Ernesto Galli della Loggia, noto editorialista, ha recentemente sollevato un dibattito acceso riguardo al principio di inclusione nelle scuole italiane. In un pezzo pubblicato sul Corriere il 13 gennaio, Galli della Loggia ha criticato il “mito dell’inclusione” scolastica, sostenendo che “nelle aule italiane, caso unico al mondo, convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, ragazzidisabili anche gravi, poi ragazzi con i Bes (bisogni educativi speciali) e infine, sempre più numerosi, ragazzi stranieri incapaci di spiccicare una parola d’italiano. Il risultato lo conosciamo“.
Dopo le reazioni indignate suscitate dal suo articolo, Galli della Loggia ha cercato di chiarire la sua posizione, sottolineando che non era sua intenzione auspicare il ritorno alle classi differenziali del passato né creare ghetti di qualsiasi natura. Tuttavia, ha espresso preoccupazione per la retorica che spesso avvolge il principio di inclusione così come è attuato nelle scuole italiane, evidenziando i numerosi aspetti critici di questa pratica.
L’editorialista ha poi rivolto critiche agli insegnanti di sostegno, affermando che molti di loro non possiedono una preparazione specifica, ma solo vaghe nozioni generali apprese in un corso annuale. Inoltre, ha sottolineato che gli insegnanti di sostegno non sono sempre presenti, lasciando gli studenti disabili semplicemente in aula senza un supporto adeguato. Secondo Galli della Loggia, questa situazione snatura i compiti educativi della scuola e promuove un’indulgenza generale nei confronti del merito.
Nonostante le sue scuse iniziali, Galli della Loggia ha proposto una soluzione che molti hanno interpretato come la creazione di un ghetto: suggerisce che nei casi gravi di disabilità intellettiva, gli studenti non dovrebbero frequentare le scuole tradizionali, ma essere affidati a istituzioni specializzate capaci di prendersi cura di loro in modo più appropriato e scientificamente orientato. Questa proposta ha sollevato ulteriori controversie, con molte persone che ritengono che questa idea rappresenti un passo indietro rispetto ai progressi fatti nell’inclusione scolastica.