – per l’ex assistente indagata, Giuseppa Montalto, mentre ha assolto la collega Maria Teresa Vitrano.
A Palermo condannata in primo grado la maestra che maltrattava gli alunni dell’asilo “Petrarca”
Si è conclusa così, almeno per il momento, una vicenda delicata e dolorosa, con l’accoglimento parziale delle richieste avanzate dai sostituti procuratori Giorgia Righi e Sergio Mistritta, i quali avrebbero voluto la stessa pena anche per l’altra assistente assolta, che è stata difesa dall’avvocato Tony Gattuso.
Il gup ha inoltre stabilito un provvisionale di 8 mila euro da destinare ai genitori dei bambini costituitisi come parte civile. La cifra verrà corrisposta anche a Luciano Anello, il proprietario della scuola paritaria e titolare della società “Alba” che si occupa della gestione dell’istituto, difeso dall’avvocato Enrico Sanseverino.
Per due altre imputate, l’ex maestra Anna Parisi e un’altra assistente, Melania Caruso, è ancora in corso il dibattimento, mentre la sentenza di primo grado per Montalto e Vitrano è giunta solo ora, pur risalendo i fatti al 2016 e nonostante la scelta del rito abbreviato.
Molti genitori sei anni fa denunciarono i presunti maltrattamenti, compiuti ai danni dei loro figli, tutti di un’età compresa tra i 3 ed i 6 anni. Luciano Anello decise allora di sporgere direttamente denuncia, in quanto responsabile di uno degli asili più rinomati della città, ma all’inizio si parlò di semplici rimproveri che avrebbero allarmato i genitori in maniera eccessiva.
L’inchiesta ha avuto un percorso complesso, ma alla fine la Procura ha ottenuto gli elementi probatori a sostegno delle tesi dell’accusa
In realtà, i genitori riferirono in Procura del cambiamento sensibile dei propri figli: una mamma raccontò che la figlia alla frase “lo dico alla maestra” reagiva disperatamente scoppiando in lacrime. Un padre, addirittura, decise di nascondere un registratore addosso al figlio, per provare i rimproveri violenti delle maestre, allontanate poi dal “Petrarca”.
Lo storico dell’inchiesta mostra un percorso piuttosto accidentato delle indagini: i pubblici ministeri fecero ricorso non a caso all’incidente probatorio per poter cristallizzare la testimonianza degli alunni, ma, in base alla perizia, i bambini furono ritenuti troppo piccoli per poter produrre una testimonianza attendibile.
Nonostante ciò, la Procura è stata in grado di ottenere gli elementi probatori necessari a sostenere le tesi dell’accusa, tanto da rinviare a giudizio le imputate nel novembre del 2020. Ora, dopo due anni, giunge la prima condanna per una di loro, per mettere un punto, anche se non definitivo, a una brutta storia di tradimento della missione educativa.